T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 22-06-2011, n. 1627

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente contesta con l’inscritto ricorso la quantificazione degli oneri richiesti dal Comune di Milano, per un intervento edilizio effettuato su un immobile in Via Sant’Ugozzone 5.

La complessa vicenda, già oggetto del giudizio n. 3746/2003, definito con sentenza n. 93/2009, può essere così riassunta:

il Comune di Milano rilasciava in data 26.8.99, alla società Corem (società poi fusasi con la Soc. I Giardini delle Pleiadi Spa, odierna controinteressata non costituita in giudizio), una concessione edilizia per un intervento di ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso, nell’immobile sopra indicato, quantificando gli oneri in Lire 2.024.397.882.

Le prime tre rate degli oneri venivano versate dalla società Corem.

La società ricorrente acquistava nel corso del 2000 l’immobile e chiedeva la volturazione del titolo edilizio, contestando la qualificazione dell’intervento, ritenendo che si trattasse di un risanamento conservativo e non di una ristrutturazione.

Nel corso degli anni la società S. presentava una serie di d.i.a. in variante e contestualmente impugnava tutti gli atti con cui il Comune aveva respinto le domande di restituzione delle somme versate, sempre sull’assunto che l’intervento non potesse essere qualificato come ristrutturazione.

Il ricorso avverso il calcolo del contributo e i quattro motivi aggiunti avverso i successivi atti di rideterminazione degli oneri, è stato definito con sentenza di questa Sezione n. 93/2009.

Per quanto qui rileva, va sin da ora evidenziato che nella sentenza l’intervento è stato ritenuto una ristrutturazione, in quanto "muta completamente la struttura dell’edificato, sostituendo ad un edificio adibito a destinazione direzionale – commerciale un fabbricato adibito prevalentemente a residenza".

E’ stata però accolta la domanda subordinata di restituzione delle somme, in quanto "una volta quantificato l’intervento in esame come ristrutturazione, gli oneri concessori vanno calcolati facendo riferimento non alla destinazione d’uso pregressa, ma alla destinazione d’uso risultante dalla ristrutturazione".

A seguito della decisione di questa Sezione, il Comune ha quantificato, con atto del 3.12.2008 prot. 953548 in Euro 29.362,65 l’importo da restituire alla Società ricorrente, in ordine al contributo concessorio relativo alla concessione edilizia n. 1079/1999.

Avverso detto atto, parte ricorrente ha proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato, articolando le seguenti censure:

1) sulla qualificazione dell’intervento come ristrutturazione edilizia: eccesso di potere sotto il profilo dell’errore di fattotecnico, difetto di istruttoria e di motivazione: l’intervento corrisponde alla nozione di restauro e risanamento conservativo di cui all’art 31 let. C) L.457/78;

2) sugli importi dovuti all’Amministrazione Comunale: eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, contraddittorietà interna del provvedimento, illogicità, violazione art. 1175 c.c. e dell’art 28 L.689/1981 (ai fini della prescrizione del diritto a riscuotere le somme): il Comune ha preso come base di calcolo la somma errata e non ha considerato la prescrizione;

3) sugli interessi riconosciuti alla società ricorrente: eccesso di potere sotto il profilo dell’errore di fatto; difetto di istruttoria e di motivazione, violazione dell’art 2033 c.c.: la base di calcolo degli interessi è errata e gli interessi sono stati riconosciuti solo dalla domanda di restituzione del contributo e non dalle singole rate;

4) sugli importi corrisposti dall’operatore per l’intervento: eccesso di potere sotto il profilo dell’errore di fatto; difetto di istruttoria e di motivazione: l’importo versato dalla società è maggiore rispetto a quello indicato nel provvedimento;

5) sulla pretesa necessità di una liberatoria da parte dell’avente causa: eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria e di motivazione,

L’Amministrazione notificava atto di opposizione ex art. 10 DPR 1199/1971 e il ricorso veniva quindi rubricato avanti questo Tribunale al n. 1308/2009.

