Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-11-2011, n. 22830 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con il decreto impugnato la Corte d’appello – adita da parte ricorrente allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio pendente innanzi al TAR Campania dal 23 novembre 2000 – fissata la ragionevole durata del giudizio in anni tre, ritenuto violato il relativo termine per anni 4 e mesi 2, ha liquidato, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale la somma di Euro 3.350,00, oltre interessi legali, condannando l’Amministrazione convenuta alle spese del giudizio, compensate per la metà (Euro 1.940,00 per l’intero).

Per la cassazione di questo decreto parte attrice ha proposto ricorso, affidato a 7 motivi.

Resiste con controricorso l’Amministrazione intimata.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.

2.- Con i motivi di ricorso parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge ( L. n. 89 del 2001 e Convenzione Europea per i diritti dell’uomo, come interpretata dalla Corte Europea) e relativo vizio di motivazione, lamentando, in estrema sintesi, che la Corte di appello:

a) non ha ritenuto direttamente applicabile la C.E.D.U., sia erroneamente applicando la normativa italiana in contrasto con la C.E.D.U., dimenticando che la L. n. 89 del 2001 costituisce diretta applicazione della C.E.D.U. – specie art. 6 -, sia disattendendo la Giurisprudenza Europea e l’interpretazione, i parametri dalla stessa enunciati e la relativa elaborazione ermeneutica;

b) non si è attenuta ai parametri minimi sanciti dalla giurisprudenza di Strasburgo in tema di quantificazione dell’equo indennizzo che non può essere inferiore a Euro 1.000,00 – 1.500,00;

c) non ha tenuto conto che, una volta accertata la irragionevole durata, deve essere riconosciuto l’equo indennizzo per tutta la durata del processo e non il solo periodo eccedente la ragionevole durata;

d) non ha tenuto conto del bonus dovuto in ipotesi di cause in materia di lavoro;

e) ha erroneamente valutato la posta in gioco;

f) ha erroneamente compensato parzialmente le spese del giudizio;

3.- Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile perchè il ricorrente ha depositato una copia incompleta del provvedimento impugnato, in quanto mancante della pag.

4.

Va ricordato, invero, che ai fini del rispetto della condizione di procedibilità del ricorso per cassazione, prevista dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, è necessario il deposito, nel termine perentorio dì venti giorni dall’ultima notificazione dell’atto, di una copia autentica della sentenza impugnata, contenente tutte le pagine che consentano di comprendere l’oggetto della controversia e le ragioni poste a fondamento della decisione, nonchè di valutare la fondatezza o meno dei motivi di censura (Sez. U, Sentenza n. 14110 del 20/06/2006).

La copia completa depositata, per contro, non consente di comprendere le ragioni della decisione.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 600,00 oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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