Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-05-2011) 21-06-2011, n. 24916 Determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

L., che, riportandosi al ricorso, ne ha chiesto l’accoglimento.
Svolgimento del processo

F.M. e M.E. sono imputati entrambi: A) di concorso in duplice omicidio volontario premeditato, B) di concorso in rapina aggravata, C) di detenzione e porto di arma comune da sparo, D) del delitto previsto dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, (T.U.).

Detti delitti sono stati consumati in data (OMISSIS).

Il solo M. è imputato ancora di altri due episodi di porto e detenzione di armi (capi F e G): M. e F. sono imputati ancora (capo E) dei delitti di cui agli artt. 73 e 74, cit. T.U..

I fatti di cui al capo F) sono del (OMISSIS), quelli del capo G) e del capo E) sono stati commessi tra il (OMISSIS).

Per tali reati,i predetti furono giudicati con rito abbreviato. In primo grado furono condannati per i reati sub C), D), E), F) come rispettivamente ascrittile assolti dagli altri; il giudice di appello, in parziale riforma della prima pronunzia, affermò la responsabilità dei due predetti con riferimento a tutti i reati come loro ascritti, ritenuta la continuazione tra tutti i capi. Calcolata la riduzione conseguente al rito, la prima sezione della Corte di assise di appello di Venezia condannò il M. alla pena di anni 16 di reclusione e il F. alla pena di anni 12 di reclusione.

La prima sezione della Corte di cassazione, con sentenza 9.12.2008, ha annullato senza rinvio la pronunzia di secondo grado, limitatamente alla continuazione – che, come premesso, era stata ritenuta tra tutti i reati, vale a dire tra quelli commessi il (OMISSIS) (capi A, B, C, D) e tutti gli altri – e ha disposto la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di assise di appello di Venezia per nuovo giudizio in ordine alla determinazione delle relative pene.

La Corte di Assise di appello di Venezia, sezione seconda, giudice di rinvio, con la sentenza di cui in epigrafe, in parziale modifica della precedente sentenza, ha così rideterminato il trattamento sanzionatorio. Tenuta ferma la pena già applicata ai due predetti imputati per i delitti di cui ai capi A), B), C), D), vale a dire anni 13 e mesi 4 di reclusione per M. e anni 11 e mesi 4 di reclusione per F., ha inflitto al primo, per i delitti dei capi E), F), G) la pena di anni 10, mesi 6, giorni 20 di reclusione e al secondo, per il delitto del capo E), la pena di anni 4, mesi 10, giorni 20 di reclusione.

Ricorrono per cassazione il competente PG, il difensore del M. e il F. personalmente.

Il primo deduce violazione di legge, atteso nel cumulo delle pene, devesi tener conto della disposizione dell’art. 78 c.p., comma 1 (contenimento entro gli anni 30 di reclusione) e che la riduzione di un terzo, ai sensi dell’art. 442 c.p.p., comma 2 deve essere applicata sulla pena così determinata (non superiore ad anni 30), di talchè la pena complessiva irrogabile a seguito di rito abbreviato non può superare gli anni 20 di reclusione (quando non sia da infliggere l’ergastolo).

Nel caso in esame, la pena inflitta al M. è superiore al massimo consentito (anni 13 e mesi 4 (per A, B, C, D) + anni 10, mesi 6 gg. 20 (per E, F, G) = anni 23, mesi 10, gg. 20.

Il difensore del M. deduce violazione dell’art. 71 c.p., art. 78 c.p., art. 442 c.p.p., comma 2, art. 628 c.p.p., svolgendo argomentazioni analoghe a quelle del PG e censurando il fatto che il giudice di rinvio abbia applicato la diminuzione di un terzo prima della applicazione delle norme sul concorso dei reati e del cumulo delle pene, senza quindi tenere conto della disposizione limitativa del cumulo materiale.

F. deduce erronea applicazione dell’art. 624 c.p.p., per la erronea esclusione della applicabilità della attenuante di cui all’art. 74, comma 7, cit. TU. Il giudice di rinvio ha ritenuto che, nel rideterminare la pena, non potesse valutare la concorrenza di eventuali circostanze attenuanti, non prese in considerazione dal primo giudice di secondo grado. La seconda sezione della Corte di assise di appello ha erroneamente ritenuto che, nel concetto di "qualificazione giuridica" delle condotte, rientrassero anche le circostanze aggravanti, attenuanti e il giudizio di bilanciamento, che, non essendo state incise dal giudizio di annullamento, sarebbero divenute intangibili per il giudice di rinvio. In realtà, il riconoscimento di una attenuante non muta certamente il titolo del reato, ma incide unicamente sulla pena.

Arbitrariamente, poi, il giudice di rinvio sostiene che il giudice della sentenza cassata avrebbe implicitamente escluso per F. la attenuante della colorazione, dal momento che delle attenuanti relative all’art. 74, cit. T.U. la sentenza annullata non si è fatta carico, atteso che il detto delitto è stato preso in considerazione solo ai fini della continuazione con il più grave delitto di cui al capo A). In realtà, in nessuna fase processuale, si è discusso di tale attenuante, atteso che, in primo grado, l’imputato fu assolto e, in secondo grado, come premesso, il delitto ex art. 74, cit. T.U. è stato considerato solo ai fini dell’aumento per continuazione. E’ quindi ovvio che sul punto, in primo grado, non vi sia stata impugnazione da parte dell’imputato.

