Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-11-2011, n. 22829 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con il decreto impugnato la Corte d’appello – adita da parte ricorrente allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio pendente innanzi al TAR Campania dal 1.1.1996 – fissata la ragionevole durata del giudizio in anni tre, ritenuto violato il relativo termine per anni 7 circa, ha liquidato, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale la somma di Euro 5.600,00, oltre interessi legali, condannando l’Amministrazione convenuta alle spese del giudizio (Euro 656,00, di cui Euro 101,00 per diritti).

Per la cassazione di questo decreto parte attrice ha proposto ricorso, affidato a 14 motivi; non ha svolto attività difensiva l’Amministrazione intimata.

1.1,- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.

2.- Con i motivi di ricorso parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge ( L. n. 89 del 2001 e Convenzione Europea per i diritti dell’uomo, come interpretata dalla Corte Europea) e relativo vizio di motivazione, lamentando, in estrema sintesi, che la Corte di appello:

a) non ha ritenuto direttamente applicabile la C.E.D.U., sia erroneamente applicando la normativa italiana in contrasto con la C.E.D.U., dimenticando che la L. n. 89 del 2001 costituisce diretta applicazione della C.E.D.U. – specie art. 6 -, sia disattendendo la Giurisprudenza Europea e l’interpretazione, i parametri dalla stessa enunciati e la relativa elaborazione ermeneutica;

b) non si è attenuta ai parametri minimi sanciti dalla giurisprudenza di Strasburgo in tema di quantificazione dell’equo indennizzo che non può essere inferiore a Euro 1 .000,00 – 1.500,00;

c) non ha tenuto conto del bonus dovuto in ipotesi di cause in materia di lavoro;

d) ha erroneamente valutato la posta in gioco;

e) non ha tenuto conto in sede di liquidazione delle spese dei parametri Europei ai quali doveva adeguarsi;

f) non ha motivato la liquidazione delle spese;

g) ha erroneamente applicato la tariffa professionale, richiamando le voci relative ai procedimenti speciali anzichè quelle relative al processo contenzioso.

3.- Osserva la Corte che il ricorso è fondato nei limiti infrascritti. al) è escluso che le norme disciplinatrici della fattispecie consentano di riconoscere una somma ulteriore arbitrariamente indicata in una data entità, svincolata da qualsiasi parametro e asseritaraente dovuta in considerazione dell’oggetto della controversia (Sez. 1, Sentenza n. 9411 del 21/04/2006); talchè è infondata la censura relativa al cd. bonus. a2) la somma liquidata si discosta irragionevolmente da quella (Euro 6.250,00) che questa Corte liquida ex art. 384 c.p.c. in casi analoghi per giudizi amministrativi ultradecennali in applicazione della più recente giurisprudenza di questa Sezione e dei criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo del 2010 sui ricorsi MARTINETTI ET CAVAZZUTI c. ITALIE e GHIROTTI ET RENASSI c. ITALIE per i giudizi contabili e amministrativi e, in particolare, del principio enunciato da Sez. 1, Sentenza n. 13019 del 2010, secondo cui "deve ritenersi congrua, anche in base a quanto afferma la Corte d’appello in ordine alla esiguità della posta in gioco per l’esiguità del trattamento pensionistico chiesto e denegato dalla Corte dei Conti, la riparazione per la somma indicata di meno di Euro 500,00 annui, anche maggiore di quella recentemente determinata dalla C.E.D.U. per il danno non patrimoniale di un processo amministrativo italiano" (Sez. 2A, 16 marzo 2010, Volta et autres c. Italie, Ric. 43674/02). Talchè – ritenuta assorbita la censura relativa alle spese processuali – il decreto impugnato deve essere cassato e la causa decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, mediante la liquidazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale nella misura innanzi indicata.

Le spese di legittimità vanno compensate per 1/2, sussistendo giusti motivi, stante il limitato e parziale accoglimento del ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato limitatamente al capo concernente le spese e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione intimata a pagare in favore di parte ricorrente la somma di Euro 6.250,00 a titolo di indennizzo, oltre interessi dalla domanda e le spese della fase di merito che liquida in Euro 600,00 per diritti, Euro 490,00 per onorario e Euro 50 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge, nonchè le spese del presente grado nella misura di 1/2 (compensata la residua parte), che liquida per l’intero in complessivi Euro 965,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge, con attribuzione al difensore antistatario.

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