T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 22-06-2011, n. 376 Annullamento d’ufficio o revoca dell’atto amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Manoppello ha indetto una gara avente ad oggetto la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva per la realizzazione di un nastro stradale a servizio dell’Interporto Val Pescara; con determinazione 30 giugno 2007, n. 85/07, del Responsabile dell’Ufficio urbanistico tale gara è stata aggiudicata alla società B. spa.

A seguito dell’impugnativa dell’esito di tale gara da parte di altro partecipante, questo Tribunale con sentenza 7 gennaio 2008, n. 8, ha annullato gli atti di gara relativi alla valutazione delle offerte e tale aggiudicazione "ai fini del rinnovo della procedura di gara" in ragione dell’illegittimo utilizzo del criterio del c.d. "confronto a coppie". La ricorrente ha impugnato il 14 marzo 2008 tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato, chiedendone la sospensione dell’efficacia.

Nelle more dell’esame di tale istanza cautelare, il Comune di Manoppello con deliberazione della Giunta municipale 26 marzo 2008, n. 51, dopo aver preso atto di tale sentenza, ha avviato una nuova procedura alternativa a quella dell’affidamento dell’incarico esterno, al fine di realizzare tempestivamente il completamento dei lavori e non perdere i relativi finanziamenti, autorizzando la costituzione di un Gruppo di Lavoro interno all’Amministrazione, costituito da dipendenti del Settore tecnico. Il Responsabile dell’Ufficio urbanistico del Comune di Manoppello in data 23 aprile 2008 con determinazione n. 46, ha, pertanto, revocato la predetta determinazione 30 giugno 2007, n. 85/07, di affidamento dell’incarico alla ricorrente, e con determinazione n. 47 ha affidato l’incarico di progettazione in questione al predetto Gruppo di Lavoro.

Con il ricorso in esame l’interessata è insorta dinanzi questo Tribunale avverso tali atti, deducendo le seguenti censure:

1) che l’Amministrazione, dopo aver dato comunicazione dell’avvio del procedimento, aveva adottato l’atto di revoca prima ancora di acquisire la memoria presentata dalla società ricorrente;

2) che non sussistevano i presupposti per assumere l’atto di revoca, in quanto con l’adozione dell’atto impugnato non si è avuto né un risparmio di tempo, né un risparmio economico; l’Amministrazione avrebbe dovuto attendere l’esito dell’appello proposto e valutare tutti gli interessi coinvolti; inoltre, non era stato previsto l’indennizzo di cui all’art. 21quinquies della legge n. 241/90;

3) che non si era considerata l’erroneità della sentenza assunta da questo Tribunale.

La ricorrente ha, inoltre, chiesto la condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni subiti, sia relativamente al danno emergente (spese sostenute), che al lucro cessante.

Tali doglianze la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 24 maggio 2011.

Il Comune di Manoppello si è costituito in giudizio e con memorie depositate il 21 luglio 2008 ed il 9 maggio 2011 e con memoria di replica del 28 maggio 2011 ha pregiudizialmente eccepito la tardività dell’impugnativa della predetta deliberazione di Giunta e l’improcedibilità del ricorso in ragione del passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato 19 marzo 2009, n. 1620, che ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse all’appello della predetta sentenza n. 8 del 2008 di questo Tribunale; nel merito, ha poi diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.

Alla pubblica udienza del 9 giugno 2011 la causa è stata trattenuta a decisione.
Motivi della decisione

1. – Il ricorso in esame – come sopra esposto – ha per oggetto gli atti assunti dal Comune di Manoppello a seguito dell’annullamento da parte di questo Tribunale (con sentenza 7 gennaio 2008, n. 8), dell’aggiudicazione a favore della ricorrente della gara relativa all’affidamento dei servizi di ingegneria relativi alla realizzazione del nastro stradale a servizio dell’Interporto Val Pescara. Tale annullamento era stato disposto "ai fini del rinnovo della procedura di gara" in ragione dell’illegittimo utilizzo da parte della Commissione di gara del criterio del c.d. "confronto a coppie", con illegittima valutazione, quindi, delle offerte presentate.

