T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 22-06-2011, n. 1605

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato il 31 maggio 2010 e depositato il successivo 1 giugno la ricorrente, dottoressa in biotecnologie, indirizzo biotecnologie mediche, ha impugnato il decreto del Rettore dell’Università di Milano del 4 maggio 2010, con cui è stata esclusa dall’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di biologo, anno 2010, chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.

Tale atto è stato adottato sulla base del rilievo secondo cui la laurea in biotecnologie mediche conseguita, come nel caso di specie, in base all’ordinamento universitario previgente alla riforma culminata nel D.M. n. 509 del 1999, non può essere equiparata, ai fini dell’esame di Stato, alla laurea in scienze biologiche, ovvero al solo titolo idoneo a tale scopo secondo quanto previsto dal d.P.R. n. 980 del 1982.

La ricorrente contesta tale asserzione, rilevando che il d.m. 7 ottobre 2009 ha disposto l’equipollenza del diploma di laurea in" biotecnologieindirizzo biotecnologie mediche" rispetto alla laurea di nuovo ordinamento "biotecnologie mediche", classe 9/S, ai fini dei concorsi pubblici. Posto che l’art. 32 del d.P.R. n. 328 del 2001, a propria volta, sancisce la validità di quest’ultimo titolo ai fini dell’esame di Stato per biologi, dovrebbe seguirne, in via transitiva, l’idoneità in tale ambito della laurea in possesso della ricorrente.

Viene perciò impugnato anche il decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca del 9 luglio 2009, nella parte in cui non dispone siffatta equiparazione e l’ordinanza ministeriale 16 febbraio 2010 di indizione degli esami di abilitazione per il 2010, per le medesime ragioni, nonché talune circolari interpretative, indicate in epigrafe.

Nel costituirsi, l’Amministrazione ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per tardività, con riferimento all’ ordinanza del 16/2/2010, di cui il decreto rettorile costituirebbe mero atto applicativo. Tuttavia, l’art. 7 di tale ordinanza, venendo a disciplinare l’accesso all’esame per i laureati di vecchio corso, si limita a riprodurre la previsione recata dall’art. 1 del d.l. n. 107 del 2002 e successive modificazioni, nonché dall’art. 8 del d.P.R. n. 328 del 2001, secondo cui tali laureati sostengono l’esame secondo l’ordinamento previgente alla riforma. Posto che la ricorrente ritiene che tali previsioni normative, se correttamente interpretate, non ostino alla propria ammissione all’esame, è evidente che il primo atto concretamente lesivo, da cui decorre il termine di impugnazione, non può che essere il decreto di esclusione, in quanto basato su di un’opposta opzione ermeneutica. L’eccezione è, perciò, infondata.

Nel merito, l’Avvocatura dello Stato, con ampia difesa, evidenzia che l’equiparazione dei titoli di studio ai fini dell’abilitazione professionale va specificamente disposta, ai sensi dell’art. 1 della L. n. 182 del 1992, secondo la procedura indicata dalla legge. Nel caso di specie, tale equipollenza non è stata così riconosciuta, mentre quella attribuita ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici, che non è in discussione alla luce del citato D.M. 7 ottobre 2009, non potrebbe venire estesa oltre il campo che le è proprio, e che non concerne l’abilitazione professionale.

In questa prospettiva, l’Avvocatura richiama la sentenza n. 1548 del 2007 della VI Sezione del Consiglio di Stato, con cui è stata decisa fattispecie analoga alla presente: in quell’ occasione, il giudice d’appello ha sottolineato che la previsione normativa, secondo cui i laureati di vecchio corso accedono all’esame di Stato secondo l’ordinamento previgente, consente loro di conseguire l’abilitazione per le sole professioni per le quali essa era già riconosciuta da siffatto ordinamento, e non già per quelle assicurate, a seguito della riforma, alle diverse lauree di nuova istituzione, in base al d.P.R. n. 328 del 2001.

