Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-04-2011) 21-06-2011, n.Correzione di errori materiali 24948

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il GIP di Milano aveva applicato pene concordate nella sentenza n. 1545 del 28.6.07. Del pari in quella n. 11131 del 23.5.08, stavolta in misura superiore a due anni di reclusione a B.G., F.G., M.d.H.C.P. e G.E., che non condannava alle spese del procedimento, nonchè sanzioni amministrative conseguenti a reato a persone giuridiche. In entrambe le sentenze non aveva inoltre disposto condanna per le spese di custodia e conservazione di titoli sequestrati.

Con l’ordinanza qui impugnata del 18.2.09, di correzione materiale, ha provveduto d’ufficio ad integrare il dispositivo della sentenza n. 11131/08, disponendo la condanna – di B.G., F.G., M.D.H.C. P. e G.E. al pagamento in solido delle spese processuali;

Su richiesta del P.M. ha integrato il dispositivo della sent. n. 1545/07, con la condanna:

– di BANCA POPOLARE Italiana e di BIPIELLE Bank Suisse S.A. di Lugano, in relazione al capo D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 25 sexies relativo agli abusi di mercato, al pagamento in solido delle spese di custodia;

e del dispositivo della sentenza n. 1131/08, con la condanna in solido:

– di B.G. + 35 ( B.A. … Z.D.) in relazione al capo B) ex art. 185 TUF;

di FINGRUPPO HOLDING spa, G.P. FINANZIARIA spa, FINPACO PROJECT spa (ora GRUPPO COPPOLA), TIKA PLAZA S.A., MAGISTE INTERNATIONAL S.A., GARLSSON REAL ESTATE S.A. in relazione ai capi a); d); h); k); n); q) D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 25 sexies al pagamento in solido delle spese di custodia.

2. Contro l’ordinanza sono stati proposti ricorsi dagli Avvocati:

– Nerio DIODA’, per B., + ALTRI OMESSI ;

– Carlo Enrico PALIERO per B.;

– Francesco MUCCIARELLI e Luisa MAZZOLA per Bo.;

– Mauro MOCCHI per C.;

– Massimo KROGH e Sergio RAVAGLIA per C.; + ALTRI OMESSI – Paolo GIACOMAZZO per C.;

– Gaetano PECORELLA per D., V.;

– Cesare CICORELLA per F.;

– Massimo DI NOIA per Fr.;

– Massimo BONVICINI per G.;

– Mario BRUSA e S. SPAGNOLO per L. e R.;

– Alessio LANZI per M.;

– Paolo TOSONI per O.;

– Sergio RAVAGLIA per P.;

– Grazia VOLO per R.;

– Massimo DI NOIA per Ro., – Fabio Marzio PALAZZO per S.;

– Marco DE LUCA e Massimo KROGH per Fingruppo Holding spa, G.P. Finanziaria spa;

– Riccardo OLIVO per Magiste International S.A., Garlsson Real Estate S.A.;

– Alberto ALESSANDRI per Banca popolare di Lodi;

– Francesco ARATA per Bipielle Bank Suisse SA. I ricorsi deducono violazione di legge, sia l’art. 130 c.p.p., che le norme del T.U. "spese di Giustizia" o, in specie, l’inosservanza di altre norme procedurali e/o vizio di motivazione. E sostengono indebita l’adozione del provvedimento di correzione quanto alla condanna al pagamento delle spese del procedimento e/o l’inclusione o per la conservazione e custodia delle cose sequestrate (liquidate al custode giudiziario, Avv. prof. E. Rimini, dalla Procura di Milano in Euro 5.280.000,00 oltre accessori oltre I.V.A. e C.A.P.).

3. Il P.G. ha motivato l’annullamento senza rinvio, anzitutto rilevando che le spese di custodia e conservazione non rientrano tra le spese del procedimento in senso stretto. E, in genere ha sostenuto illegittimo il procedimento, sia per le implicazioni di modifica essenziale nel caso di specie delle statuizioni in sentenza che, soprattutto, per il ritardo dell’adozione dell’ordinanza integrativa, essendosi formati i giudicati, laddove gli uffici del P.M. di Milano non avevano tempestivamente impugnato le sentenze.