In realtà, il F. ha dato un rilevantissimo contributo allo sviluppo delle indagini, fornendo notizie e particolari e accompagnando gli inquirenti sui luoghi teatro dei fatti.
Motivi della decisione

La comune censura proposta dal PG e dal difensore del M. è fondata.

Invero, le SS.UU. di questa Corte hanno chiarito (con la sent. n. 45583 del 2007, ric. PG in proc. Volpe e altri, RV 237692) che la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito abbreviato si applica dopo che la pena è stata determinata, in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene stabilite dagli art. 71 ss. c.p., fra le quali vi è anche la disposizione limitativa del cumulo materiale, in forza della quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta.

Conseguentemente, il giudice di rinvio avrebbe dovuto, prima, determinare il cumulo di pena tra i reati del "primo gruppo" (A, B, C, D) e quelli del secondo (E, F, G), quindi, verificare se da detto cumulo risultasse superato il limite di cui al dell’art. 78 c.p., n. 1) provvedendo, in caso positivo, al dovuto adeguamento, infine, operare la riduzione conseguente alla adozione del rito abbreviato.

Nel caso di specie, il massimo cumulo risulta superato.

Conseguentemente la pena calcolata in base al mero criterio aritmetico avrebbe dovuto essere ridotta ad anni 30; quindi, avrebbe dovuto essere applicata la riduzione di 1/3, conseguente alla adozione del rito.

Trattandosi di una semplice operazione di calcolo, essa può essere compiuta anche in sede di legittimità. A tanto provvede direttamente, di conseguenza, questo Collegio, annullando, nel contempo, senza rinvio, la sentenza impugnata, che, si ripete, è relativa alla sola determinazione della pena.

Anche il ricorso del F. è fondato.

E’ noto che il giudice di rinvio, fermo l’obbligo di attenersi alle indicazioni della Corte regolatrice, conserva tutti i poteri del giudice che aveva emesso la sentenza annullata (ASN 19961180-RV 204558).

Ebbene, la sentenza di annullamento pronunziata dalla prima sezione di questa Corte ha disposto (pag. 20) "l’annullamento senza rinvio della impugnata sentenza sul punto relativo al riconoscimento della continuazione, che deve … essere esclusa tra il gruppo dei reati commessi il (OMISSIS) … e tutti gli altri delitti, e la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Venezia per la determinazione delle pene relative ai ridetti residui delitti (capi sub E e seguenti)".

Al proposito, va ricordato che, la determinazione della pena in sede di giudizio di rinvio, non è vincolata dalle valutazioni del giudice della pronuncia cassata, salvo il limite del divieto della reformatio in peius nei casi in cui l’annullamento non concerna la fissazione della pena stessa (ASN 199511653-RV 203387).

Nel caso in esame, come è evidente dallo stralcio sopra riportato, questa Corte di legittimità ha affidato ad altra sezione della Corte di assise di appello di Venezia "la determinazione delle pene" relative ai residui reati (per il F., dunque, solo per il reato sub E, non dovendo egli rispondere dei capo F e G).

E’ allora evidente che "il compito" del secondo giudice di appello era relativo alla sola determinazione del trattamento sanzionatorio.

In tal sensore esatto il rilievo che si legge nella sentenza impugnata, in base al quale la qualificazione giuridica della condotta descritta sub E) si doveva ritenere intangibile.

Il fatto è, tuttavia, che la valutazione della eventuale sussistenza della attenuante di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, comma 7 art. 74 (T.U.) nulla ha a che vedere con la predetta qualificazione.

Trattasi, invero, di disposizione premiale, che attiene alla condotta post delictum del soggetto; trattasi di una circostanza attenuante soggettiva, che certamente non incide sulla struttura del reato, il quale resta, come fatto storico e come fattispecie giuridica, assolutamente invariato.

Ben diverso sarebbe il caso se il nuovo giudice di appello, discostandosi dalla imputazione originaria, avesse deciso, ad es., di applicare il comma 5 dell’art. 74, cit. T.U., che effettivamente viene a incidere sulla qualificazione giuridica del reato, atteso che esso connota diversamente la societas sceleris rispetto a quella di cui agli altri commi del medesimo articolo.

Ne caso in esame, tuttavia, la ipotesi di cui al predetto comma 6 era stata ritenuta ab origine per F. e su di essa la seconda sezione della Corte di assise di appello ha correttamente rideterminato la pena originaria. Non correttamente pero, per quel che si è premesso, ha ritenuto che le fosse inibito valutare, ai fini del trattamento sanzionato, la sussistenza della eventuale condotta collaborativa del F.. La sentenza impugnata va dunque annullata, per quel che riguarda tale ricorrente con rinvio per nuovo esame per la ridefinizione del trattamento sanzionatorio nei confronti del F..

Giudice di rinvio è altra sezione della Corte di assise di appello di Venezia.
P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata senza rinvio nei confronti di M. E., limitatamente al trattamento sanzionatorio, che ridetermina in anni venti di reclusione, e con rinvio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Venezia nei confronti di F. M., limitatamente alla questione relativa alla sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 74, comma 7, cit. T.U..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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