Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-11-2011, n. 22835 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- La Corte d’appello di Napoli – adita da parte ricorrente al fine di conseguire l’equa riparazione per la lamentata irragionevole durata di un processo promosso in data 11.9.2000 dinanzi al TAR Campania e definito con sentenza del 23.5.2008 – con il decreto impugnato ha rigettato la domanda proposta nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze evidenziando che la mancata presentazione dell’istanza di prelievo costituiva circostanza di "chiaro valore sintomatico" dell’assenza di plausibili attese e, quindi, dello stato di disagio conseguente alla pendenza del processo, dovendosi ritenere che la parte fosse consapevole dell’infondatezza della propria pretesa, non potendosi riconoscere alcun compenso per lavoro straordinario del pubblico dipendente in mancanza di formale autorizzazione della P.A..

Contro il decreto parte attrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a 6 motivi con i quali denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e vizio di motivazione, lamentando che sia stata esclusa la sofferenza psicologica per l’eccessiva durata del giudizio stante la consapevolezza della sostanziale infondatezza della pretesa azionata, desunta anche dall’inerzia processuale di parte ricorrente per la mancata presentazione dell’istanza di prelievo.

L’Amministrazione intimata resiste con controricorso.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in Camera di consiglio.

2.- A conclusione dei sei motivi di ricorso parte ricorrente ha formulato i seguenti quesiti:

a) "la prova del danno è in re ipsa ovvero la prova della mancanza del danno deve essere fornita da parte resistente, ovvero manca ogni elemento che escluda la prova del danno";

b) "la Corte ha omesso di motivare in maniera logica e convincente perchè va esclusa l’esistenza del danno e il diritto all’equa riparazione";

c) "la mancata presentazione di istanza di prelievo ha rilievo solo ai fini della quantificazione dell’equo indennizzo e non sul quantum ed in maniera particolare costituisce elemento di maggiore responsabilità del Governo italiano, elemento di valutazione ai fini della determinazione dell’equo indennizzo in misura minore dei canoni standard (Euro 1.000,00-1.500,00)?";

d) "sussiste la prova che il ricorrente era cosciente della soccombenza e pertanto sussiste il danno non patrimoniale e conseguentemente il diritto all’equo indennizzo?";

e) "la Corte ha omesso di motivare le ragioni per le quali andava derogato il principio secondo cui manca la prova del danno in quanto il ricorrente era cosciente che la pretesa era infondata, di tal che non ha subito stress; ciò con particolare riferimento al fatto che non si giustifica come il ricorrente era a conoscenza che avrebbe perduto la causa";

f) "il comportamento del ricorrente al di fuori del processo innanzi al TAR Campania (presupposto a quello di equa riparazione) non è rilevante ai fini della determinazione o meno della sussistenza del danno non patrimoniale". 3.- Il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale "in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, costituendo l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni coinvolte nel processo, ad eccezione del caso in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2, e dunque in difetto di una condizione soggettiva di incertezza. Dell’esistenza di queste situazioni, costituenti abuso del processo, deve dare prova puntuale l’Amministrazione, non essendo sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda della parte – nella specie di richiesta di riconoscimento di un trattamento pensionistico – sia stata dichiarata manifestamente infondata" (Sez. 1, Sentenza n. 9938 del 26/04/2010).

D’altra parte In tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa. La previsione di strumenti sollecitatori, infatti, non sospende nè differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli stessi, nè implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilità per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell’apprezzamento della entità del lamentato pregiudizio. (Sez. un., 28507 del 2005).

Il provvedimento impugnato deve essere cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti nel merito, stante la complessiva durata del processo presupposto di circa 7 anni e 8 mesi, la Corte deve liquidare a titolo di indennizzo, per il ritardo di 4 anni e 8 mesi, rispetto alla durata ragionevole di tre anni per un grado di giudizio, la somma di Euro 3.810,00, in applicazione della più recente giurisprudenza di questa Sezione.

Le spese processuali – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 3.810,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 378,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario;

e per il giudizio di legittimità in Euro 595,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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