Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-04-2011) 21-06-2011, n. 24906 Prova penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione R.P. quale imputato condannato in primo grado (la sentenza è stata confermata in appello per quanto qui di interesse), in ordine al reato di minacce (capo A) in danno di Cu.Gi., fatto commesso nel (OMISSIS).

Inoltre propongono ricorso lo stesso R. unitamente a C. G. quali parti civili nel procedimento penale a carico di Cu.Gi., Co.Ca., Cu.An. e Ca.

D., tutti condannati in ordine al reato di minacce in danno di C.G. e di danneggiamento in danno di R.P. (capi C e D), fatti questi parimenti commessi nel (OMISSIS).

Oggetto della impugnazione è la sentenza della Corte di appello di Messina in data 22 febbraio 2010.

Deduce il R., ricorrente in veste di imputato 1) il vizio di motivazione nel genere della illogicità.

La Corte aveva ritenuto probante il contenuto della querela sporta dalla persona offesa in quanto sostenuto da dichiarazioni di testi.

Senonchè, il contenuto di quella stessa querela era stato ritenuto insufficiente a supportare la imputazione di percosse, reato dal quale il giudice aveva assolto tutti gli imputati, osservando che la natura conflittuale dei rapporti tra i protagonisti della vicenda induceva a ritenere dubbie le accuse reciproche sul punto.

Ne derivava una palese illogicità della motivazione della sentenza che aveva ritenuto ora credibili, ora non credibili le accuse contenute nello stesso atto di querela;

2) il vizio di motivazione nel genere della incompletezza.

Già il giudice di primo grado aveva affermato che le accuse del querelante contro il R. sarebbero state suffragate dalle deposizioni dei testi A. e S.. Ebbene sul punto la difesa aveva articolato motivi di appello chiedendo di verificare come i due testi nulla avessero dichiarato a proposito di un contegno minaccioso dell’imputato.

Sul punto il giudice dell’appello nulla aveva replicato limitandosi a richiamare la sentenza di primo grado;

Deducono altresì il R. unitamente al C., quali parti civili 1-2) la violazione degli artt. 541 e 592 c.p.p..

Il giudice dell’appello aveva stabilito la compensazione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili ma tale decisione non trovava giustificazione atteso che le contro-parti erano state soccombenti.

La motivazione alludeva a pretesi rapporti condominiali ma era del tutto incongrua.

I ricorsi sono fondati.

R.P., quale imputato, ha correttamente rilevato come la sentenza di appello abbia confermato la condanna per il reato di minacce a suo carico senza indicare le prove a sostegno della decisione.

Si legge infatti nella decisione qui gravata che il contenuto della querela sporta dalla PO sarebbe un valido supporto per la condanna in quanto riscontrato dall’apporto dei testi.

La Corte di merito cita poi a illustrazione di tale assunto la dichiarazione del teste S., che però riguarda la posizione di R. come persona offesa, e la deposizione del teste A. che pur sembra riguardare vicende che hanno visto la famiglia R. in posizione di vittima dell’altrui aggressione.

La sentenza reca dunque una motivazione gravemente carente oltre che – a questo punto – manifestamente illogica avendo assegnato credibilità (seppure condizionata) al contenuto della querela sporta contro R. che, invece, nella parte relativa alla accusa di percosse è stata ritenuta, da sola, elemento insufficiente.

L’ulteriore motivo resta assorbito, dipendendo la decisione relativa alle spese della parte civile e la applicazione del criterio di soccombenza, dalla risoluzione del tema principale sulla responsabilità.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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