Con motivi aggiunti depositati in data 30 giugno 2009 la società ricorrente impugnava il provvedimento PG 408545/2009 del 27.5.2009, avente ad oggetto "ordine di introito per conguaglio costo di costruzione e applicazione sanzioni ai sensi dell’art 3 L.47/85 per gli interventi edilizi realizzati in Via S. Uguzzone 5", con cui viene altresì ordinato alla Società di corrispondere al Comune di Milano la somma di Euro 465.893,57, entro il 15.7.2009, pena l’applicazione delle sanzioni previste dall’art 42 DPR 380/2001, articolando i seguenti motivi:

1) sulla qualificazione dell’intervento come ristrutturazione edilizia: eccesso di potere sotto il profilo dell’errore di fattotecnico, difetto di istruttoria e di motivazione: l’intervento corrisponde alla nozione di restauro e risanamento conservativo di cui all’art 31 let. C) L.457/78;

2) sulle sanzioni e sugli interessi: prescrizione del diritto di riscossione: violazione art 3 L.47/85 e art 42 DPR 380/2001 in relazione all’art 28 L.689/1981; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione: il diritto dell’Amministrazione alla riscossione è prescritto;

3) sulle sanzioni e sugli interessi: il credito risultava garantito da apposita fidejussione, non escussa: violazione art 3 L. 47/85 e 42 DPR 380/2001 in relazione agli artt. 1175 e 1227 C.C., eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria: il Comune non ha mai ritenuto di escutere la polizza di cui era in possesso;

4) ancora sulle sanzioni e interessi: erroneità della loro quantificazione: eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà; difetto di istruttoria e di motivazione: l’Amministrazione, pur riconoscendo l’erroneità dell’importo indicato nella concessione edilizia sul costo di costruzione, ha poi applicato la sanzione sulla somma errata e non su quella rideterminata;

5) sulle varianti: eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione: nel provvedimento si fa riferimento ad una serie di DIA in variante, senza tuttavia indicare l’iter dell’Amministrazione nella determinazione degli importi calcolati sulle varianti.

Con ordinanza n. 936 del 24 luglio 2009 la domanda cautelare veniva respinta.

In sede di appello, in riforma dell’ordinanza, la domanda cautelare veniva accolta, in considerazione del profilo del danno dedotto dall’appellante.

Alla pubblica udienza del 7 aprile 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione dal Collegio.

Motivi della decisione

1) Come emerge dalla ricostruzione in fatto, il ricorso e i motivi aggiunti vertono sulla quantificazione degli oneri per un intervento effettuato sull’immobile di proprietà della società ricorrente.

Il ricorso principale e i motivi aggiunti presentano censure uguali, che possono essere esaminate congiuntamente, dal momento che gli atti impugnati riguardano il medesimo procedimento, con la sola differenza che con l’atto del 2008 l’Amministrazione ha quantificato l’importo da restituire per il contributo concessorio, mentre con quello impugnato con i motivi aggiunti, ha chiesto il pagamento della somma dovuta, e le relative sanzioni, a titolo di conguaglio del costo di costruzione.

2) Il primo motivo del ricorso principale e dei motivi aggiunti ripropone la questione della qualificazione dell’intervento edilizio, sostenendone la natura di semplice restaurorisanamento, non oneroso.

Il motivo è infondato.

Sul punto è sufficiente richiamare la sentenza 93/09 nella parte in cui ha ritenuto la qualificazione dell’intervento effettuata dall’Amministrazione "corretta, dal momento che il restauro e risanamento conservativo presuppone la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie (Tar Lombardia, Milano, sez. II, 14 maggio 2007, n. 3070), cosa che nel caso di specie fa difetto, in quanto l’intervento effettuato dalla ricorrente muta completamente la struttura dell’edificato sostituendo ad un edificio adibito a destinazione direzionalecommerciale un fabbricato adibito prevalentemente a residenza (per la precisione, il Comune ha riscontrato che la superficie attuale dell’immobile è ripartita in mq 5.315,51 di residenza, mq 1.472,61 di uffici, mq 517,57 di laboratori)".

Da tale qualificazione discende quindi l’onerosità dell’intervento.

3) Nella seconda censura del ricorso, riproposta nel motivo n. IV) dei motivi aggiunti, parte ricorrente lamenta che il Comune, dopo aver riconosciuto la non correttezza dell’importo indicato nella concessione edilizia 1079/99 sul costo di costruzione, provvedendo a rideterminarlo, (passando così da Lire 687.063,691 a Lire 186.473,83), ha però calcolato le sanzioni non sull’importo rivisto, ma su quello errato.

Questo motivo è fondato, in quanto le sanzioni, contrariamente a quanto affermato dalla difesa comunale, non possono essere applicate "ai valori economici" determinati alla data del presunto ritardo, ma alle somme che devono essere versate per l’intervento effettuato.

E stante la natura accessoria della sanzione, la base di calcolo deve essere quella delle somme dovute, con la conseguenza che, se detta somma viene rideterminata, anche la sanzione deve essere rideterminata.

4) Sono invece infondate le censure in cui si eccepisce la prescrizione del diritto alla riscossione, essendo decorso il termine quinquennale di cui all’art 28 L. 47/85, nonché quelle in cui si afferma l’inapplicabilità delle sanzioni per i ritardi, essendo il credito garantito da una polizza fideiussoria, censure articolate nel secondo motivo del ricorso e nei motivi aggiunti, ai nn. 2 e 3.

