Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 14-06-2011) 21-06-2011, n. 24964 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p.1. Con sentenza del 10 maggio 2010 la Corte d’appello di Torino confermava le condanne inflitte all’esito di giudizio abbreviato a B.A. e K.E. per il delitto continuato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, riducendo le rispettive pene.

Contro la decisione ricorrono per cassazione entrambi gli imputati. p.2. B. denuncia mancanza di motivazione in ordine alla determinazione della pena, perchè la Corte d’appello, nell’escludere la recidiva che il giudice di primo grado aveva dichiarato equivalente alle attenuanti generiche, riduceva la pena detentiva in misura inferiore a un terzo, senza spiegare la ragione della limitata applicazione delle dette attenuanti. p.2.1 Per giurisprudenza consolidata, nel determinare la riduzione della pena conseguente al riconoscimento di una circostanza attenuante, il giudice non è tenuto a precisare le specifiche ragioni della misura della diminuzione apportata, essendo sufficiente che possa desumersi dalla motivazione complessiva ch’egli ha esercitato il suo potere discrezionale con senso di equità e di proporzione, senza sconfinare nell’arbitrio (v. per tutte, Cass., Sez. 28.6.1968, Vinciguerra, rv 109472).

Nel caso concreto la Corte d’appello, rammentata la collocazione del reo "a livello elevato nel traffico delle sostanze stupefacenti" ed esclusa la recidiva dipendente dalla pena applicata per un reato della stessa specie recentemente commesso, nell’applicare le attenuanti generiche, ha precisato che la corrispondente riduzione doveva essere "necessariamente di limitata estensione", riferendosi implicitamente all’influenza negativa esercitata dalle cennate circostanze, che, caratterizzando la personalità del reo sotto il profilo della capacità a delinquere, ne giustificavano la ridotta efficacia.

Il ricorso, essendo manifestamente infondato, deve dunque essere dichiarato inammissibile; ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla cassa delle ammende. p.3. K. denuncia vizio di motivazione: 1. in ordine, al reato di cui al capo 4) dell’imputazione, assumendo che dalle conversazioni intercettate risulterebbe che la compravendita non si era conclusa, perchè, pur avendo egli inviato al presunto venditore B.E. la somma di Euro 13.500, quest’ultimo gli aveva risposto che al momento non aveva droga da cedergli;

2. in ordine al reato di cui al capo 6) dell’imputazione, perchè il contenuto delle conversazioni intercettate non permetterebbe di condurre all’affermazione di responsabilità. p.3.1 Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, perchè chiede a questa Corte Suprema, sollecitandola a svolgere il ruolo improprio di giudice di terzo grado, di rileggere la trascrizione delle conversazioni intercettate, dalle quali si ricaverebbe che l’acquisto e la cessione di cocaina di cui ai capi 4 e 6 dell’imputazione non sarebbero in realtà avvenuti.

La Corte d’appello, alla quale l’imputato aveva già proposto l’interpretazione oggi girata a questa Corte, l’aveva disattesa richiamando i punti salienti della ricostruzione del fatto operata dal giudice dell’udienza preliminare.

In effetti la motivazione della sentenza impugnata, integrandosi con quella più completa e dettagliata della sentenza di primo grado, fornisce un’argomentata, logica e coerente giustificazione dell’affermazione di colpevolezza.

In particolare, in ordine all’imputazione sub 4, la sentenza di primo grado rappresenta:

– che il 18.11.2007, la coppia K. – S. (residente a (OMISSIS)) aveva fatto pervenire al trafficante B. (residente in (OMISSIS)) la somma di Euro 13.500 sollecitando una fornitura di cocaina;

– che B., nel dare atto della ricezione della somma, avvertiva che non disponeva al momento lo stupefacente, ma si sarebbe dato da fare per reperirlo;

– che il 30.11.2007 B. chiedeva a K. il numero telefonico di L., per conferirgli l’incarico di incontrare un camionista belga che avrebbe trasportato in Italia, insieme a merci da recapitare a ditte lombarde, lo stupefacente;

– che il 4.12.2007 B. forniva a L. le indicazioni per contattare il camionista belga;

– che il 5.12.2007 L. partiva da Torino alla volta di Milano per intercettare il camion e ritirare lo stupefacente; durante la giornata si intersecavano numerose telefonate tra B., il camionista e L. e, intorno alle ore 17, a Presezzo (Bergamo), L. ritirava lo stupefacente e, pedinato dalla polizia giudiziaria, tornava a Torino, dove, appena sceso dal treno, veniva arrestato e trovato in possesso di kg. 2,5 di cocaina;

– che il mattino dopo B. telefonava in tono allarmato a K. domandando notizie di L. e K. rispondeva che ieri lo stava aspettando e non aveva saputo più nulla.

Orbene, sulla base delle conversazione captate e dell’esito dell’operazione di polizia sopra descritta, i giudici di merito sono giunti alla logica conclusione che tra B., da un lato, e K. – S., dall’altro, si perfezionò, quanto meno il 4.12.2007, la compravendita dello stupefacente sequestrato; donde l’ininfluenza, agli effetti della commissione del reato, della mancata consegna.

Esiste dunque una motivazione, immune da vizi logici, che da valida ragione dell’affermazione di colpevolezza e la difforme valutazione del fatto prospettata dal ricorrente integra un motivo inammissibile perchè non consentito dalla legge.

La stessa cosa va detta per le censure, invero piuttosto generiche, con cui il ricorrente contesta l’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 6.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille per ciascuno alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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