Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-06-2011) 21-06-2011, n. 24979 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Decidendo in sede di rinvio, dopo l’annullamento di precedente ordinanza 23.12.2009, sulla richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo emesso il 30.11.2009 dal locale GIP in procedimento per reati di frode fiscale, con ordinanza del 7.10.2010 il Tribunale di Bolzano revocava la misura imposta, limitatamente alle violazioni commesse prima del 1.1.2008, mantenendola sui mobili ed immobili degli indagati D.R., S.R., D.L. e P.C. per un ammontare complessivo massimo di Euro 3.200.000. il Tribunale riteneva obbligatoria la successiva confisca, e quindi possibile procedere al sequestro per equivalente del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta dovuta, anche a seguito di condotte che avevano determinato un indebito credito in favore dello Stato, finalizzato alle compensazioni del caso.

Nella sentenza di annullamento, altra Sezione di questa Corte aveva deliberato che il Giudice del rinvio procedesse a nuovo esame, valutando innanzitutto quali fossero le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore della norma di cui alla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, per le sole quali appariva configurabile un provvedimento di sequestro preventivo per equivalente, e, poi, l’eventuale sussistenza dei presupposti per l’applicazione nel caso concreto dei principi di diritto contenuti nella sentenza delle Sezioni unite n. 38691/2009. 2. Ricorrono tutti i sottoposti alle indagini.

2.1 D.R., con l’avv. Moccia, deduce che le conclusioni del Tribunale "non possono essere affatto condivise", perchè il calcolo relativo alle violazioni pregresse sarebbe stato approssimativo, mentre dall’insegnamento delle Sezioni unite 38691/2009 si evincerebbe che anche per queste fattispecie di reati la confisca per equivalente sarebbe limitata al solo "prezzo" del reato.

2.2 S.R., con l’avv. Bongiorno, deduce con unico motivo inosservanza della legge penale in materia di confisca per equivalente, ai sensi dell’art. 322 ter c.p., perchè l’insegnamento delle SU richiamate, relativo ai limiti del comma 1 di tale norma, varrebbe non solo per il delitto di peculato – specifico oggetto di quella pronuncia – ma per ogni riferimento alla confisca per equivalente operato mediante richiamo generico all’art. 322 ter c.p., come sarebbe confermato dalle successive pronunce di legittimità, relative anche ad altri reati contro la pubblica amministrazione. In ogni caso, l’ordinanza avrebbe omesso analisi o ricostruzione sul profitto, da intendersi in senso restrittivo ai fini della confisca per equivalente, che sarebbe derivato dai reati contestati.

Con memoria depositata l’8 aprile 2011 il ricorrente svolge deduzioni a sostegno della questione di diritto e sui criteri di quantificazione dell’importo del sequestro.

2.3 D.B.L. e P.C., con unico atto sottoscritto dal comune difensore, avv. Buccico, e dal P., denunciano erronea applicazione e vizi di motivazione, in ordine all’art. 322 ter c.p., L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143 e D.Lgs. n. 241 del 1997, artt. 1 ss., perchè:

– lo stesso annullamento con rinvio presupporrebbe la non accoglibilità della tesi del Riesame sulla limitazione dell’efficacia dell’insegnamento di SU 38691/2009 al delitto di peculato;

– in ogni caso:

– sarebbero stati violati i principi stabiliti dal D.Lgs. n. 241 del 1997, con l’errore concettuale della somma tra quantum compensato e iva accumulata – con la conseguente duplicazione quantomeno dell’importo di 864.423 Euro -, mentre arbitrario e illogico sarebbe il calcolo aritmetico operato, la forfetizzazione sarebbe avvenuta per eccesso, vi sarebbe stata genericità ed illogicità nell’individuazione dei beni.

3.1 I comuni motivi in diritto sono infondati. La L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143 dispone che "nei casi di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’art. 322- ter c.p.".

Questa Corte ha ormai ripetutamente insegnato il principio generale che, quando una norma richiama l’intero art. 322 ter c.p., il sequestro può avere ad oggetto beni per un valore equivalente non solo al prezzo ma anche al profitto del reato considerato da tale norma (SU sent. 41936 del 25.10 – 22.11.2005, Muci; Sez. 6, sent.

