Cons. Stato Sez. VI, Sent., 22-06-2011, n. 3745 Amministratori comunali e provinciali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso al TAR del Lazio n. 11196/2005, il signor S. I. impugnava il decreto del Ministero dell’interno del 10 agosto 2005 con cui era stato rimosso dalla carica di consigliere dell’Amministrazione provinciale di Agrigento.

Tra gli elementi di tale decreto era posta tra l’altro l’esistenza di un procedimento penale per falsità materiale ed ideologica ed abuso d’ufficio aggravato a carico dello I.. I comportamenti che avevano portato a tale incriminazione venivano ritenuti dall’Amministrazione dell’interno tali da porsi in contrasto con l’esercizio delle funzioni pubbliche alle quali il soggetto in questione era preposto e con le esigenze di dignità e prestigio della carica da lui ricoperta.

2. Il TAR adito riteneva che gli apprezzamenti operati dal Ministero in materia non fossero basati su elementi fattuali, frutto di attività di riscontro obiettivo e che, nel caso di specie, non fosse stata dimostrata nè la sussistenza di fatti che potessero rivelare l’esistenza di un reato e concreto collegamento tra l’interessato e la criminalità organizzata, nè la presenza di circostanze che potessero risultare idonee a determinare uno sviamento dell’interesse pubblico nell’azione dell’ente locale.

Per tali ragioni il giudice di primo grado accoglieva il ricorso dello I. ed annullava il provvedimento ministeriale.

3. Contro tale sentenza ricorreva il Ministero dell’interno, chiedendo altresì la sospensione dell’efficacia della sentenza stessa.

4. La causa è stata discussa nell’udienza pubblica del 12 aprile 2011, relatore il consigliere Antonio Malaschini.

Il ricorso in appello merita di essere accolto.

Giova considerare che ai sensi dell’art. 142, co. 1, d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, "Con decreto del Ministro dell’interno il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico".

La disposizione citata consente, quindi, la rimozione ogni qual volta ci sia pericolo per l’ordine pubblico, a prescindere dall’esito delle vicende penali.

La rimozione degli amministratori degli enti locali, per atti e comportamenti contrari alla Costituzione, per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico, è espressione di una norma di chiusura del sistema di controllo sugli organi degli enti stessi (C. Stato, IV, 15 novembre 2004, n. 7455).

Ebbene, dalle note in atti risulta che nel processo a carico di alcuni imputati della cosiddetta operazione "Alta Mafia" spicca quale principale imputato per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso Vincenzo Lo Giudice, già deputato all’Assemblea regionale siciliana e più volte Assessore regionale, individuato quale referente politico dello stesso I..

Sembra emergere un rapporto tra lo I. e il Lo Giudice non limitato all’appartenenza ad una identica corrente politica, ma in un contesto più ampio nel quale lo I., Dirigente tecnico del Gabinetto dell’Assessorato regionale ai lavori pubblici e uomo di fiducia dell’assessore Vincenzo Lo Giudice, si poneva come colui che predisponeva le pratiche al fine di garantire al gruppo di cui faceva parte di poter realizzare i propri obiettivi, assicurando flussi di denaro pubblico da parte degli organi competenti agli interessi del sistema affaristico illegale del Lo Giudice.

In una relazione datata 20 maggio 2005 della Questura di Agrigento, concernente un’operazione di polizia avverso la famiglia mafiosa "Traina" di Porto Empedocle (alcuni componenti della quale vennero arrestati in data 5 aprile 2005), venivano sottolineati i rapporti dello I. con esponenti di rilievo della criminalità organizzata.

5. D’altra parte, prescindendo dal riferimento e dall’esito processuale dello specifico fatto innanzi richiamato, è dall’insieme delle risultanze istruttorie amministrative e giurisdizionali riportate in atti che emerge una pluralità di fatti idonei a giustificare il provvedimento adottato.

6. Alla stregua delle esposte ragioni va pertanto accolto l’appello.

Consegue la condanna dell’appellato al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie

Condanna l’appellato al pagamento delle spese, quantificato in 3000/00 (tremila/00) euro..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *