Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-05-2011) 21-06-2011, n. 24839 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 25/3/09, dichiarava N. N.G. responsabile del reato di abuso edilizio e di violazione dei sigilli e riconosciutegli le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 600.00 di multa.

All’imputalo veniva contestato: il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) per avere realizzato in assenza di permesso di costruire, su un edificio preesistente, la parziale tamponatura in muratura di una tettoia della superficie di circa 220 mq., nonchè di tre tettoie sul lastrico solare in ferro con pannelli coibentati, e altre tre tettoie, al piano terra in strutture metalliche (capo A);

la violazione della normativa sulle edificazioni in c.a. in relazione alle opere di cui al precedente capo di imputazione (capo B): il reato di cui all’art. 349 c.p., commi 1 e 2 (capo C): il reato di cui al cit. D.P.R., art. 44, lett. b), per avere realizzato in difetto di titolo abilitativo, al piano terzo dell’edificio, la chiusura in muratura di una preesistente tettoia, della superficie di mq 360 circa. (capo D).

La Corte di Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sull’appello avanzato dall’imputato, in riforma della decisione impugnata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del N. in ordine ai reati ascritti ai capi A) e B) perchè estinti per prescrizione:

ha determinato la pena per i residui reati, capi C) e D), ferma restando la continuazione, in mesi 10 di reclusione ed Euro 400.00 di multa, con conferma nel resto.

Propone ricorso per cassazione la difesa del N., con i seguenti motivi:

– nullità del processo di secondo grado per mancanza di provvedimento sulla richiesta di rinvio della udienza per il legittimo impedimento del difensore a comparire;

– difetto di riscontro ai motivi di appello specificamente libellati in punto di epoca individuazione temporale del completamento delle opere e di efficacia estintiva del reato derivante dalla oblazione;

– il reato di cui al capo D) della imputazione andava dichiarato prescritto:

– vizio di motivazione in ordine al rigetto della richiesta di concessione delle attenuanti generiche, prevalenti sulle aggravanti.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale, sviluppata in sentenza, si rivela logica e corretta.

La censura formulata col primo motivo di impugnazione con cui si eccepisce la nullità del processo di secondo grado per mancata, corretta, costituzione del rapporto processuale, determinata dalla mancanza di provvedimento a riscontro della istanza di rinvio, depositata dal difensore di fiducia in data 4/6/2010 per l’udienza dell’8/6/2010, è del tutto priva di pregio.

Infatti l’art. 486 c.p.p., comma 5 prescrive che il legittimo impedimento del difensore deve essere prontamente comunicato, onde consentire all’ufficio, che lo ritenga giustificato, di predisporre tutti gli adempimenti necessari a evitare ingiusti oneri agli altri soggetti processuali e a consentire la celebrazione in data successiva e prossima del dibattimento rinviato.

Ne consegue che il difensore è obbligato a comunicare l’impedimento non appena esso si verifichi e non in prossimità della celebrazione del processo.

In particolare, allorchè l’impedimento riguardi altro dibattimento, non può il difensore riservarsi di scegliere fino al giorno prefissato, ma deve, appena ricevuta la comunicazione dei due giudizi, effettuare la scelta e darne pronta comunicazione al giudice cui chiede il rinvio (Cass. 16/1/06, n. 1519).

Non può, pertanto, qualificarsi come "prontamente comunicato" un impedimento reso noto non nel momento stesso in cui è stata conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni, ma con due soli giorni di anticipo rispetto alla udienza cui l’impedimento si riferiva (Cass. 21/1/09, n. 2776).

Nella specie la istanza di rinvio è stata presentata quattro giorni prima dalla celebrazione del processo e non nella immediatezza della conoscenza da parte del difensore della udienza fissata per l’altro processo a cui lo stesso avvocato intendeva presenziare.

In dipendenza di ciò la Corte territoriale ha implicitamente rigettato la istanza di rinvio, ritenendola tardiva e non meritevole di accoglimento.

Del pari manifestamente infondato si rivela il secondo motivo di ricorso, in quanto il giudice nel ritenere il non completamento delle opere in questione richiama le emergenze istruttorie (accertamento fotografico; dichiarazioni dell’operante I.C.) dalle quali emerge in maniera inequivoca che le stesse, al momento dell’accesso del 26/1/04, erano tutt’altro che definite, mancando la tamponatura, di talchè e assolutamente fuori luogo parlare di utilizzabilità funzionale del manufatto, all’evidenza ancora allo stato embrionale.

Tale circostanza, ad avviso della Corte territoriale, a giusta ragione, preclude la possibilità di ritenere estinto il reato a fronte del pagamento della oblazione, prevista dalla normativa sul condono edilizio, concedibile per le opere realizzate e completate entro il 31/3/03.

Quanto alla eccepita prescrizione del reato di cui al capo D) della imputazione, correttamente il giudice di merito evidenzia che la edificazione de qua non è mai stata sottoposta a sequestro, per cui la cessazione della permanenza del reato è avvenuta con la sentenza di primo grado (25/3/09), con la conseguenza che il termine prescrizionale non si è ancora maturato.

Sul punto questa Corte ha avuto modo di affermare che il reato di costruzione senza concessione edilizia deve considerarsi permanente, poichè la condotta dell’agente non si esaurisce con l’inizio dei lavori, ma si protrae per tutta la durata di essi.

Infatti, la permanenza cessa con la ultimazione dei lavori, con la sentenza di primo grado o con il provvedimento di sequestro, che sottrae all’imputato la disponibilità di fatto e di diritto dell’immobile.

La detta ultimazione ha luogo quando cessa l’attività illecita, cioè quando vengono portati a termine i lavori di rifinitura, compresi quelli esterni, quali gli intonaci e gli infissi (ex plurimis Cass. 24/10/01 Triassi).

Sull’ultimo motivo di ricorso si rileva che il giudice di merito è pervenuto alla concessione delle attenuanti generiche in giudizio di equivalenza sulla aggravante contestata, a mezzo di una argomentazione esente da vizi, in quanto, ha preso in considerazione la natura delle violazioni edilizie, l’età dell’imputato, le rilevanti spese da esso affrontate nel tentativo di condonare le opere, ritenendo per cui la doglianza formulata dalla difesa del N. sul punto non può trovare ingresso.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186 della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il N. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., deve essere, altresì, condannato, al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00,
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000.00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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