Cons. Stato Sez. VI, Sent., 22-06-2011, n. 3758 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.R.G.A.Sezione autonoma di Bolzano respingeva il ricorso proposto da H. Sanoner avverso il decreto n. 6F/2009/P.A.S.I./46 del 30 marzo 2009 del Questore della Provincia di Bolzano (e gli atti presupposti, connessi e consequenziali), con il quale gli era stata revocata la licenza del porto d’armi per uso caccia sul presupposto che il medesimo in data 20 agosto 2008, presso la baita privata del signor R. E. sull’alpe del Seceda (Comune S. CristinaVal Gardena), aveva aggredito la signora D. V. M. procurandole lesioni personali, e condannava il ricorrente a rifondere all’Amministrazione resistente le spese di causa.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello il ricorrente soccombente, sostanzialmente riproponendo i motivi di primo grado, seppur adattati all’impianto motivazionale della gravata sentenza.

3. L’Amministrazione appellata si costituiva in giudizio, resistendo.

4. All’udienza pubblica del 12 aprile 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

5. L’appello è infondato.

5.1. In linea di diritto, giova premettere che, con riguardo al potere del Prefetto di vietare la detenzione di armi e munizioni e al potere del Questore di revocare la licenza del porto di fucile ad uso caccia (artt. 11, 39 e 43 r.d. 28 giugno 1931, n. 773), la giurisprudenza ha definito i seguenti indirizzi: (i) il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto ma rappresenta un’eccezione al normale divieto di portare armi, consentita soltanto se vi è la completa sicurezza del loro "buon uso", per evitare qualsiasi dubbio sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività; (ii) l’autorità amministrativa compie al riguardo un giudizio sinteticovalutativo relativo al complesso della condotta di vita del soggetto interessato, concernente l’osservanza sia delle comuni regole di convivenza sociale che dei precetti giuridici a salvaguardia dei valori fondamentali dell’ordinamento, così che non emergano circostanze da cui si possa dedurre la pericolosità di chi richiede l’autorizzazione e la possibilità di abuso dell’arma; (iii) considerato il carattere preventivo della valutazione, sussiste in materia un’ampia discrezionalità dell’Amministrazione riguardo all’affidabilità del titolare della licenza ai fini dell’uso dell’arma, non ancorata alla sussistenza di un quadro probatorio che richieda certezza o rilevante e qualificata probabilità, essendo sufficiente l’esistenza di elementi indiziari sulla mera probabilità di un abuso dell’arma o su un’insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni; (iv) spetta perciò all’autorità di pubblica sicurezza una valutazione prognostica circa l’affidamento dato dall’interessato sull’uso delle armi, che può essere sindacata soltanto sotto i profili di eccesso di potere per evidente illogicità, travisamento dei fatti, violazione dei canoni di ragionevolezza e di coerenza (v. C.d.S., Sez. III, 19 aprile 2011, n. 2392; C.d.S., Sez. VI, 20 luglio 2010, n. 4665; C.d.S., Sez. VI, 4 giugno 2010, n. 3558; C.d.S., Sez. VI, 17 aprile 2009, n. 2343; C.d.S., Sez. VI, 14 febbraio 2007, n. 616).

In linea di fatto, nel caso in esame, D. notizia di reato ex art. 347 c.p.p. del 29 agosto 2008 dei Carabinieri di Ortisei risulta che in data 25 agosto 2008 la sig.ra D. V. M. aveva sporto denunciaquereala nei confronti dell’odierno appellante, il quale verso le ore 23.00 del giorno 20 agosto 2008, presso la baita privata di tale R. Enico sita sull’alpe del Seceda nel Comune di S. CristinaVal Gardena, al termine di una cena con un gruppo di amici ormai allontanatisi, l’aveva aggredita senza motivo alcuno, "prendendola per il collo, sbattendola su un tavolo in legno e buttandola per terra" e, approfittando di un breve allontanamento del R., aveva reiterato l’aggressione, tentando di impedirle di salire sulla macchina di quest’ultimo e arrecandole lesioni personali (contusioni multiple, distorsione rachide cervicale/lombare) giudicate guaribili in 10 giorni. La versione della parte offesa è stata confermata, in sede di sommarie informazioni rese il 26 agosto 2008, dall’unico testimone oculare R. O., il quale riferiva di essere intervenuto due volte per sottrarre la donna all’aggressione del S. (v. il relativo verbale, in atti, nonché il decreto di citazione a giudizio del 21 novembre 2008, recante l’imputazione per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 582, 56 e 610 c.p.).

In questo quadro si deve affermare che con l’impugnato provvedimento il Questore di Bolzano ha esercitato correttamente il potere discrezionale di revoca della licenza di porto d’armi ad uso caccia, poiché i fatti sopra richiamati, agli atti dell’Autorità amministrativa procedente, costituivano senza dubbio alcuno elementi indiziari idonei a fondare la determinazione assunta, essendo indicativi di comportamenti incompatibili con la completa sicurezza del "buon uso" dell’arma e di una personalità incapace di controllare i propri impulsi ed emozioni. Né rileva la successiva rimessione della querela, restando in atti, indipendentemente da ciò, sufficienti elementi oggettivi rilevatori della condotta violenta del S. e della sua conseguente inaffidabilità quanto a un corretto uso di armi, tale da non consentire di ravvisare nella sua persona la persistente presenza degli elementi per continuare ad essere titolare di licenza di porto d’arma per uso caccia, e non essendo a tal fine, per quanto sopra esposto, richiesto il grado di certezza proprio dell’accertamento penale.

Va, dunque, confermata la pronuncia del T.R.G.A. in ordine al legittimo esercizio del potere discrezionale nell’adozione del gravato provvedimento di revoca.

5.2. Va altresì, disatteso il motivo d’appello, col quale il S. si duole dell’erronea reiezione della censura di mancata osservanza del termine finale del procedimento, in violazione degli artt. 2 e 10bis l. 7 agosto 1990, n. 241, e succ. mod., e del d.m. attuativo n. 284/1993, per essere il provvedimento di revoca (di asserita natura recettizia), adottato il 30 marzo 2009, stato notificato il 3 aprile 2009, oltre il termine di 90 giorni, decorrente dal 2 gennaio 2009 (data di presentazione delle osservazioni da parte del ricorrente nell’ambito del procedimento di revoca) e scaduto il 2 aprile 2009. Infatti, non versandosi in fattispecie di provvedimento di natura sanzionatoria, bensì di carattere cautelare/preventivo, il termine di conclusione del procedimento non assume carattere perentorio e non comporta né la decadenza della potestà amministrativa né l’illegittimità del provvedimento, a prescindere D. questione – ormai irrilevante ai fini decisori – della qualificazione, nell’ambito della fattispecie procedimentale in esame, della notifica come elemento costitutivo, integrativo dell’efficacia o meramente esecutivo del gravato provvedimento.

5.3. Per le esposte ragioni, l’appello deve essere respinto.

6. Considerato l’esito del giudizio, le spese del grado devono essere poste a carico dell’appellante soccombente.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a rifondere all’Amministrazione appellata le spese del grado, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 4.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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