Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-05-2011) 21-06-2011, n. 24833 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ATA Roberta di Roma.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale riforma della decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Roma, con sentenza 12 ottobre 2010, ha ritenuto B. L. responsabile dei reati previsti dagli artt. 81 cpv, 609 bis, ter, quater, 600 quater cod. pen. e, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, lo ha condannato alla pena di anni quattro di reclusione.

Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno ritenuto ben notificata all’imputato la rinnovazione del decreto di fissazione della udienza preliminare e non necessaria una perizia grafologica per accertare il ricevente dell’atto. Indi, la Corte ha reputato affidabile il racconto accusatorio di G., nipote del B., la quale ha riferito dei numerosi atti di natura sessuale che il nonno aveva commesso nei suoi riguardi da quando aveva sette anni fino agli undici; in particolare, la giovane ha ricordato un episodio, più grave degli altri, durante il quale il nonno le aveva fatto visionare una foto pornografica. La Corte ha evidenziato vari sintomi di sincerità della minore a cominciare dalla casualità con cui era emersa notizia di reato (durante una lezione scolastica sulla pedopornografia); inoltre, il padre e la sua convivente confortavano le asserzioni della ragazza che aveva in una occasione cercato di allertarli sul comportamento del nonno senza essere compresa; infine, nella abitazione dello imputato è stato reperito materiale pedopornografico che ha dato origine alla contestazione ex art. 600 quater cod. pen. (non coinvolta nei motivi di ricorso).

I Giudici hanno disatteso (basandosi sulla perizia psicologica sulla minore) le confutazioni della difesa seconda la quale le accuse erano frutto di autosuggestione e amplificazione sensoriale di meri gesti affettuosi o dovute a confabulazione. Le problematiche esistenziali di origine familiare riscontrate dalla psicologa non hanno avuto, secondo i Giudici, influenza sul narrato della parte lesa che è spontaneo, logico, coerente ed accompagnato da segni di sofferenza.

La Corte ha disatteso la richiesta difensiva di concessione della speciale attenuante ex art. 609 bis c.p., u.c. per la gravita dei fatti ed il danno arrecato alla vittima.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione, in particolare, rilevando:

– che era necessaria una perizia grafica per dimostrare che non aveva ricevuto il decreto di fissazione della udienza preliminare;

– che la nipote ricorda, collocandolo nel tempo, un solo episodio per cui non è giustificata la continuazione per il reiterarsi del comportamento illecito dal 1997 al 2001;

– che la conclusione del consulente tecnico e dei Giudici non è correttamente motivata;

– che era concedibile l’attenuante del fatto di minore gravità.

Le censure sono manifestamente infondate per cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma – che la Corte reputa congruo fissare in Euro mille – alla Cassa delle Ammende.

Relativamente alla prima censura, si osserva che la doglianza è del tutto inconferente perchè – come emerge dal testo del provvedimento impugnato – l’imputato ha avuto da altra regolare notifica (diversa da quella che reputa nulla) la conoscenza della data di fissazione della udienza preliminare.

Per quanto concerne il reiterarsi della condotta, non corrisponde al vero che la parte lesa abbia evocato un solo fatto di violenza sessuale perchè ne ha ricordati plurimi avvenuti in un ampio arco temporale; la ragazza ha riferito con abbondanza di dettagli di un episodio che, essendo il più lesivo,l’ha maggiormente turbata.

Tanto premesso, si rileva come la conclusione della Corte territoriale sulla ritenuta affidabilità del racconto accusatorio della parte lesa è sorretta da motivazione congrua, completa, corretta che, in modo esaustivo, confuta anche le censure dell’appellante.

Di questo iter argomentativo, l’imputato non tiene conto nella redazione dei motivi di ricorso che, sotto tale profilo, sono generici perchè non in sintonia con le ragioni giustificatrici del gravato provvedimento.

Inoltre, l’imputato chiede una rinnovata ponderazione del coacervo probatorio, alternativa a quella correttamente operata dalla Corte territoriale, ed introduce problematiche che esulano dai limiti cognitivi del giudizio di legittimità.

Infine, si rileva che la Corte di Appello ha correttamente giustificato il mancato esercizio del suo potere discrezionale sulla concessione della attenuante prevista dall’art. 609 bis c.p., u.c., evidenziando il ragionevole motivo (gravità del danno arrecato alla vittima) per il quale la richiesta difensiva è stata disattesa.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende oltre alla rifusione delle spese del grado in favore delle costituite parti civili che liquida in Euro 2.000,00 (duemila) per ciascuna di esse oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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