4.1 Quanto al profilo della prescrizione sostiene la società ricorrente che l’ultimo pagamento è stato effettuato in data 12.2.2003 e quindi il termine di prescrizione per la riscossione della sanzione sarebbe decorso, dal momento che l’art 28 L. 689/81 stabilisce che il diritto a riscuotere le somme dovute per violazione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione.

Detto termine si applicherebbe anche alle sanzioni pecuniarie conseguenti al ritardato pagamento dei contributi di concessione edilizia.

Il motivo non ha pregio, non solo per l’efficacia interruttiva da riconoscersi alle comunicazioni del Comune in data 8.4.2005 e 5.5.2006, ma soprattutto in quanto la prescrizione del credito relativo al costo di costruzione decorre dal 60 giorno successivo a quello in cui l’opera è stata ultimata.

E medesima decorrenza devono avere le sanzioni, stante la natura accessoria.

4.2 Anche l’ulteriore profilo di illegittimità, fatto valere nel terzo motivo, in cui si lamenta la mancata escussione della fidejussione, presentata il 14.7.1999, non ha pregio.

Sul punto si richiama l’orientamento di questa sezione, secondo cui l’Amministrazione non ha l’obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di escutere la fideiussione, evitando in tal modo di applicare la sanzione. Infatti la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l’adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell’interesse dell’amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore (ex multis T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 21 luglio 2009, n. 4405).

5) Nel terzo motivo del ricorso principale si contesta il calcolo degli interessi, in quanto sarebbero stati riconosciuti alla società ricorrente solo dalla domanda di restituzione del contributo concessorio presentata in data 24.6.2003 e non dalle date dei singoli pagamenti.

L’operato dell’Amministrazione è corretto, dal momento che sulle somme indebitamente riscosse dal Comune spettano gli interessi legali dalla data della domanda, dovendosi presumere la buona fede dell’amministrazione percipiente e trattandosi di pagamento di indebito oggettivo, il quale genera la sola obbligazione di restituzione con gli interessi a norma dell’art. 2033 c.c.

5) Nel quarto motivo del ricorso parte ricorrente rileva l’errore del provvedimento nella parte in cui indica in Euro 858.210,75 l’importo versato dalla società, in quanto la esatta somma versata sarebbe di Euro 871.963, 61.

Il rilievo è fondato: si tratta di un mero errore di calcolo, in quanto gli addendi sono stati indicati correttamente.

6) Con il quinto motivo del ricorso l’esponente contesta il provvedimento nella parte in cui la restituzione delle somme viene subordinata alla dichiarazione liberatoria sottoscritta dalla società Corem, che ha effettuato parte dei versamenti.

Il motivo è fondato, atteso che nella sentenza 93/09 questa Sezione aveva già ritenuto che la voltura del titolo edilizio a favore della Società ricorrente avesse comportato il passaggio non solo dello ius aedificandi, ma del complesso dei diritti e degli obblighi che derivano dalla concessione.

Per tale ragione la richiesta di una liberatoria da parte della società Corem è illegittima e il provvedimento va annullato limitatamente alla parte in cui viene inserita detta clausolacondizione.

7) Da ultimo la censura di cui al punto n. 5) del motivi aggiunti, relativa al difetto di motivazione, va respinta: ogni procedura amministrativa volta alla liquidazione ed al pagamento di oneri edilizi in senso lato attiene ad attività non autoritativa e si fonda sull’applicazione automatica di regole di calcolo previste da fonte normativa, senza alcun contenuto di discrezionalità per l’amministrazione; pertanto non è necessaria una specifica motivazione, dal momento che i conteggi sono la risultante di un’operazione di calcolo matematico, effettuata sulla base di taluni parametri fissati da norme legislative e sub- legislative (T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 01 dicembre 2009, n. 2382; T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 06 luglio 2010, n. 351).

8) In conclusione il ricorso e i motivi aggiunti vanno accolti nella parte in cui si rileva l’erroneità della somma posta a base di calcolo delle sanzioni e degli interessi, nonché l’erroneità della cifra risultante dalla addizione dei versamenti effettuati; va altresì accolto il motivo n. 5), con conseguente annullamento del provvedimento nella parte in cui pone la condizione per la restituzione delle somme.

Per il resto, sia il ricorso principale sia i motivi aggiunti, vanno respinti.

Stante la reciproca soccombenza, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie in parte nei limiti di cui in motivazione, li respinge per il resto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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