Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-05-2011) 21-06-2011, n. 24842 Violenza sessuale

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persona del Dott. D’AMBROSIO Vito che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con sentenza del 29 aprile 2010, la Corte d’Appello di Catania confermava la pronuncia in data 17 luglio 2008 con la quale il Tribunale di Siracusa aveva condannato T.C. per il reato di cui all’art. 609 quater c.p., concretatosi nel compimento di atti sessuali con la figlia infrasedicenne della sua convivente, con la quale aveva intrattenuto una relazione.

Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso di ricorso deduceva la violazione di legge e rilevava che, sebbene i giudici del merito avessero correttamente tenuto conto della data di commissione del reato, inquadrandola nell’ipotesi di cui all’art. 609 quater c.p. come introdotto dalla L. n. 66 del 1996, doveva ritenersi errata la ritenuta irrilevanza delle modifiche apportate alla menzionata disposizione dalla L. n. 38 del 2006, la quale aveva introdotto la figura del convivente del genitore, anche adottivo, del minore di anni sedici prima non contemplato, con la conseguenza che tale precisa scelta del legislatore doveva essere interpretata nel senso che, prima dell’intervento modificativo, tale soggetto non doveva ritenersi individuato tra i destinatari del precetto.

Con un secondo motivo di ricorso deduceva la carenza di motivazione, non avendo la Corte territoriale fornito risposta alla specifica richiesta di concessione delle attenuanti generiche, essendosi limitata ad affermare la congruità della pena inflitta.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è infondato.

La Corte territoriale, riconoscendo come corretto l’inquadramento della condotta contestata nella fattispecie di cui all’art. 609 quater c.p. prima della modifica attuata dal legislatore nel 2006, ha chiaramente specificato che l’espressione riportata nel capo di imputazione "nel periodo in cui conviveva con la madre" era esclusivamente indicativa del contesto temporale entro il quale si era consumato i reato, senza alcun riferimento al rapporto intercorrente con la madre della minore.

Osservava, inoltre, che l’art. 609 quater operava una sostanziale distinzione tra i soggetti contemplati nel comma 1, n. 2 e, segnatamente, tra l’ascendente, il genitore, anche adottivo ed il tutore e le altre persone alle quali, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con queste, una relazione di convivenza.

Nel primo caso, osservano i giudici del merito, si prescinde dal rapporto effettivo di convivenza, mentre nel secondo caso quest’ultima è richiesta ma non deve ritenersi connotata da stabilità, poichè il legislatore, quando ha ritenuto necessario tale ulteriore requisito, ha fatto ricorso ad espressioni più pregnanti quale quella di "coabitazione" utilizzata nell’art. 61 c.p., n. 11.

Ciò posto, deve osservarsi che le argomentazioni a sostegno della decisione impugnata appaiono corrette.

Invero deve rilevarsi come la disposizione in esame sanzioni il compimento di atti sessuali con persona minore degli anni sedici da parte di soggetti che si trovino con questa in rapporto qualificato.

Come si è avuto modo di osservare (Sez. 3 n. 32513,30 settembre 2002), la disposizione prescinde dalla concreta soggezione della persona offesa, assegnando rilevanza al dato formale della relazione di parentela, di affidamento o di convivenza.

La particolare relazione che intercorre tra il minore degli anni sedici ed i soggetti specificamente indicati dall’art. 609 quater ha, quale conseguenza, una presunzione di vizio del consenso della parte offesa.

E’ dunque evidente che ciò che rileva è la particolarità del rapporto intercorrente tra il minore ed i soggetti individuati dalla norma e l’inserimento, ad opera della menzionata L. n. 38 del 2006, del riferimento al convivente del genitore del minore ha ulteriormente ampliato il novero di tali soggetti, tenendo conto, anche in questo caso, della peculiarità delle relazioni che possono venire instaurarsi anche con la persona che intrattiene un rapporto di convivenza con il genitore del minore infrasedicenne.

Del resto, le modifiche apportate dalla L. n. 38 del 2006 avevano principalmente lo scopo di coordinare il disposto dell’art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2 e quello dell’art. 609 septies c.p., comma 4, n. 2, poichè il Legislatore del 1996 aveva disciplinato le fattispecie di reato proprio previste dal primo dei menzionati articoli senza considerare il convivente del genitore, il quale figurava, invece, nell’art. 609 septiex che, a sua volta, non menzionava, ai fini della procedibilità di ufficio, l’ascendente ed altri soggetti che con il minore abbiano una relazione di convivenza, categorie che, al contrario, erano previste dall’art. 609 quater, comma 1, n. 2.

Tale integrazione della fattispecie prevista dall’articolo in esame considera, dunque, il particolare rapporto fiduciario tra il minore ed il convivente del genitore, equiparandolo a quello del genitore medesimo e degli altri soggetti, quali l’ascendente, il genitore medesimo ed il tutore, legati al minore da un particolare vincolo.

Tale vincolo, inoltre, risulta connotato da una sostanziale stabilità, derivante dalla natura stessa del rapporto tra il minore ed il soggetto adulto mentre, nelle altre ipotesi contemplate dalla disposizione in esame – ivi compresa, pertanto, la convivenza – rileva la condizione di affidamento, anche occasionale e temporanea, del minore.

Va ricordato, a tale proposito, che la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, è unanime nel ritenere che la menzionata condizione di affidamento del minore, richiesta per l’integrazione del delitto di atti sessuali con minorenne che non ha compiuto gli anni sedici ma ha più di anni quattordici, può risultare anche dall’instaurazione di un rapporto occasionale e temporalmente definito (Sez. 3 n. 35809, 6 ottobre 2010; n. 16461, 28 aprile 2010; n. 24803, 16 giugno 2009; n. 21815, 5 giugno 2007).

Date tali premesse, si osserva come, nella fattispecie, la Corte territoriale abbia ritenuto, sulla base di accertamento in fatto incensurabile in questa sede di legittimità, che tale condizione di affidamento della minore si sia verificata in diverse occasioni e, segnatamente, in occasione dei rientri della stessa dal convitto ove risiedeva abitualmente nei periodi di vacanza scolastica e nei fine settimana, presso l’abitazione della madre, nonchè in occasione della fuga con il ricorrente.

Sussistendo pertanto i presupposti per la configurabilità del reato contestato, la sentenza impugnata si palesa sul punto immune da censure.

A conclusioni analoghe deve pervenirsi per quanto attiene al secondo motivo di ricorso.

La Corte territoriale non aveva infatti alcuna ragione di fornire risposta ad una doglianza connotata da estrema genericità quale quella formulata nei motivi di appello con riferimento alle circostanze attenuanti generiche.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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