37090 del 30.5 – 8.10.2007).

Tale principio è stato da ultimo reiteratamente confermato anche con specifico riferimento ai reati fiscali o tributare (così Sez.3, sent. 25890 del 25.5 – 7.7.2010 e Sez. 3, sent. 35807 del 7.7 – 6.10.2007), con insegnamento che questa Sezione condivide.

Infatti, ed in particolare, già queste sentenze hanno spiegato 1’inconferenza del richiamo al principio di diritto affermato da SU 38691/2009, che non solo risolve un caso di reato contro la pubblica amministrazione in ragione della specifica previsione del primo comma dell’art. 322 ter c.p., ma è supportato da una motivazione che – a smentire la portata generale del principio stesso lì affermato – richiama tra l’altro proprio la precedente sentenza SU Muci, sull’efficacia dei casi di rinvio all’intero art. 322 ter c.p. e, per converso, constata l’assoluta irrazionalità della limitazione – per i reati contro la pubblica amministrazione – al solo prezzo del reato.

Nè la sentenza di annullamento con rinvio conteneva l’affermazione di specifico opposto principio di diritto – quindi comunque vincolante nella fattispecie concreta, ai sensi dell’art. 627 c.p.p. – limitandosi la stessa a segnalare al Giudice del rinvio la necessità di trattare quel punto della decisione.

3.2 Quanto agli altri motivi.

Il primo motivo del ricorso D. è inammissibile per l’assoluta genericità della deduzione.

Il secondo motivo del ricorso S. è anch’esso generico, perchè la doglianza difensiva sul punto è sostanzialmente astratta e priva di riferimenti specifici al caso. Nè il contenuto della memoria, in particolare la deduzione svolta a pag. 8, può integrare quella originaria genericità.

Altrettanto inammissibile è il motivo dei ricorsi D.B. e P. relativo alla censura sulla forfetizzazione: si tratta di deduzione generica, a fronte di motivazione specifica e non incongrua argomentata sul punto dal Tribunale.

3.2.1 E’ invece fondato, allo stato, il motivo dei ricorsi D. B. e P. sulle modalità del computo, prima della forfetizzazione conclusiva.

Va qui precisato che la censura deve essere valutata non come deduzione afferente la logicità della motivazione, inammissibile nei confronti dei provvedimenti in materia di cautela reale, nè tanto meno come altrettanto palesemente inammissibile rilievo di stretto merito, bensì come censura sulla sussistenza di uno dei presupposti di legittimità del sequestro, afferente un contenuto essenziale della misura, quale l’origine stessa della sua quantificazione.

Sul punto, effettivamente da un lato il Tribunale non ha spiegato se la somma indicata per le compensazioni (capi 14 e 20) riguardi o meno iva diversa da quella già compresa nei poi richiamati capi 4, 9, 13, 16, 18, 22, sì da evitare duplicazioni della medesima somma/valore.

Dall’altro, il generico riferimento al calcolo aritmetico ed ai capi 4, 9, 13, 16, 18, 22 (che fanno riferimento pure ad anni precedenti e si riferiscono non tutti ai medesimi indagati), con l’indicazione "secca" di una somma finale (di 2.231.907,80), non consente la ricostruzione del percorso logico argomentativo, risolvendosi, allo stato, in motivazione apparente (e quindi omessa, con conseguente vizio di legittimità e non di mera motivazione), atteso che, come dedotto dai ricorrenti, la somma totale indicata dal Tribunale non pare, con immediata percezione, corrispondere alle somme in quei capì riportate per l’iva successiva al periodo temporale da tenere in considerazione, secondo il vincolo imposto dall’annullamento con rinvio, vincolo al quale pure il Tribunale ha affermato di attenersi.

L’ordinanza va pertanto annullata, per il suo nuovo esame, sul punto della quantificazione dell’iva evasa/compensata, quale base aritmetica della successiva "forfetizzazione", in relazione alla già argomentata impossibilità di determinare in questa fase cautelare l’esatto ammontare del profitto illecito, per il suo nuovo esame.

L’annullamento si estende ovviamente alla posizione di tutti i ricorrenti.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Bolzano per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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