Motivi della decisione

1. Il procedimento di correzione per integrazione di una sentenza di condanna o patteggiamento ai sensi dell’art. 130 c.p.p. non è impedito, se si tratti di "rettifica che non incide sul contenuto intrinseco della decisione", cioè di una "pronuncia accessoria, non implicante valutazione discrezionale" (S.U. 15/00, Radulovic).

Difatti la correzione non consiste in una riforma, bensì nell’esplicitazione della reale volontà del giudice, a fronte di erronea materiale omissione letterale del suo provvedimento.

E la relativa istanza non costituisce mezzo d’impugnazione (S.U. 16103/02, Basile, rv. 221280) potendosi provvedere d’ufficio (affatto diverso è il caso di cui all’art. 625 bis c.p.p.).

Inoltre la correzione della sentenza di condanna che non abbia provveduto a porre le spese del processo a carico del condannato è prevista dall’art. 535 c.p.p., comma 4, come prescritto del comma 1.

Alla regola non fa eccezione l’art. 445 c.p.p., comma 1, se la pena applicata superi i due anni di reclusione.

Alla dovuta integrazione provvede il giudice che ha pronunciato la sentenza o quello d’impugnazione, se il processo pende in grado successivo (perciò anche questa Corte, cfr.: Cass., Sez. 5^, n. 6524/93, rv. 194307). Ma, proprio perchè la richiesta di correzione non è impugnazione, non è soggetta a termine non previsto dall’art. 130 c.p.p. e art. 535 c.p.p., comma 4. E nulla esclude che possa ad essa provvedersi dopo che la sentenza di condanna sia divenuta irrevocabile, anche in sede di esecuzione (cfr. Cass., Sez. 1^, n. 5101/05 – rv. 231494).

Ne segue che è manifestamente infondata la questione proposta in talun ricorso con riferimento all’integrazione relativa alla condanna al pagamento delle spese processuali.

1.1. Il rilievo implica che sia dichiarato inammissibile il ricorso per F., che oltre risulta privo di interesse, in quanto pone questione circa la condanna alle spese di custodia e conservazione dei titoli, che non risulta concernere la sua posizione, 1.2. E’ ammissibile, ma infondato il ricorso per M..

Nella specie il ricorrente non contesta la sua condanna in solido alle spese (la sentenza precede la modifica apportata all’art. 535 c.p.p. con la L. n. 69 del 2009, art. 67, comma 2, lett. b), ma che tale condanna concerna esclusivamente le persone fisiche, con esonero esplicito degli enti dal pagamento delle stesse spese ai sensi dell’art. 445 c.p.p. mentre sostiene anche a loro applicabile la condanna alla luce del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 63. L’interesse è nel caso evidente.

Ma la censura non supera gli argomenti adottati nell’ordinanza.

L’art. 63, a differenza dell’art. 69 del decreto cit. che concerne il rito ordinario, non prevede la condanna alle spese degli enti in caso di patteggiamento. E l’invocazione della regola di riferimento (art. 34 combinato con l’art. 63, u.p.) alle norme del codice in quanto applicabili non può riferirsi nel caso al patteggiamento allargato, non solo per la sua specialità rispetto all’ipotesi ordinaria, ma risolutivamente perchè ha per parametro la pena detentiva, che non concerne gli enti, cui si applica sanzione bensì pecuniaria, ma non assimilabile alla multa (di qui anche il rilievo di non convertibilità della stessa sanzione).

2 – L’altra questione da esaminare è se possa adottarsi la procedura di correzione quanto alla condanna alle spese di custodia e conservazione delle cose sequestrate.

I ricorsi, al di là di specifiche argomentazioni, risultano in proposito fondati.

L’ordinanza difatti afferma che le spese di custodia appartengono allo stesso genere delle spese processuali, ma che sono "sempre e comunque ripetibili" a differenza di quelle "processuali in senso stretto". E la ripetibilità si desume dagli artt. 4, 5 e 204 del T.U., perciò escludendo anche che l’art. 204, comma 3 configuri un regime eccezionale per il processo nei confronti delle persone fisiche. E, dopo ulteriore analisi, giunge alla conclusione che anche l’eccezione dell’omessa comunicazione del decreto di pagamento del custode da parte del P.M. al fine dell’esperimento dell’opposizione deve essere respinta, perchè l’avviso notificato dal P.M. di conclusione delle indagini faceva riferimento alle note di spese giudiziarie e perciò alla documentazione. Del pari respinge altre deduzioni.

