Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 04-05-2011) 21-06-2011, n. 24812 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale riforma della decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Milano, con sentenza 18 novembre 2009, ha ritenuto V. L. responsabile del reato di violenza sessuale continuata ai danni di V. (minore degli anni dieci e figlia della sua compagna).

In sunto, entrambi i Giudici di merito hanno ritenuto attendibile e plausibile il racconto accusatorio della giovane vittima la quale aveva riferito che l’imputato, con il pretesto del "gioco delle penitenze", le toccava le parti intime.

La bambina (la cui maturità e capacità a testimoniare è stata valutata da uno psicologo) è stata reputata credibile per la genesi della notizia di reato in quanto spontaneamente e senza sollecitazione da parte di adulti aveva raccontato delle attenzioni dell’imputato alla madre affidataria; la narrazione è stata ripetuta, priva di varianti, anche nello incidente probatorio nel quale la giovane non ha dimostrato animosità nei confronti dell’imputato (e la circostanza escludeva ogni intento calunnioso);

del resto, lo stesso V. ha ammesso il gioco riferito da V. pur negando ogni intento sessuale. I Giudici hanno escluso che la madre affidataria avesse influito sui ricordi della minore ed hanno disatteso le critiche difensive sulla conduzione dello incidente probatorio evidenziando come la Carta di Noto (della cui mancata applicazione si doleva l’appellante) non avesse un valore normativo.

La Corte ha ritenuto poco attendibile la testimonianza della nonna della minore e non concedibile l’attenuante del fatto di minore gravità.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge.

Gran parte dell’atto di impugnazione è dedicato ai metodi corretti con i quali debbono essere escussi i minore ed alla loro vulnerabilità; questa premessa ha come scopo la conclusione che l’incidente probatorio è stato condotto senza il rispetto delle procedure per l’adeguato ascolto dei minori, ma con domande suggestive ed intrusive che hanno condizionato V.; la bambina è stata sentita nove volte dallo psicologo prima dell’incidente probatorio e preparata a tale audizione nella quale ha aggiunto alla circostanza vera del gioco altre circostanze suggerite dagli adulti. Il ricorrente lamenta che i Giudici non abbiano specificato il percorso che li ha condotti alla valutazione di attendibilità della bambina e non abbiano risposto alla confutazione del consulente di parte; osserva come l’unica teste attendibile fosse la nonna di V. immotivatamente non ritenuta tale; rileva che fosse necessario il richiesto supplemento istruttorio (perizia sulla minore ed riaudizione di alcuni testi) non effettuato dalla Corte di Appello; evidenzia che, comunque, era carente l’elemento intenzionale perchè toccava la piccola nell’ambito di un lecito gioco; segnala, infine, difetto di motivazione sulla inapplicabilità della speciale attenuante.

Questa Corte ha più volte segnalato come le dichiarazioni dei minori, vittime di reati sessuali, debbano essere ponderate con particolare cautela e massimo rigore critico perchè molte varianti possono influire negativamente sulla affidabilità del giovane testimone. In particolare, il bambino è malleabile alle suggestioni e, se interrogato con inappropriati metodi e domande inducenti, tende ad assecondare l’interlocutore ed a rispondere secondo le aspettative di chi lo intervista sicchè è difficile distinguere la sua memoria reale da quello indotta.

Di conseguenza, le deduzioni sul punto del ricorrente sono, in astratto, plausibili; tale rilevo non esime dal controllare se la tesi difensiva di una manipolazione di V. da parte degli adulti di riferimento abbia un riscontro nelle emergenze processuali.

A tale fine, di essenziale rilievo è la genesi della notizia di reato per verificare se la bambina avesse esposto alla madre affidataria una situazione equivoca che l’interlocutrice ha erroneamente interpretata come di valenza sessuale ponendo esplicite domande in tale senso sino a che la bambina – adeguandosi ai suggerimenti dell’adulta ed in un contesto di reciproci fraintendimenti – ha ricostruito un falso ricordo. Una tale ipotesi è da scartare dal momento la minore si è confidata spontaneamente con la madre affidataria che, pur avendo notato un comportamento erotizzato nella piccola, non aveva alcun sospetto delle attenzioni sessuali dell’attuale imputato nei confronti di V. e, di conseguenza, non aveva motivo di interrogarla con domande suggestive in questo settore.

