Cons. Stato Sez. VI, Sent., 22-06-2011, n. 3756 Stranieri

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Signor B. A. ha ottenuto in data 9/12/1998 il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, provvedendo successivamente al rinnovo ad ogni scadenza fino all’anno 2007.

In data 29/1/2009 il ricorrente riceveva avviso di avvio di procedimento amministrativo tendente al rigetto di una nuova domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, in ragione dell’asserita mancanza di regolarità del suo rapporto di lavoro.

Con decreto del 7/9/2009 il Questore di Milano, respingendo ulteriori controdeduzioni, rigettava la domanda di rinnovo, motivando tale decisione sia in base al fatto che il signor B. risultava godere di redditi inferiori all’assegno sociale e pertanto insufficienti al proprio sostentamento; sia alla luce di "numerosissimi precedenti penali e di polizia", sintomatici di "un mancato inserimento sociale".

2. Veniva interposto dall’interessato ricorso al TAR Lombardia, respinto con sentenza n. 5152 del 24/11/2009.

In tale sentenza il TAR rilevava che dalla relazione istruttoria versata in atti dalla Questura di Milano il 2/11/2009 risultavano a carico del ricorrente taluni precedenti "che denotano la sua pericolosità sociale". In particolare due condanne penali irrevocabili, una delle quali per il reato di spaccio di stupefacenti e l’altra per il reato di appropriazione indebita.

3. Contro tale sentenza veniva proposto appello, previa richiesta di sospensione dell’esecutività dell’atto gravato.

Il Consiglio di Stato, Sezione VI, accoglieva in data 9/3/2010 l’istanza cautelare avanzata.

Nel ricorso introduttivo il signor B. ha dedotto in primo luogo l’illegittimità della mancata concessione del permesso di soggiorno correlata alla mancanza di reddito sufficiente per il sostentamento ed al presunto mancato versamento dei contributi previdenziali. Ha sostenuto che per alcuni periodi i contributi in questione fossero stati versati, e per i periodi non versati l’omissione non potesse essere imputata al lavoratore bensì al datore di lavoro.

Ha indicato altresì le diverse posizioni lavorative assunte nel corso del tempo ricordando che, a partire dall’ottobre 2008, aveva aperto una impresa individuale per il commercio di auto e motoveicoli.

Non ha negato peraltro l’esistenza di precedenti giudiziari, risalenti, rispettivamente, al 7/3/2000 (in materia di stupefacenti) e all’8/6/2005, ritenendoli tuttavia non applicabili in quanto ottenuti entrambi con il beneficio della sospensione condizionale della pena e risultando il primo dei precedenti stessi estinto per effetto del decorso dei cinque anni, essendo stato definito con il rito alternativo previsto dall’articolo 444 c.p.p.

Ha sottolineato, inoltre, il ricorrente come la pericolosità sociale non potesse essere in alcun modo presunta ma andasse accertata di volta in volta.

4. Il ricorso non può essere accolto.

Va ricordato come questo Consiglio abbia chiarito, con giurisprudenza risalente e consolidata (v. da ultimo Cons. Stato, Sez. VI, 31 marzo 2011, n. 2005; Id., 25 giugno 2010, n. 4444), che è esclusa l’automaticità espulsiva per reati commessi prima dell’entrata in vigore della legge 30/7/2002, n. 189, poiché "la sentenza a suo tempo intervenuta non può essere considerata quale elemento unico preclusivo dell’accoglimento della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, dovendo l’Amministrazione, in tale ipotesi, comunque, verificare la attuale pericolosità sociale del condannato (in termini, sez. VI, n. 3319 del 2006)".

Tale esame di pericolosità sociale, come riconosciuto dal giudice di primo grado, sembra peraltro essere stato effettuato in modo compiuto nel caso di specie.

5. Invero, dall’esame dell’atto impugnato emerge che il provvedimento del Questore sia in primo luogo fondato, in base alla consultazione della banca dati INPS, sul fatto che "in favore del cittadino straniero, regolarmente soggiornante sul territorio nazionale dal 1998, risultano versati contributi solo per il periodo dal 21/9/2007 al 9/11/2007, con redditi percepiti inferiori all’assegno sociale e pertanto insufficienti al proprio sostentamento, non utili a comprovare il suo inserimento lavorativo sul territorio nazionale".

5.2 Ancora, vengono ricordati precedenti penali, non solo collegati al reato di detenzione e cessione illecita di sostanze stupefacenti continuata in concorso (sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti – art. 444, 445 c.p.p. – del 7/3/2000), ma anche, più recentemente, in materia di applicazione indebita, in data 8/6/2005.

5.3 Dal certificato dei carichi pendenti, poi, risulta una ulteriore condanna penale a seguito di giudizio abbreviato (n. 41/2007, appellata il 7/3/2007), per una serie di reati contro il patrimonio, fra i quali truffa e ricettazione ( art. 640 e 648 c.p.), contro l’Amministrazione della giustizia simulazione di reato) e contro la fede pubblica, mentre l’ulteriore documentazione di cui alla relazione istruttoria della Questura di Milano del 2/11/2009 testimonia il coinvolgimento dell’esponente in attività legate al traffico illecito di autovetture.

5.4 A corredo della richiesta urgente di fissazione dell’udienza per la discussione del presente ricorso nel merito, la Questura di Milano ricordava inoltre come, a carico del ricorrente, emergessero "dalla consultazione della banca dati delle Forze di polizia, ulteriori notizie di reato per truffa ai sensi dell’articolo 640 c.p., per aver acquistato autovetture pagate con assegni bancari relativi a conti correnti chiusi o privi di fondi, a riprova del coinvolgimento del cittadino straniero in attività delittuose riconducibili specificatamente alla propria attività lavorativa (commercio di autovetture)".

6. Ritiene quindi il Collegio che il provvedimento impugnato abbia esplicitato, in modo ampio, le ragioni sottese alla valutazione espressa circa il mancato inserimento e la pericolosità sociale del ricorrente.

7. Alla stregua delle esposte argomentazioni, assorbiti gli ulteriori motivi, va pertanto respinto l’appello.

Segue la condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali come liquidate in dispositivo..
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), respinge il ricorso in appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata.

Condanna il ricorrente alle spese di giudizio quantificate in 1500,00 (millecinquecento/00) euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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