T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 22-06-2011, n. 1612

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Riferisce la ricorrente di essersi trasferita nel 1994 presso l’abitazione della sig.ra Ferracci Giovanna, assegnataria dell’immobile E.R.P. di Via Pascarella n. 20, onde prestare alla stessa sostegno morale e materiale e di avere da allora ininterrottamente vissuto in detto appartamento.

In data 28.3.1994 la sig.ra Ferracci ha presentato un’stanza di ampliamento del nucleo familiare, che veniva tuttavia respinta in data 29.11.1994.

Il consiglio di Amministrazione dello IACP, nel 1996, inseriva tuttavia la ricorrente nella "anagrafe utenze"; la stessa otteneva inoltre la residenza anagrafica nel predetto immobile.

Negli anni successivi veniva a mancare la detta sig.ra Ferracci, cosicché la ricorrente, nel frattempo sposatasi, trasferiva l’intero nucleo familiare, comprensivo dei due figli, nel detto appartamento.

Motivi della decisione

Con il presente ricorso la ricorrente ha contestato il provvedimento di rilascio, deducendo in primis la violazione dell’art. 7 della L. n. 241/90.

Il motivo non merita accoglimento.

Il provvedimento impugnato da espressamente atto della partecipazione della ricorrente al procedimento de quo, richiamando le deduzioni prodotte dalla stessa in data 22.6.2001, sebbene non accolte. In ogni caso, può trovare applicazione alla fattispecie quanto disposto nel secondo periodo dell’art. 21 octies della L. n. 241/90, ai termini del quale "il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato". Come emergerà dall’esame dei successivi motivi di ricorso, il provvedimento impugnato ha carattere vincolato, in relazione all’accertata insussistenza dei presupposti necessari ad occupare l’alloggio da parte della ricorrente e del di lei nucleo familiare. Il contributo partecipativo del privato non avrebbe pertanto potuto incidere in alcun modo sull’esito della vicenda.

Con i rimanenti motivi è stato censurato sotto vari aspetti il provvedimento impugnato, nella parte in cui non avrebbe adeguatamente considerato il successivo inserimento della ricorrente nell’Anagrafe Utenza. In particolare, "l’iscrizione" della ricorrente nella detta Anagrafe, avrebbe reso indispensabile una congrua motivazione nel provvedimento impugnato. L’inserimento nell’Anagrafe Utenza avrebbe altresì ingenerato un legittimo affidamento, essendosi implicitamente concretato l’accoglimento della domanda di ampliamento del nucleo familiare a suo tempo presentata, da cui conseguirebbe la dimostrazione del possesso del requisito della stabile convivenza per un triennio.

Le dette censure non possono essere condivise.

A fronte della domanda di ampliamento del nucleo familiare, ritualmente presentata, l’Amministrazione si è espressamente pronunciata, con un provvedimento di reiezione, che non è a suo tempo stato impugnato.

Negli anni successivi l’Amministrazione si è limitata a tacitamente tollerare una situazione di mero fatto, provvedendo, in tale ottica, ad inserire il nominativo della ricorrente, nella cosiddetta "anagrafe utenti".

Quanto precede non poteva tuttavia dar luogo ad alcun affidamento in capo della ricorrente, che non aveva alcuna aspettativa a perpetuare nel tempo gli effetti di una tale situazione dopo l’opposto diniego rimasto inoppugnato.

Il principio di tutela del legittimo affidamento si traduce, infatti, in un limite all’adozione di provvedimenti negativi o sfavorevoli emanati a notevole distanza temporale dal verificarsi della fattispecie legittimante, ovvero in presenza di elementi che rendano razionalmente ammissibile la conservazione di effetti prodotti dai provvedimenti illegittimi, ovvero in presenza di un contegno tenuto dall’Amministrazione che sia idoneo a suscitare infondate aspettative, ovvero ancora in presenza di mutamenti normativi o giurisprudenziali che rendano incerta per il destinatario la validità o l’efficacia di atti emanati dall’Amministrazione (T.A.R. Puglia, Bari, Sez I 9.5.2011 n. 688). Nessuno di questi elementi è, tuttavia, presente nel caso di specie, in cui l’Amministrazione si è limitata a prendere atto della situazione di fatto esistente, inserendo la ricorrente nell’elenco delle persone occupanti gli immobili, in risposta ad un’elementare esigenza "conoscitiva" legata alla gestione del proprio patrimonio pubblico, senza per questo esprimere l’intenzione di conservare tale situazione anche per il futuro.

La stessa giurisprudenza comunitaria riconosce che la tolleranza di irregolarità non fa nascere alcun diritto ad esigere l’adozione degli stessi criteri per irregolarità successive, in base al principio della certezza del diritto o del legittimo affidamento (Corte giustizia CE Sez. II 7.10.2004 C312/02).

Nella fattispecie viene peraltro in evidenza un rapporto di durata, sicché non può parlarsi di un legittimo affidamento alla sua immutabilità (Corte Cost. 5.1.2011 n. 1).

Infine, non ha fondamento il pur suggestivo richiamo all’istituto dell’atto implicito. Neppure nei casi in cui l’Amministrazione constati l’illegittimità di un atto presupposto, ciò non ha necessariamente la natura e gli effetti dell’esercizio implicito dei poteri di autotutela (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V 9.3.2004 n. 2763). Nel caso di specie manca del resto una tale constatazione, essendosi semplicemente in presenza di una presa d’atto della situazione esistente (anagrafe utenza), senza alcuna "constatazione" di illegittimità precedenti (rigetto domanda di ampliamento).

Il ricorso va conclusivamente respinto.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione I definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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