In effetti non approfondisce le implicazioni del suo stesso preliminare rilievo circa la ripetibilità, giusto il quale le spese di custodia non sempre possono essere intese (seppure, ad es., lo ritiene la citata Cass. Sez. 1^ n. 5101/05) spese processuali in senso stretto.

E’, difatti, sempre necessario riferirsi alla volontà implicita del giudice che, erroneamente non manifestata ma evidente, autorizza correzione integrativa della sentenza. Questa condizione non consente alcuna valutazione discrezionale ma solo una presa d’atto.

Pertanto l’ampliamento del genere delle "spese processuali in senso stretto" di cui all’art. 535, perciò art. 445 c.p.p., comma 1, includendo in esso per quanto qui interessa ogni ipotesi di spese di custodia e conservazione delle cose sequestrate, è arbitrario viepiù se la specifica pronuncia omessa avrebbe richiesto una valutazione discrezionale, prima e indipendentemente dal processo, quale ne sia il rito, nella specie senza dibattimento.

Si osservi, per inciso, che in materia di patteggiamento il caso appare, in certa misura, affine a quello della liquidazione delle spese di parte civile, circa il quale è controversa l’adottabilità della procedura di correzione, laddove alcuni indici, bensì da rapportarsi a criteri tabellari prestabiliti, prospettano valutazione discrezionale.

Orbene, il provvedimento di liquidazione delle spese di custodia, presupposto della rivalsa da parte dello Stato, è disposto dall’organo giudiziario che ha deliberato custodia e conservazione.

Ma, in talun caso, e quello di specie è esemplare, tale organo non sempre delibera il compenso secondo tariffe prestabilite e trasfuse in tabelle approvate dal Ministro con decreto, giusti il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58, comma 1 e art. 59, sicchè deve rifarsi ad usi locali. Di più, e tanto è decisivo per quanto interessa, non è possibile neanche tale riferimento, se la liquidazione concerne lo svolgimento di un’attività particolare circa la cosa custodia, che va ben oltre la custodia materiale della cosa in sequestro.

Sotto questo profilo si è affermato il principio (sinora incontroverso) che le spese per la "gestione economica di beni sequestrati" non possono essere qualificate come spese di custodia e quindi di giustizia, con eventuale rivalsa sugl’imputati condannati al pagamento delle spese processuali (cfr. Cass., Sez. 4^, n. 20112/05, R.C. in proc. Greco ed a. – rv. 231363). E dal suo fine singolare si è indotto che va preso in conto il vantaggio di coloro che eventualmente ne hanno ottenuto la restituzione (perciò v. anzitutto le prescrizioni del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 150, sost. dal D.L. n. 115 del 2005, art. 9 bis, comma 1, lett. f, conv. in L. n. 168 del 2005).

Tanto dimostra per sè erronea l’adozione della procedura di correzione di cui all’art. 130 c.p.p. e art. 535 c.p.p., comma 4 (si pensi, ad esempio, alla possibilità di provvedere da parte di questa Corte in via sostitutiva, in automatico, giusta la citata giurisprudenza), relativamente alle spese di custodia e conservazione nel caso di specie.

Pertanto l’ordinanza, sotto tale profilo, va annullata senza rinvio e con effetto estensivo.

P.Q.M.

annulla senza rinvio l’impugnata ordinanza limitatamente alla condanna alle spese di custodia e amministrazione dei titoli in sequestro, statuizione che elimina anche per effetto estensivo nei confronti dei non ricorrenti C.L.E., + ALTRI OMESSI .

Dichiara inammissibile il ricorso di F.G.. Rigetta il ricorso di M.D.H.u.C.P.U.G..

Condanna F. e M. ciascuno alle spese processuali e F. altresì al pagamento della somma di Euro 1000 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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