Una volta acquisita tale decisione, il Comune con gli atti in questa sede impugnati ha preso atto di tale sentenza ed, invece di rinnovare la gara o di attendere l’esito dell’appello proposto dall’attuale ricorrente, ha preferito avviare una nuova procedura alternativa a quella dell’affidamento dell’incarico esterno, al fine di realizzare tempestivamente il completamento dei lavori e non perdere i relativi finanziamenti; con gli atti in questa sede impugnati, in definitiva, il Comune ha preferito costituire un Gruppo di Lavoro interno all’Amministrazione, formato da dipendenti del Settore tecnico, ed ha affidato a tale gruppo di lavoro l’incarico di procedere alla progettazione delle opere in questione.

Con il ricorso in esame la ricorrente si è lamentata nella sostanza del fatto che l’Amministrazione non avrebbe potuto revocare l’aggiudicazione della gara disposta a suo favore, ma avrebbe dovuto attendere l’esito dell’appello, considerata l’erroneità (a suo dire) della sentenza assunta da questo Tribunale; ha, inoltre, chiesto il risarcimento dei danni subiti per tale illegittima revoca dell’aggiudicazione.

2. – In via pregiudiziale, vanno fatte alcune precisazioni per meglio definire l’oggetto dell’impugnativa e vanno al riguardo meglio qualificati gli atti impugnati, che la ricorrente assumere essere degli atti di revoca dell’aggiudicazione della gara.

Va, invero, al riguardo evidenziato che l’aggiudicazione della gara a favore della ricorrente è stata annullata da questo Tribunale con la predetta sentenza 7 gennaio 2008, n. 8, in ragione dell’illegittimo utilizzo del criterio del c.d. "confronto a coppie"; tale sentenza non è mai stata sospesa ed è oggi passata in giudicato, in quanto l’appello proposto è stato dichiarato improcedibile con sentenza della V sezione del Consiglio di Stato 19 marzo 2009, n. 1620, anch’essa passata in giudicato.

Ora, essendo tale sentenza di annullamento autoesecutiva, l’Amministrazione comunale avrebbe potuto solo prenderne atto ed assumere i provvedimenti conseguenti: avrebbe potuto, cioè, o procedere alla rinnovazione della gara o trovare una diversa soluzione per meglio soddisfare l’interesse pubblico. Non può, in ogni caso, certamente parlarsi di una revoca dell’aggiudicazione della gara, che, in quanto illegittima, era già stata eliminata dal mondo giuridico con la predetta sentenza.

Il Comune di Manoppello, una volta acquisita la sentenza in questione e dopo aver attentamente valutato le predette alternative, ha assunto i seguenti atti, oggi impugnati:

a) con deliberazione della Giunta municipale 26 marzo 2008, n. 51, ha deciso di non procedere ad indire nuova gara o a rinnovare la procedura, ma di far svolgere la progettazione da un Gruppo di Lavoro interno all’Amministrazione costituito da dipendenti del Settore tecnico e ciò al fine di realizzare tempestivamente il completamento dei lavori e non perdere i relativi finanziamenti;

b) con determinazione 23 aprile 2008, n. 46, il Responsabile dell’Ufficio urbanistico del Comune, in dichiarata esecuzione di tale deliberazione, ha revocato la propria determinazione 30 giugno 2007, n. 85/07, di affidamento alla ricorrente dei servizi di ingegneria relativi alla realizzazione del nastro stradale a servizio dell’Interporto Val Pescara (determinazione che, peraltro, come già detto, era già stata annullata da questo Tribunale);

c) con determinazione 23 aprile 2008, n. 47, lo stesso Responsabile ha, quindi, affidato l’incarico di progettazione in questione al Gruppo di Lavoro interno all’Amministrazione costituito da dipendenti del Settore tecnico.

