Cons. Stato Sez. VI, Sent., 22-06-2011, n. 3744 Amministratori comunali e provinciali, Enti locali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Borgo;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso al TAR del Lazio in data 11 novembre 2005, il signor C. L. G. impugnava il decreto del Ministero dell’interno del 10 agosto 2005 recante rimozione dalla carica di consigliere provinciale della provincia di Agrigento.

Tra gli elementi di tale decreto – adottato per gravi motivi di ordine pubblico – il Ministero dell’interno poneva, tra l’altro, la circostanza che il signor Lo Giudice risultava accusato di aver fittiziamente trasferito sul proprio conto corrente (dopo averla convertita in euro) una somma di denaro posseduta dal padre Vincenzo: soggetto, quest’ultimo, ritenuto il principale protagonista della vicenda al centro dell’operazione "Alta Mafia", imputato di spicco del processo definito in primo grado con sentenza del 28 luglio 2005 del Tribunale di Palermo.

Anche prescindendo però da quanto sopra ricordato, sosteneva il Ministero dell’interno che dalle risultanze investigative emergesse un più ampio coinvolgimento del C. L. G.: il provvedimento adottato rispondeva quindi a ragioni di tutela dell’ordine pubblico in senso più ampio, anche al fine di evitare di esporre l’attività amministrativa a condotte inquinanti da parte dell’organizzazione criminale, ruotante attorno al padre del ricorrente Vincenzo.

Il TAR adito riteneva che gli apprezzamenti operati dal Ministero in materia non fossero basati su elementi fattuali, frutto di attività di riscontro obiettivo e che, nel caso di specie, non fosse stata dimostrata nè la sussistenza di fatti che potessero rivelare l’esistenza di un reato e concreto collegamento tra l’interessato e la criminalità organizzata, nè la presenza di circostanze che potessero risultare idonee a determinare uno sviamento dell’interesse pubblico nell’azione dell’ente locale.

Per tali ragioni il giudice di primo grado accoglieva il ricorso ed annullava il provvedimento ministeriale.

Contro tale sentenza ricorreva il Ministero dell’interno, chiedendo altresì la sospensione dell’efficacia della sentenza stessa.

La causa è stata discussa nell’udienza pubblica del 12 aprile 2011, relatore il consigliere Antonio Malaschini.

Il ricorso in appello merita di essere accolto.

Giova considerare che ai sensi dell’art. 142, co. 1, d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, "Con decreto del Ministro dell’interno il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico".

La disposizione citata consente, quindi, la rimozione ogni qual volta ci sia pericolo per l’ordine pubblico, a prescindere dall’esito delle vicende penali.

La rimozione degli amministratori degli enti locali, per atti e comportamenti contrari alla Costituzione, per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico, è espressione di una norma di chiusura del sistema di controllo sugli organi degli enti stessi (C. Stato, IV, 15 novembre 2004, n. 7455).

Ebbene, dalle note in atti risulta il testo di una conversazione intercettata tra il Lo Giudice Vincenzo e L. G. C., riprodotta nell’ordinanza di custodia cautelare del 18 marzo 2004 del GIP presso il tribunale di Palermo, dalla quale si evince la consapevolezza che la somma di denaro sopra indicata non poteva essere portata in banca per il cambio di banconote, con operazione da compiersi quindi in modo palese e trasparente, stante la sua provenienza. E che, pur di ciò consapevole, il L. G. C. metteva a disposizione, ai fini della buona riuscita delle transazioni paterne, i conti propri e quelli dei suoceri.

Al di là, tuttavia, dell’episodio citato e della sua rilevanza sul piano penale, pare al Collegio che il provvedimento impugnato in primo grado non sia affetto dai vizi dedotti, non essendo irragionevole l’assunto della non estraneità del C. L. G. alle attività politico affaristiche del padre Vincenzo, considerato protagonista di una riconosciuta consorteria illecita.

Dall’insieme delle risultanze istruttorie amministrative e giurisdizionali riportate in atti emerge, invero, una pluralità di fatti idonei a giustificare il provvedimento adottato.

Alla stregua delle esposte ragioni va accolto l’appello.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, lo accoglie.

Condanna la parte soccombente alle spese, quantificate in 3000 (tremila) euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *