Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-04-2011) 21-06-2011, n. 24949

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma avverso l’ordinanza in data 1 ottobre 2010 con la quale il locale Tribunale, quale giudice del dibattimento, ha dichiarato la nullità della richiesta di giudizio immediato e degli atti successivi concernenti la posizione dell’imputato B.R. L., avendo rilevato che il B. non risultava essere mai stato sottoposto ad interrogatorio e pertanto difettavano i presupposti per la operatività del rito ai sensi dell’art. 453 c.p.p., comma 1 bis.

Deduce la abnormità del provvedimento.

Infatti ricorda come la costante giurisprudenza di legittimità riconosca nel Gip il solo organo giurisdizionale dotato di poteri di controllo sulla ammissibilità del rito.

Inoltre l’art. 453 c.p.p., comma 1 bis non prevede la necessità del previo interrogatorio ma solo quella della esecuzione della misura cautelare personale.

Chiede la cassazione del provvedimento e la restituzione del processo al giudice del dibattimento.

Il PG presso questa Corte ha chiesto accogliersi il ricorso in applicazione di un precedente della giurisprudenza di legittimità (Cass. N. 46761 del 2007 rv 238506).

In data 13 aprile 2011 la difesa di B. ha fatto pervenire una memoria nella quale ha fatto notare che il provvedimento del Tribunale era ampiamente giustificato, nella sua ispirazione oggettiva, dal fatto che l’imputato non è mai stato sottoposto a misura cautelare (presupposto indefettibile per la obbligatoria richiesta di rito immediato, da parte del PM, ex art. 453 c.p.p., comma 1 bis) e per questo i giudici avevano evidenziato che era mancato il suo interrogatorio.

In sostanza, il Gip che avrebbe dovuto verificare la sussistenza dei presupposti per la speciale procedura acceleratoria, non accorgendosi della mancanza di uno degli antecedenti fondanti, aveva adottato un provvedimento per effetto del quale l’imputato ingiustamente sarebbe stato privato dell’avviso di deposito degli atti connesso con la disposizione dell’art. 415 bis c.p.p. e della udienza preliminare.

Per tali motivi il difensore chiede che si faccia applicazione del recente insegnamento delle Sezioni unite (Toni del 2009, seguito peraltro dalle Sezioni – semplici con sent. 6 maggio 2010 della 6^ Sez., PM in proc. Ospina) secondo cui non ogni caso di regressione comporta la abnormità del provvedimento che l’ha determinata e in particolare non è abnorme il provvedimento che è comunque espressione dei poteri del giudice e che non da luogo ad uno stallo processuale, potendo il Pm porre in essere attività propulsive legittime.

Fà infine presente la difesa che l’imputato, nelle more, ha visto revocare il titolo custodiale, ha subito interrogatorio e, in udienza preliminare, ha chiesto il rito abbreviato.

Il ricorso è inammissibile.

Occorre muovere dalla premessa che le Sezioni unite, come bene evidenziato nel ricorso, hanno limitato con la più recente pronuncia del 2009, i casi di configurabilità del provvedimento abnorme, in relazione al quale è ammesso, in assenza di altri rimedi, il ricorso per cassazione in deroga al principio di tassatività delle impugnazioni.

Esse hanno infatti evidenziato che non è caratterizzante dell’abnormità la regressione, in sè, del procedimento, nel senso di "ritorno" dalla fase del dibattimento a quella delle indagini preliminari. L’esercizio legittimo dei poteri del giudice può comportare siffatta regressione. Se si consente al pubblico ministero di invocare il sindacato della Cassazione in ogni caso in cui essa è stata disposta dal giudice, si rende possibile tale sindacato avverso tutti i provvedimenti di siffatto tipo, eludendosi così il principio di tassatività delle impugnazioni.

Ha proseguito il supremo Collegio sottolineando come l’abnormità funzionale, riscontrabile, come si è detto, nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, va limitata all’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo. Solo in siffatta ipotesi il pubblico ministero può ricorrere per cassazione lamentando che il conformarsi al provvedimento giudiziario minerebbe la regolarità del processo;

negli altri casi egli è tenuto ad osservare i provvedimenti emessi dal giudice.

Tutte queste osservazioni si compendiano nella raccomandazione centrale dell’intero ragionamento per effetto della quale la corretta applicazione dei principi processuali, come sopra evidenziati, ai rapporti tra giudice e pubblico ministero impone di limitare l’ipotesi di abnormità strutturale al caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto) ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perchè al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto).

Ciò posto deve riconoscersi come nella specie il provvedimento del Tribunale non appaia emesso in carenza di potere tanto inteso – questo – in senso astratto quanto apprezzato "in concreto"; e soprattutto non ricorre alcuna ipotesi di stallo processuale, essendo previsti in capo al Pm i poteri propulsivi per la celebrazione delle fasi del processo successive a quella in cui lo stesso è regredito.

Tant’è – sotto quest’ultimo profilo -, e stando a quanto affermato nel ricorso con relativa documentazione in copia, che il Pm ha già richiesto, il 15 novembre 2010, la emissione del decreto che dispone il giudizio e il Gup ha fissato l’udienza preliminare nel corso della quale l’imputato è stato interrogato ed è stato ammesso al rito abbreviato.

Per quanto poi concerne la esistenza, in capo al Tribunale, del potere di sindacare la legittimità del decreto di giudizio immediato ed eventualmente annullarlo, si condivide il più recente orientamento venutosi affermando nella giurisprudenza di legittimità, che riconosce al giudice del dibattimento il vaglio dei presupposti e delle condizioni per l’ammissione del giudizio immediato qualora la loro mancanza si risolva in violazione di norme procedimentali concernenti l’intervento, l’assistenza o la rappresentanza dell’imputato. Nel caso preso in esame era stata, per l’appunto, esclusa l’abnormità della l’ordinanza del giudice del dibattimento che aveva rilevato l’assenza dei presupposti per l’adozione dello speciale rito che aveva comportato per l’imputato, la perdita del diritto all’avviso di conclusione delle indagini preliminari (Sez. 1^, 10 febbraio 2010, rv n. 246249); in senso analogo v. anche rv 22397 e rv 223976.

In tal senso appare superabile il contrasto con la opposta decisione citata dal PG presso questa Corte (v. 238506, peraltro non isolata:

v. rv 239334), decisione che non prende specificamente in considerazione i profili fin qui posti in evidenza. Nel caso di specie, cioè, appare decisivo il fatto che l’imputato, definito nel verbale di udienza "latitante", non era nella condizione "cautelare personale" attuale richiesta dall’art. 453 c.p.p., comma 1 bis e desumibile anche dall’art. 455 c.p.p., comma 1 bis.

Lo stesso PM di udienza non sembra avere messo in dubbio tale situazione processuale.

Ne consegue che, per l’imputato, l’adozione del giudizio immediato si è risolto nella indebita deprivazione dell’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p. e delle notevoli garanzie difensive a questo connesse, prima fra tutte quella del diritto di sottoporsi ad interrogatorio ed usufruire delle potenzialità defensionali previste dal detto articolo del codice di rito. In tal senso deve intendersi la ordinanza impugnata che ha rilevato la omessa sottoposizione all’interrogatorio da parte dell’imputato e, implicitamente, la violazione di precisi diritti difensivi spettanti ad esso.

Il Tribunale ha, in altre parole, apprezzato una violazione ex art. 178 c.p.p., relativa alla fase pregressa, violazione il cui rilevamento non può certo dirsi estraneo ai poteri del giudice del dibattimento.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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