Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-11-2011, n. 22698 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

. Gen. Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Pistoia con sentenza n. 688 del 2006 rigettava l’opposizione proposta da S.A. contro l’ordinanza- ingiunzione n. 9116 del 16.01.2004, con la quale la Direzione Provinciale del Lavoro di Pistoia gli aveva intimato il pagamento di complessivi Euro 2.837,50 a titolo di sanzioni relative a violazioni di carattere amministrativo per i rapporti di lavoro con i dipendenti B.A. e C.V..

La Corte di Appello di Firenze, investita con appello dello S., con sentenza n. 113 del 2009 ha confermato la decisione di primo grado, ribadendo, sulla base di elementi di carattere documentale e testimoniate, la sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato di carattere oneroso con gli anzidetti lavoratori e quindi la sussistenza delle infrazioni amministrative indicate nell’opposta ordinanza-ingiunzione.

Lo S. ricorre per cassazione con quattro motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso la Direzione Provinciale del Lavoro di Pistoia.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso lo S. lamenta vizio di motivazione su punti decisivi della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5), con riguardo alla rilevanza delle dichiarazioni dei lavoratori e sul presunto ridimensionamento delle stesse in sede testimoniale.

In particolare vengono contestate le dichiarazioni rese dal teste C. e dal teste M.A., ritenute non idonee a sostenere alcuna presunzione di subordinazione dei lavoratori indicati nell’ordinanza-ingiunzione.

Con il secondo motivo del ricorso il ricorrente deduce vizio di motivazione circa l’omessa valutazione del giudicato intervenuto nel procedimento penale a carico di C.V. e del relativo materiale probatorio, in base al quale lo stesso C. venne dichiarato colpevole del reato ascrittogli, li ricorrente aggiunge che nella sentenza penale si dava atto che il C., "colto sul fatto" nella notte tra il sette e l’otto marzo 2002, da tempo aveva cessato il suo rapporto di lavoro con il Bar Tennis, continuandolo a frequentarlo solo saltuariamente.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. circa la valutazione delle risultanze istruttorie, ed in particolare delle dichiarazioni dei testi C., B. e M.. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro intima connessione, sono infondati.

Il ricorrente invero con le censure avanzate contro la sentenza impugnata si è limitato ad opporre un diverso apprezzamento rispetto alfa valutazione del giudice di appello, che ha verificato le posizioni dei lavoratori in discussione ( B. e C.) attraverso le risultanze documentali, tratte dai verbali ispettivi, e testimoniali ed è giunto alla motivata conclusione della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato degli stessi lavoratori con lo S..

In questo ambito non appaiono decisivi i richiami agli atti penali, di cui il giudice di appello ha tenuto conto, osservando (pag. 4 della sentenza) che i rapporti tra lo S. e il C. cessarono dopo il marzo 2002, a seguito dell’accertamento del furto commesso dai medesimo C., mentre il periodo di riferimento del rapporto di lavoro era da collocare ad epoca antecedente, coincidente con la contestazione della DPL. 2. Con il terzo motivo il ricorrente censura l’impugnata sentenza, deducendo in particolare insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ovvero il conflitto con i giudicato intercorso tra io stesso S. e l’INPS, di cui alla sentenza n. 394 del 2006, con cui il Tribunale di Pistoia ha accolto la domanda ed annullato la cartella esattoriale relativa ai contributi previdenziali per i medesimi periodi.

Il motivo è infondato, giacchè il giudice di appello ha preso in esame il profilo in questione ponendo in rilievo (pag. 5 della sentenza impugnata) che i due giudizi non erano perfettamente coincidenti, richiedendo i fatti in contestazione la prova del compimento uno actu, laddove la contribuzione previdenziale imponeva la dimostrazione della continuità del rapporto per tutto il periodo per cui si pretendeva la contribuzione; il che difettava nell’altra causa.

3. In conclusione il ricorso è infondato e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 30,00, oltre Euro 2000,00 per onorari ed oltre accessori i legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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