Ora, in relazione a quanto sopra esposto, sembra evidente che l’atto lesivo degli interessi della ricorrente è l’atto deliberativo sopra indicato alla lettera a), in quanto con tale atto il Comune ha deciso nella sostanza di non procedere ad una rinnovazione della gara.

L’atto sopra indicato alla lettera b) è, in realtà, un atto privo di diretta capacità lesiva, in quanto con tale atto il Responsabile dell’Ufficio urbanistico del Comune, ha revocato un proprio atto (la determinazione 30 giugno 2007, n. 85/07, di affidamento alla ricorrente dei servizi di ingegneria in questione), che già era stato annullato da questo Tribunale; mentre l’atto sopra indicato alla lettera c) è un atto di mera esecuzione della predetta deliberazione della Giunta municipale.

3. – Fatte tali precisazioni, può utilmente passarsi all’esame delle censure dedotte, che – va subito precisato – sono tutte prive di pregio. E tale circostanza può dispensare il Collegio dall’esaminare le eccezioni di rito dedotte dall’Amministrazione resistente.

Con i motivi di gravame la ricorrente ha nella sostanza dedotto le seguenti censure:

1) che l’Amministrazione, dopo aver dato comunicazione all’interessata dell’avvio del procedimento, aveva adottato l’atto di revoca dell’aggiudicazione prima ancora di acquisire la memoria presentata dalla società ricorrente;

2) che non sussistevano i presupposti per assumere l’atto di revoca, in quanto con l’adozione dell’atto impugnato non si sarebbe avuto né un risparmio di tempo, né un risparmio economico;

3) che l’Amministrazione avrebbe dovuto attendere l’esito dell’appello proposto ed, in ogni caso, valutare tutti gli interessi coinvolti;

4) che non era stato previsto l’indennizzo di cui all’art. 21quinquies della legge n. 241/90;

5) che non si era considerata l’erroneità della sentenza assunta da questo Tribunale.

Tali censure, come già detto, non sono fondate.

Quanto alla prima, va evidenziato che tale doglianza – come sembra evidente e come è stato espressamente denunciato con il ricorso – attiene all’atto sopra indicato alla lettera b). Tale atto, però, come già detto, costituisce un atto, in realtà, privo di diretta capacità lesiva, in quanto con tale atto si è "revocata" un’aggiudicazione che già era stata annullata dal Giudice amministrativo. Sembra, pertanto, evidente che alcun rilievo possa assumere al fine del soddisfacimento degli interessi della società ricorrente il fatto che sia mancato l’esame da parte del Comune degli atti inviati dall’interessata a seguito della comunicazione dell’avvio del procedimento, dal momento che l’esito del procedimento, in base all’art. 21octies della L. n. 241/90, non avrebbe potuto essere diverso; alcuna utilità, inoltre, potrebbe in ogni caso derivare dal richiesto annullamento di tale atto, che costituisce un atto di mera esecuzione della predetta deliberazione della Giunta municipale.

Quanto alle doglianze sopra indicate a numeri 3 e 5, va evidenziato che la sentenza di annullamento dell’aggiudicazione all’epoca dell’azione degli atti in questione era esecutiva, non essendo stata sospesa dal Giudice di appello, ed è oggi anche passata in giudicato, per cui per un verso l’Amministrazione, in presenza di una pronuncia esecutiva, non avrebbe dovuto attendere l’esito dell’appello della ricorrente e per altro verso non possono oggi più contestarsi le ragioni che avevano indotto questo Tribunale a ritenere illegittime le operazioni di gara.

Quanto, infine, che alla circostanza che non sussistevano i presupposti per assumere l’atto di revoca, dal momento con l’adozione dell’atto impugnato non si vi sarebbe stati risparmi di tempo ed economici, va ricordato che gli atti impugnati (o meglio l’impugnata deliberazione della Giunta municipale), come già detto, non possono essere qualificati come atti di revoca dell’aggiudicazione, ma, in ipotesi, del solo bando di gara, in quanto, in sede di ottemperanza alla predetta sentenza di annullamento – che, per il vizio riscontrato, aveva travolto tutti gli atti di gara – l’Amministrazione, invece di procedere alla rinnovazione della gara, ha deciso utilizzare per la progettazione dell’opera pubblica in questione il proprio personale.