Più recentemente, il Consiglio di Stato ha tuttavia precisato che tale conclusione non può essere tratta, per le ipotesi in cui la laurea di vecchio corso sia stata istituita successivamente all’emanazione del D.M. recante l’indicazione dei titoli di studio necessari all’abilitazione (sentenza n. 237 del 2011 della Sez. VI). Si trattava, in quel caso, di un’ipotesi assolutamente speculare alla presente, posto che la laurea di cui la ricorrente è in possesso è stata istituita con il D.M. 12 marzo 1994, mentre il d.P.R. concernente l’esame di Stato per biologi è il n. 980 del 1982. Ricorrendo tale presupposto, si è ritenuto che l’equipollenza disposta ai fini del concorso pubblico garantisca in sé, salvo prova contraria su cui l’Amministrazione è tenuta a motivare adeguatamente, l’idoneità del titolo nell’ambito dell’esame di Stato.

In effetti l’art. 1, comma 2, della L. n. 182 del 1992 prevede che l’equipollenza tra diplomi di laurea, per sostenere l’esame di abilitazione, sia disposta nel rispetto dell’art. 9 della L. n. 341 del 1990. A propria volta, tale art. 9, al comma 6, governa il procedimento di equipollenza nell’ambito dei concorsi pubblici Se ne può dedurre che i criteri con cui determinare l’equivalenza dei titoli debbano, per espressa previsione normativa, coincidere, salvo che emergano specifiche peculiarità distintive, sulla base del parere che il CUN è tenuto ad esprimere.

Nel caso a giudizio, Il CUN è stato, viceversa, dell’avviso che la laurea di vecchio corso in biotecnologie, indirizzo biotecnologie mediche, potesse equipararsi alla nuova laurea in biotecnologie mediche di classe 9/S (che consente l’accesso all’esame per biologi) non solo nell’ambito delle procedure concorsuali pubbliche, ma anche "ai fini dell’ammissione agli Esami di Stato per le professioni regolamentate" (doc. 5 parte ricorrente, parere del 23 aprile 2009).

Nel contempo, a seguito dell’art. 2 della L. n. 13 del 1991, anche la forma dell’atto declaratorio dell’equipollenza ai fini del concorso pubblico (in origine, un d.P.R.) è venuta a coincidere con quella dell’atto richiesto per l’equivalenza ai fini dell’esame di Stato.

Stanti tali premesse, e ribadito che l’esercizio della potestà tecnicoamministrativa di declaratoria dell’equipollenza è segnato, in forza della legge, dalla necessità di applicare i medesimi criteri, e dunque tendenzialmente di giungere alle medesime conclusioni, quanto all’equivalenza dei titoli con riferimento all’esame di Stato ed al concorso pubblico, se ne può concludere che nel caso di specie, alla luce del parere del CUN, l’equipollenza dichiarata dal D.M. 7 ottobre 2009 nell’ambito del concorso pubblico possa essere utilmente spesa anche in seno alle procedure abilitative di Stato.

A ciò non ostano l’art. 1 del d.l. n. 107 del 2002 e successive modificazioni, e l’art. 8 del d.P.R. n. 328 del 2001, che fungono da clausole di salvezza a vantaggio dei laureati di vecchio corso, garantendo il medesimo accesso alla professione che era loro riservato anteriormente alla riforma universitaria, ma certamente non precludono l’allargamento per altra via delle procedure di abilitazione, a seguito di sviluppi ordinamentali. La stessa sent. n. 1548 del 2007 del Consiglio di Stato non poteva, su questo piano, considerare l’equiparazione delle lauree a fini concorsuali, e conseguentemente abilitativi, posto che essa è stata decisa solo nel 2009.

Conseguentemente, il solo atto viziato, tra quelli impugnati, che merita di essere annullato è il decreto del Rettore, che ha disposto l’esclusione della ricorrente dall’esame di abilitazione alla professione di biologo per l’anno 2010.

Resta salvo, perciò, l’esito positivo dell’esame di Stato sostenuto dalla ricorrente, in forza di ordinanza cautelare di questo Tribunale.

Le spese, alla luce delle questioni trattate e della sopravvenienza della sent. n. 237 del 2011 del Consiglio di Stato, vanno integralmente compensate

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, annulla il decreto 4 maggio 2010 del Rettore dell’Università degli Studi di Milano.

Compensa le spese tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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