Non è riscontrabile alcun elemento o argomento che faccia ritenere non veritiero il racconto della madre affidataria (che non aveva ragioni per allestire una falsa accusa nei confronti dell’imputato) sulle modalità spontanee con le quali ha ricevuto le prime confidenze di V..

La bambina ha subito riferito lo snodarsi del "gioco"che faceva in auto con l’imputato con abbondanza di dettagli e di particolari che erano ignoti alla interlocutrice e, pertanto, non le possono essere stati suggeriti dalla stessa.

La originaria narrazione dei fatti è rimasta identica nelle successive dichiarazioni per cui è da escludere la tesi della difesa secondo la quale la psicologa ha preparato la bambina non, come suo compito, per superare lo scoglio dell’incidente probatorio, ma per indurla ad un racconto accusatorio.

In tale contesto, perde rilevanza la principale deduzione difensiva, ancorata a sospetti e non a precise evidenze, in quanto nessuna emergenza processuale giustifica la conclusione che la bambina sia stata condizionata, anche inconsapevolmente, nel riferire i fatti per cui è processo.

Nè decisiva è la testimonianza della nonna che ha espresso solo personali dubbi sulla responsabilità dell’imputato. Per quanto concerne la conduzione dello incidente probatorio, il ricorrente riproduce dei passaggi dello stesso per dimostrare l’incongruità del metodo e le domande suggestive rivolte alla minore; proprio la lettura di questa trascrizione squalifica la tesi difensive in quanto il Giudice ha posto solo domande dirette, non implicanti o suggerenti una risposta, e su temi di contorno. Infine, è da scartare la tesi (neppure prospettata nell’atto di ricorso) di una consapevole menzogna di V. che aveva buoni rapporti con l’imputato o di una suo racconto fantasioso; la psicologa ha messo a fuoco la buona intelligenza, il linguaggio evoluto, la corretta lettura della realtà da parte della minore per cui non è dato concludere che confondesse i fatti vissuti con quelli immaginati. Del resto, gli episodi riferiti da V. sono stati confermati dallo stesso imputato che attribuisce loro un contenuto ludico e non erotico. La ipotesi difensiva di gesti innocenti posti in essere senza l’elemento intenzionale del reato e rielaborata in chiave erotica è da disattendere dal momento che gli atti descritti dalla bambina (toccamenti in parti intime) hanno una in equivoca valenza sessuale.

Pertanto, è da condividersi la conclusione sulla responsabilità dell’imputato della Corte territoriale che ha confutato, con motivazione congrua e corretta, le censure dello imputato ed espressamente e risposto al motivo di appello sulla rinnovazione del dibattimento (rilevando di essere in grado di decidere allo stato degli atti per la esaustività della espletata istruzione probatoria). La residua censura sulla mancata applicazione della ipotesi dell’art. 609 bis c.p., u.c. è meritevole di accoglimento in quanto è evidenziabile, dal testo del provvedimento impugnato, una incongruenza motivazionale. La Corte la messo a fuoco la fugacità dei toccamenti del V. ed il loro inserimento nell’ambito di un gioco che ha determinato nella giovane vittima una confusione sul loro significato; indi, ha escluso che il fatto fosse di minore gravità per l’invasività della azione (che prima aveva negato) e per il bene della libertà leso (che non preclude l’applicazione dell’art. 609 bis c.p., u.c.).

Di conseguenza, si impone un annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per un nuovo esame sul punto della concedibilità della speciale attenuante.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata – limitatamente alla attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c., con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per un nuovo esame sul punto; rigetta, nel resto, il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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