Tale atto di revoca, come è noto, trova la sua disciplina normativa nell’art. 21quinquies della legge sul procedimento amministrativo. In base a tale norma l’Amministrazione "per sopravvenuti motivi di pubblico interesse" o "nel caso di mutamento della situazione di fatto o "di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario", può revocare il provvedimento amministrativo e tale revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta, inoltre, pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’Amministrazione ha, poi, anche l’obbligo di provvedere al loro indennizzo, diversamente parametrato in relazione all’eventuale "conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico".

In base a tale norma – come ha più volte chiarito la giurisprudenza amministrativa (cfr. da ultimo, Cons. St., sez. V, 6 ottobre 2010, n. 7334, e 21 aprile 2010, n. 2244) – tre sono i presupposti che in via alternativa legittimano l’adozione di un provvedimento di revoca da parte dell’Autorità emanante, e cioè o sopravvenuti motivi di pubblico interesse, o il mutamento della situazione di fatto o una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario; segue da ciò che la revoca di un provvedimento amministrativo è ammissibile non solo in base a sopravvenienze, ma anche per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

Il legislatore con la nuova disciplina positiva data all’istituto della revoca introdotta nel 2005 ha, in definitiva, dilatato la preesistente nozione elaborata dall’insegnamento dottrinario e giurisprudenziale, ricomprendendo in essa sia il c.d. jus poenitendi della p.a. di ritirare i provvedimenti ad efficacia durevole sulla base di sopravvenuti motivi di interesse pubblico ovvero di mutamenti della situazione di fatto e sia il potere di rivedere il proprio operato in corso di svolgimento di un rapporto e di modificarlo, perché evidentemente ritenuto affetto da inopportunità, in virtù di una rinnovata diversa valutazione dell’interesse pubblico originario.

Tale potere – è stato ulteriormente precisato – può essere esercitato anche per eliminare degli atti amministrativi della serie di evidenza pubblica, nell’ipotesi, ad esempio, di una diversa scelta organizzativa e gestionale del servizio da far svolgere da privati e tale scelta, ove congruamente motivata, appartiene alla sfera del merito amministrativo e non è sindacabile dal Giudice amministrativo in assenza di profili di sviamento apprezzabili in sede di legittimità (cfr. Cons. St., sez. VI, 6 maggio 2011, n. 2713, e sez. VI, 17 marzo 2010, n. 1554); fermo restando che in tal caso sorge, per effetto della revoca legittima di cui al predetto art. 21quinquies, un diritto all’indennizzo derivante dai principi generali sulla tutela dell’affidamento, affidato alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ciò posto, va osservato che nella specie l’Amministrazione, nell’esercizio della propria autonoma sfera di autotutela e in attuazione dei principi di buon andamento e di imparzialità ha individuato degli specifici motivi di opportunità e di convenienza che giustificavano la mancata indizione di una nuova gara con la presentazione di nuove offerte, motivi individuati nel fatto che la nuova situazione determinatasi a seguito dalla sentenza di annullamento dell’aggiudicazione ad opera di questo Tribunale non giustificava più il ricorso ad una procedura ad evidenza pubblica al fine di realizzare tempestivamente il completamento dei lavori e non perdere i relativi finanziamenti.

Sembra, in definitiva, al Collegio che la scelta dell’Amministrazione comunale di non ricorrere più a soggetti esterni per la progettazione dell’opera pubblica in questione sia adeguatamente giustificata, con valutazione di tutti gli interessi coinvolti, e non sembrano emergere, allo stato degli atti, degli apprezzabili profili di sviamento.

