T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 22-06-2011, n. 542

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 Con atto notificato il 16 marzo 2006 – depositato il 10 aprile 2006 – il ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe citati deducendo: violazione di legge con riferimento al procedimento ex lege n. 241/90 – carenza della motivazione sull’interesse pubblico – errata e falsa applicazione delle norme di legge.

2 Alla pubblica udienza del 21 aprile 2011 il ricorso è stato chiamato ed introdotto per la decisione.
Motivi della decisione

1 Il ricorrente agisce per l’annullamento del diniego del premesso a costruire richiesto in data 2 dicembre 2005, diniego motivatamente ricondotto al parere sfavorevole della commissione edilizia comunale reso nella seduta del 20 dicembre 2005, "… in quanto non è ammessa la ricostruzione in un lotto diverso da quello di sedime del vecchio fabbricato e tantomeno separato da una strada".

2 Per ragioni di carattere logico, va preliminarmente esaminato il secondo motivo con il quale il ricorrente, argomenta: (a) l’assenza di una giustificazione in punto di diritto e di ogni indicazione del pubblico interesse che impedirebbe lo spostamento del fabbricato fatiscente; (b) la violazione della L.R. n. 8 del 17 marzo 2003 che, nel modificare l’articolo 55 della L.R. 22 dicembre 1999, all’articolo 5, ammetterebbe la demolizione e la ricostruzione degli edifici esistenti in zona agricola, la loro delocalizzazione ove ubicati entro le aree di rispetto stradale, la possibilità dell’asservimento di lotti contigui, anche se divisi da strade, fossi o corsi d’acqua, ai fini del raggiungimento del lotto minimo.

2.1 Il motivo è infondato. Dal parere speso a supporto del contestato diniego, emerge che l’iniziativa interessa la ricostruzione su una diversa particella del vecchio manufatto quindi che la stessa implica attività edilizia interessante una diversa area di sedime. Ciò posto, la necessità della costruzione dell’edificio demolito nell’area di sedime originaria integra la nozione di ristrutturazione edilizia che, in quanto "intervento incluso nelle categorie di recupero" (circolare ministeriale 7 agosto 2003, n. 4174/316/26), postula la preesistenza di una costruzione localizzata in un ambito definito. La delocalizzazione e lo spostamento dell’edificio in altra area di sedime esula quindi dalla nozione di ristrutturazione edilizia, ora definita dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 che comunque presuppone l’esistente trasformazione del territorio in forza di singolari parametri edilizi ed attraverso una edificazione di cui si conserva, per effetto della ristrutturazione appunto, la struttura fisica, ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma in tali evenienze con ricostruzione, comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente. Dalle indicazioni di cui sopra derivano quindi le ragioni che sostengono il diniego che, per detto aspetto deve ritenersi immune dalle censure di cui al primo motivo. Ed, infatti, quanto: (a) alla mancata indicazione delle norme che impedirebbero l’iniziativa, va rilevato che il riferimento alla demolizione e ricostruzione in un lotto diverso da quello di attuale insistenza, evoca evidentemente la nozione di ristrutturazione edilizia di cui alla norma prima citata e le sue conseguenze in termini di presupposti del titolo necessario che nel caso non può esser quello richiesto, bensì un permesso a costruire ai sensi dell’articolo 10; (b) alla mancata indicazione dell’interesse pubblico che, la disciplina delle trasformazioni edilizie del territorio si esprime anche con riferimento al rapporto tra iniziative e titoli che, nel caso della ristrutturazione edilizia confina ed in via generale quest’ultima all’insistenza della ricostruzione sulla stessa area di sedime; (c) al richiamo delle norme della L.R. sopra indicata, che lo stesso non risulta pertinente perchè le stesse sono dedicate, non agli interventi edilizi in zona agricola (destinazione dell’area sulla quale insiste il vecchio manufatto da demolire e ricostruire) ma che ricadenti in detta zona, siano posti a servizio dell’agricoltura e su iniziativa degli imprenditori agricoli.

3 Gli esiti di cui sopra comportano la reiezione anche del primo motivo con il quale il ricorrente lamenta l’assenza di contraddittorio preliminare al diniego. Ed, infatti, deve sul punto rilevarsi che, ai sensi dell’articolo 12, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, tra le condizioni che legittimano il rilascio vi è quella della conformità alle previsioni della disciplina urbanistica – edilizia vigente, contrasto nel caso riconducibile alla nozione di ristrutturazione edilizia di cui al già citato articolo 3 del testo unico e che, come detto, impedisce la ricostruzione su area di sedime diversa. D’altro canto l’articolo 12, comma 1, certifica la connotazione vincolata del permesso a costruire, quindi la definizione della relativa istanza alla stregua di parametri ben individuati e prefissati. Soccorre allora in tale caso la disposizione generale di cui all’articolo 21 – octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, a norma della quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata delle relative determinazioni, sia palese che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

4 Il ricorso va quindi respinto. Non si provvede ad alcuna statuizione in esito alle spese di giudizio in ragione della mancata costituzione del comune.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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