Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 09-06-2011) 21-06-2011, n. 24974 misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sulla richiesta di riesame proposta nell’interesse di T.R. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del GIP presso il Tribunale di Catanzaro in data 16-12-2010 in ordine ai reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di stupefacenti con l’aggravante dell’ingente quantità e di detenzione e spaccio di droga, il Tribunale del riesame di Catanzaro, con ordinanza in data 4-01-2011, confermava la misura intramuraria (ad eccezione del fatto di cui al capo 52 di spaccio di droga) ribadendo la sussistenza della gravità indiziaria ed esigenze cautelari legittimanti l’imposta misura coercitiva personale, ritenuta unica ed adeguata alla tutela di tali esigenze, non risolutive "a contrario" risultando le conti deduzioni difensive anche in ordine allo stato di salute dell’indagata, ritenuta, in via preliminare, l’infondatezza delle eccezioni in rito proposte dalla difesa segnatamente ed in particolare riferite alìillegittimità, inutilizzabilità ed omessa trasmissione degli atti relativi alle intercettazioni ambientali a supporto delle ritenute accuse.

Avverso tale ordinanza la predetta indagata ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame tramite il proprio difensore:

1) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per violazione di legge, inosservanza o erronea applicazione della legge penale segnatamente riferita all’art. 309, nn. 5 e 10 in combinato disposto con l’art. 291 c.p.p. e mancanza contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in tema di eccezione di perdita di efficacia della misura per mancato rinvenimento in atti dei provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni ambientali di alcuni colloqui presso la casa circondariale di Carinola, con conseguente denunciai: violazione del diritto di difesa in relazione al contraddittorio su tali atti, assunti a supporto delle accuse circa la gravità indiziaria, fermo restando l’inutilizzabilità di talune captazioni ambientali che fanno riferimento al contenuto di provvedimenti autorizzativi mancanti nell’incarto processuale del p.m. e di quello a conseguente disposizione del Tribunale del riesame, essendo dal tutto presuntiva e gratuita la giustificazione offerta su tale mancato rinvenimento atti, affatto idonea a superare l’eccepita violazione del diritto di difesa cui si conforma il rispetto della cennata normativa;

2) Violazione dell’art. 606, lett. e) in relazione agli artt. 273 e 275 c.p.p. per mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione come risulta dai verbali di trascrizione in atti di taluni colloqui presso la casa circondariale di Carinola, con riferimento alla ritenuta gravità indiziaria ed alla scelta della misura riguardo all’imputazione mossa alla indagata.

Il ricorso è infondato e va rigettato con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Va richiesta la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Ed invero, il motivo sub 1) è infondato, nella sua riproposizione in questa sede, a fronte di una corretta e motivata risposta offerta dai giudici del riesame del Tribunale catanzarese, peraltro in piena sintonia con l’ormai prevalente e più recente indirizzo di questa Corte di legittimità. La risposta offerta nell’ordinanza in esame (cfr. foll. 2-3) si propone come risposta ragionevolmente veridica e corretta all’assunto difensivo, sol se si tiene debitamente in conto il principio di diritto più volte ribadito in sede di legittimità, secondo cui l’omessa o tardiva trasmissione al Tribunale del riesame degli atti cogniti dal GIP, richiesto di applicare la misura cautelare, non determina ex se, automaticamente, la perdita di efficacia del provvedimento coercitivo a norma dell’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10. Si è, infatti, opportunamente sottolineato che, anche in armonia con la "ratio legis", la caducazione della misura non è, infatti, legata ad un "mero formalismo", quale finisce per essere la dedotta accezione in relazione alla trasmissione degli atti asseritamente omessa, bensì ad una sostanziale violazione di equilibri valutativi e cognitivi di fatti attinenti la posizione delle parti, violazione che si traduce in danno dell’indagato, nel caso in cui impedisce al Tribunale del riesame di poter esercitare un efficace controllo sulla valutazione degli indizi operata dal giudice cautelare, nonchè sulla ragionevole sussistenza di esigenze cautelari a sulla stessa adeguatezza della misura.

E’ a questo punto, quindi, che assume comprensibile rilievo la c.d.

"prova di resistenza" del provvedimento restrittivo in relazione alla irrilevanza, ai fini della correttezza e legittimità della decisione cautelare, di elementi non trasmessi ma ininfluenti sulla decisione ovvero di elementi già noti alla difesa (conosciuti o, quanto meno conoscibili anche prima e fuori dalla sede del riesame).

Nella specie, come si segnalerà di qui a poco in relazione al motivo sub 2), la motivazione attinente la gravità del quadro indiziario e congrua e fondata su elementi di per sa Intrinsecamente ed estrinsecamente idonei a rappresentare gli aspetti accusatori, con conseguente positiva risposta al cennato vaglio della prova di resistenza (cfr. in termini e da ultima Cass. Pen. sez. 4, 15-10- 2007, n. 37877, Monty).

A tanto non è inopportuno aggiungere che, in termini di ineccepibile completezza di valutazione dell’eccezione difensiva, l’impugnata ordinanza ha segnalato il difetto di specifiche denunce di omissioni di dati sostanziali decisivi ad alterare, quindi, l’equilibrio tra le posizioni delle parti in danno dell’indagata e, in ogni caso, la genericità delle questioni riguardanti la pretesa inutilizzabilità delle registrazioni, con esplicazione motivata di tali ragioni (cfr. fol. 3). Anche il motivo sub 2) è infondato.

Apprezzabile, in punto di completezza di analisi e correttezza dei criteri di valutazione degli elementi indiziari si propone l’impugnata ordinanza che, dopo un’opportuna premessa sul reato associativo (capo 1) D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74), nella sua sostanzialità di configurazione giuridica (cfr. foll. 4 ss.gg.), affronta analiticamente e compiutamente l’aspetto attinente la gravità indiziaria di ciascun reato ascrivibile all’input sta (cfr. foll. 12 ss.gg. della decisione impugnata).

Ne sfugge che i movimenti dell’indagata, nel contesto dei rapporti modali e fattuali con gli altri soggetti inseriti nell’articolato sviluppo della vicenda in rapporto alle singole contestazioni, hanno formato oggetto di una verifica ineccepibile anche in punto di riscontri oggettivi in relazione all’accertata gravità indiziaria, secondo i canoni permeanti l’istituto stesso, ex art. 273 c.p.p., in questa fase del procedimento.

Quanto alla doglianza di asserita inadeguatezza della misura in favore di quella degli arresti domiciliari, a prescindere dall’estrema genericità di tale censura, è dato cogliere motivata, puntuale e corretta risposta nel provvedimento impugnato (cfr. foll.

24-25) i cui termini sono di eloquente smentita ad asserite equiparazioni alla posizione di terzi, come invocate dalla difesa all’odierna udienza camerale.

Palese dunque l’infondatezza del motivo sub 2), si limiti dell’inammissibilità.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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