Quanto, infine, alla illegittimità della revoca per non essere stato previsto l’indennizzo di cui all’art. 21quinquies della legge n. 241/90, denunciato con la censura sopra riassunta al n. 4, va ricordato che la mancata previsione dell’indennizzo non rende illegittima la revoca e non vizia ex se il provvedimento di revoca, determinando semplicemente il diritto di chiedere la condanna della P.A. al pagamento dell’indennizzo stesso (così, da ultimo, T.A.R. Campania, sede Napoli, sez. VII, 14 gennaio 2011, n. 158, e T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 12 gennaio 2011, n. 20).

4. – Una volta giunti a tale conclusione ed una volta ritenuti gli atti impugnati immuni dalle doglianze dedotte, occorre esaminare l’ulteriore richiesta contenuta nel ricorso, con la quale la parte istante ha chiesto la condanna del Comune al risarcimento dei danni.

Tale richiesta, ad avviso della Sezione e con riferimento a quanto sopra esposto, deve in realtà intendersi, in base al disposto dell’art. 32 del codice del processo amministrativo, come richiesta di pagamento del predetto indennizzo.

E" noto, infatti, che l’attribuzione dell’indennizzo a favore del soggetto che direttamente subisce il pregiudizio a causa dell’adozione di un provvedimento di revoca, presuppone la legittimità di tale provvedimento (cd. responsabilità della p.a. per atti legittimi), mentre in caso di revoca illegittima subentra eventualmente il diritto al risarcimento del danno.

Inoltre, ai fini del riconoscimento di tale indennizzo è pacifico che non occorre accertare la presenza di colpa nell’apparato amministrativo, posto che tale indennizzo non costituisce un risarcimento del danno per responsabilità contrattuale, precontrattuale o extracontrattuale, ove la colpa del danneggiante (prescindendo dalla rilevanza che nella materia oggi assume quanto deciso dalla Corte giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010, n. 314) è ritenuta comunque essenziale (Cons. St., sez. V, 6 ottobre 2010, n. 7334). Tale indennizzo spettante al soggetto direttamente pregiudicato dall’atto di revoca va, inoltre, circoscritto al danno emergente, come espressamente stabilito nel comma 1bis dall’art. 21quinquies della legge sul procedimento, e nel danno emergente debbono essere ricompresse le spese di partecipazione alla procedura per lesione della pretesa a non essere coinvolto in trattative inutili (Cons. St., sez. V, 6 ottobre 2010, n. 7334).

Nel caso di specie la ricorrente ha dedotto di aver inutilmente speso la somma di Euro 13.000 per partecipare alla gara in questione.

Ritiene il Collegio che tale richiesta, allo stato degli atti, non possa non essere respinta per difetto di prova, in quanto la parte istante si è limitata ad effettuare la predetta generica quantificazione, non corredata da alcuna documentazione o da un’analitica indicazione delle voci di spesa e dei relativi importi.

E per le stesse ragioni deve respingersi la richiesta di condanna del Comune al risarcimento dei danni, ove voglia intendersi che con il ricorso sia stato appunto richiesto risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale a seguito della revoca, in via di autotutela, del bando di gara (Cons. St., sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 780), dal momento che per ogni ipotesi di responsabilità della Pubblica amministrazione per i danni causati per l’illegittimo o mancato esercizio dell’attività amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno, non potendo neanche darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito, né può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato, atteso che essa, a tacer d’altro, non è destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti dalla stessa dedotti e posti a base delle proprie richieste, che devono essere dimostrati alla stregua dei criteri di ripartizione dell’onere della prova posti dagli artt. 63 e 64 del codice del processo amministrativo e dall’art. 2697 del c.c., ma ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche da lui non possedute (così, Cons. St., sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739).

Poiché, infine, la revoca, come sopra esposto, non può ritenersi illegittima in relazione ai vizi dedotti, l’Amministrazione non può ritenersi obbligata a risarcire ad un diverso titolo (per responsabilità extracontrattuale) gli ulteriori danni che la parte ricorrente asserisce di aver subito.

5. – Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere respinto.

Sussistono, tuttavia, in relazione alla complessità della normativa applicabile alla fattispecie e delle questioni interpretative che tale normativa pone, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *