Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-10-2011, n. 22649 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 5 febbraio 2003 il Tribunale di Vallo della Lucania dichiarò improcedibile, per tardività, l’opposizione proposta da A.L. avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti il 6 marzo 2001, avente per oggetto il pagamento della somma di L. 5.901.916 a C.F., C.M.G. e L.G.R., quali eredi di C.G., a titolo di compenso per prestazioni professionali consistite nella redazione, da parte del dante causa dei convenuti, di una perizia giurata da allegare alla richiesta di contributo per la riparazione di un immobile danneggiato dal terremoto del 1982.

Impugnata dal soccombente, la decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Salerno, che con sentenza del 21 ottobre 2004 ha ritenuto tempestiva l’opposizione, ma l’ha respinta nel merito. A tale conclusione il giudice di secondo grado è pervenuto ritenendo tra l’altro (per quanto ancora rileva in questa sede): che i giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo vertono sul merito della controversia e prescindono da eventuali vizi della procedura monitoria; che dalla copia del ricorso per decreto ingiuntivo prodotta in appello risultava che l’atto era stato firmato dal procuratore degli istanti; che costoro avevano documentato la propria qualità di eredi di C.G.; che l’eccezione di prescrizione ordinaria era stata proposta dall’opponente tardivamente, soltanto nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado; che in precedenza era stata formulata soltanto una eccezione di prescrizione presuntiva, la quale era incompatibile con la disciplina della L. n. 219 del 1981 e dell’ordinanza 933/87, relative ai sussidi spettanti alle persone danneggiate dagli eventi sismici; che l’eccezione stessa, inoltre, non si conciliava con il parziale disconoscimento del credito in questione, da parte dell’opponente.

Contro tale sentenza A.L. ha proposto ricorso per cassazione, in base a quattro motivi. C.F., C. M.G. e L.G.R. non hanno svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.
Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso A.L. sostiene che C.F., C.M.G. e L.G.F. hanno dato corso invalidamente alla procedura monitoria, sia perchè non vi erano legittimati, in quanto eredi del professionista preteso creditore, sia perchè avevano utilizzato un parere di congruità proveniente dal consiglio di un ordine diverso da quello cui apparteneva il loro dante causa, sicchè non avevano fornito una idonea prova della prestazione in questione.

L’assunto è inconferente, poichè non investe la ratio deciderteli posta a base, sul punto, della sentenza impugnata, con la quale si è osservato – peraltro in conformità con la costante giurisprudenza di legittimità: v., tra le altre, Cass. 10 settembre 2009 n. 19560 – che l’opposizione a decreto ingiuntivo, indipendentemente dagli eventuali vizi del precedente procedimento sommario, da luogo a un ordinario giudizio di cognizione, avente per oggetto il merito della controversia, sul quale il giudice è comunque chiamato a provvedere.

Con il secondo motivo di impugnazione A.L. deduce che la causa è stata introdotta mediante un atto da considerare giuridicamente inesistente, poichè il provvedimento monitorio è stato richiesto con un ricorso non firmato, nell’originale e nella copia notificata, dal procuratore di C.F., C. M.G. e L.G.R..

Neppure questa doglianza può essere accolta.

Quanto all’originale, la Corte d’appello ha verificato che era stato regolarmente sottoscritto, al che il ricorrente ha opposto una semplice assiomatica negazione. Relativamente poi alla copia, la questione non può avere ingresso in questa sede, poichè non è stata affrontata nella sentenza impugnata nè il ricorrente ha dedotto, come era suo onere, di averla sollevata nel giudizio a quo.

Con il terzo e il quarto motivo di ricorso A.L. si duole del mancato accoglimento delle proprie eccezioni di prescrizione, sia presuntiva sia ordinaria.

Anche questa censura va disattesa.

A proposito della prima delle suddette eccezioni, la Corte d’appello ha basato la propria decisione su due argomenti: l’inapplicabilità dell’istituto della prescrizione presuntiva ai crediti dei professionisti derivanti da prestazioni compiute ai fini della richiesta di contributi per ricostruzioni e riparazioni di beni danneggiati dal terremoto; l’avvenuto riconoscimento, da parte di A.L., del mancato pagamento per intero della somma pretesa dagli eredi di C.G.. Quest’ultimo rilievo, avente carattere decisivo ed assorbente, è coerente con la giurisprudenza di legittimità in materia (v., tra le più recenti, Cass. 21 giugno 2010 n. 14927) e non è stato adeguatamente contrastato dal ricorrente, il quale nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, in violazione del principio di "autosufficienza", ha soltanto opposto una sua contraria affermazione a quella del giudice di secondo grado, senza trascrivere il testo – nè quanto meno riportare con precisione il contenuto – dei documenti che a suo dire dimostrano l’errore da cui è affetta, sul punto, la sentenza impugnata: due lettere, del 7 ottobre 2000 e del 9 marzo 2001, che egli aveva richiamato nei propri scritti difensivi, a riprova di aver già pagato integralmente la somma poi pretesa nei suoi confronti in via monitoria.

In ordine poi alla prescrizione ordinaria, sostiene il ricorrente che la relativa eccezione doveva considerarsi implicita in quella formulata con riguardo alla prescrizione presuntiva. L’assunto non è condivisibile, poichè dall’ontologica diversità dei due istituti discende che l’espressa invocazione di uno non è estensibile all’altro (cfr., per tutte, Cass. 21 febbraio 2005 n. 3443).

Correttamente, quindi, nella sentenza impugnata l’eccezione di prescrizione estintiva è stata ritenuta tardiva, in quanto era stata formulata in un atto destinato soltanto all’illustrazione di tesi già in precedenza prospettate e non era proponibile in appello, stante il divieto sancito dall’art. 345 c.p.c., nel nuovo testo applicabile nella specie ratione temporis.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, nel quale gli intimati non hanno svolto attività difensive.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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