Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-05-2011) 21-06-2011, n. 24830 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

e, l’avv. PASSALACQUA Giovanni di Roma (nuova nomina).
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Confermando la decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Cagliari, con sentenza 22 aprile 2010 ha ritenuto P.B. responsabile dei reato di violenza sessuale continuata (fino agosto 2004) ai danni di due sorelle V. (nata nel (OMISSIS)) e D. (nata nel (OMISSIS)) e lo ha condannato alla pena di anni quattro di reclusione. La prima ragazza, infraquattordicenne, aveva riferito che l’imputato, che era amico di famiglia, più volte le aveva toccato le parti intime e proposto rapporti sessuali; D. aveva narrato di avere subito in una unica occasione le attenzioni erotiche del P.. Per giungere alla loro conclusione, i Giudici hanno disatteso la richiesta difensiva di rinnovazione del dibattimento sia perchè le prove non erano nuove, e ben avrebbero essere introdotte nel giudizio di primo grado, sia perchè non decisive (i testi di cui si sollecitava la escussione avrebbero dovuto riferite quanto appreso dall’imputato). Indi, la Corte ha tenuto in considerazione e motivatamente confutata come pretestuosa la prospettazione difensiva dell’appellante il quale sosteneva che le accuse delle ragazze erano il frutto di una ritorsione perchè aveva rifiutato un prestito alla loro madre e D. si era vendicata perchè, invaghitasi di lui, era stata respinta. Proprio per la circostanza che l’appellante aveva accusato di calunnia le persone offese, i Giudici hanno rilevato di non potere attenuare la pena. Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione sulle ritenuta affidabilità delle sua accusatoci e mancata risposta ai motivi di appello sul punto; in particolare, rileva che i Giudici di merito non hanno valutato le divergenze nei vari racconti di V. e l’inverosimiglianza delle sue dichiarazioni in quanto la giovane avrebbe continuato a frequentalo ed a stare sola con lui in luoghi isolati nonostante le pregresse violenze.

Lamenta che i Giudici non abbiano considerato gli intenti estorsivi della famiglia delle ragazze che sono alla base delle denunce.

Le censure sono generiche e manifestamente infondate per cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma – che la Corte reputa equo fissare in Euro mille – alla Cassa delle Ammende.

Le deduzioni ora al vaglio di legittimità, inerenti ad un uso calunnioso della giustizia da parte della vittime, erano già state sottoposte all’esame della Corte di Appello, prese nella dovuta considerazione e disattese con congruo e completo apparato argomentativo; di questa motivazione, il ricorrente non tiene conto nella redazione delle sue censure che, sotto tale profilo, sono prive della necessaria concretezza perchè non in sintonia con la ragioni giustificatrici della impugnata decisione.

Per quanto concerne la ritenuta affidabilità delle parti lese, la motivazione della sentenza è sintetica, ma le argomentazioni contenute nell’atto di appello, all’evidenza inconsistenti, non meritavano una più esaustiva confutazione.

Le residue censure del ricorrente, si risolvono in un richiesta di rinnovata ponderazione delle emergenze probatorie – alternativa a quella correttamente effettuata dai Giudici di merito – ed esulano dai limiti cognitivi di questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende ed alla rifusione delle spese di questo grado in favore della parte civile liquidare in Euro 1.500,00 oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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