Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-04-2011) 21-06-2011, n. 24946

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza del 29 settembre 2010, la Corte di Appello di Napoli rigettava la richiesta proposta dal difensore di T. G., volta ad ottenere la dichiarazione di inefficacia della misura cautelare adottata nei confronti dello stesso il 16 maggio 2007, sull’assunto che era decorso il termine di fase un anno, ai sensi dell’art. 303, lett. c), n. 2, posto che la condanna pronunciata in primo grado (per il reato di associazione cameristica) non era superiore a dieci anni.

Osservava la Corte che, in realtà, il termine di fase non era spirato, in quanto ad esso andava sommato il periodo di sospensione per il tempo di deposito della motivazione (nella misura di ottantanove giorni utilizzati dal primo giudice dei novanta previsti), che era stato disposto con ordinanza della stessa Corte in data 1 giugno 2010.

Avverso tale pronunzia il difensore proponeva appello, sul riflesso che la detta sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare era stata disposta nell’ambito di un processo del quale il T. non faceva più parte, posto che, con precedente ordinanza del 7 maggio 2010, la stessa Corte distrettuale aveva disposto lo stralcio della sua posizione.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Napoli, provvedendo in sede di appello de libertate, rigettava il gravame.

Rilevava, in proposito, che il provvedimento di sospensione dell’1 giugno 2010 riguardava tutti gli imputati detenuti del processo iscritto a carico di G.F. + altri (ivi compreso quindi il T.). Tanto si evinceva dal fatto che l’ordinanza era stata emessa fuori udienza, in data assai prossima (1 giugno 2010) a quella della prima udienza di trattazione del processo (7 maggio 2010);

dall’espressa disposizione che di essa fosse dato avviso a tutti gli imputati detenuti ed ai rispettivi difensori e, soprattutto, dal fatto che la stessa fosse strettamente collegata alla sentenza di primo grado, che aveva pronunciato nei confronti di tutti gli imputati (e, dunque anche dello stesso appellante), rilevando una causa di sospensione dovuta al decorso del termine fissato dal G.U.P. per il deposito della motivazione, di talchè era dato ritenere che la relativa determinazione fosse avvenuta ora per allora.

3. – Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura di seguito indicate.

Il primo motivo deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in riferimento all’art. 304 c.p.p., comma 1, lett. c-bis e comma 3 e violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.

Sostiene, al riguardo, che era venuta meno l’efficacia della misura cautelare in carcere disposta nei confronti dell’imputato, in considerazione della scadenza del termine di fase di cui all’art. 303 c.p.p., lett. e), n. 2.

In buona sostanza, il 3.6.2010, al momento della pronuncia dell’ordinanza di sospensione dei termini nell’ambito del procedimento n. 243/10 R.G., il ricorrente non risultava più imputato in quel procedimento, in quanto a suo carico era stato iscritto, a seguito di stralcio, un diverso procedimento, recante il numero 5812/10 R.G., nell’ambito del quale, non risultava emessa alcuna ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare.

Per quanto sopra, gli effetti di un’ordinanza di sospensione pronunciata nell’ambito di un procedimento non potevano estendersi ad un procedimento diverso, alla stregua di cuna corretta interpretazione degli artt. 303 e 310 c.p.p..

3 – All’esame dei motivi d’impugnazione giova premettere una sintetica puntualizzazione della vicenda processuale in esame.

– Orbene, con sentenza del 17 giugno 2009, il GUP del Tribunale di Napoli, pronunciando con le forme del rito abbreviato, dichiarava T.G. – in stato di custodia cautelare dal 16 maggio di quello stesso anno – colpevole del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso e, per l’effetto, lo condannava alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione. Fissava un termine di giorni novanta per il deposito della motivazione della stessa sentenza, a norma dell’art. 544 c.p.p..

– Nel corso del giudizio di appello, la posizione del T. veniva stralciata, con ordinanza del 7 maggio stralciata.

– Con successiva ordinanza dell’1 giugno 2010, la stessa Corte disponeva la sospensione dei termini di custodia cautelare per il tempo utilizzato dal primo giudice per il deposito della sentenza (ottantanove giorni in luogo dei novanta previsti).

– Il 6.9.2010, il difensore del T. proponeva istanza di declaratoria di inefficacia della misura cautelare in atto, per essere decorso il termine annuale di fase previsto dall’art. 303 c.p.p., comma 1, lett. e), n. 2 senza che fosse intervenuta la pronunzia di secondo grado.

– Con ordinanza del 29 settembre 2010, la Corte di appello rigettava l’istanza, sul rilievo che al termine di fase andava sommato il periodo di sospensione relativo agli 89 giorni utilizzati per il deposito della sentenza di primo grado.

– Il ricorso per cassazione si incentra, per quanto si è detto, nell’assunto che un provvedimento di sospensione emesso in seno ad un procedimento, di cui il T. non era più parte, non avrebbe potuto estendere i suoi effetti nei suoi confronti.

4. – Le doglianze di parte sono destituite di fondamento.

Ed invero, il provvedimento del giudice di merito (che può anche essere il giudice dell’impugnazione: cfr. Cass. sez. 3, 15.7.2003, n. 36396, rv. 226386) che sospenda i termini di durata massima della custodia cautelare per il tempo necessario alla stesura della motivazione della sentenza non ha efficacia costitutiva, bensì natura meramente dichiarativa o ricognitiva, in quanto la sospensione anzidetta è espressamente prevista dalla legge, precisamente dall’art. 304 c.p.p., comma 1, lett. c) e c-bis). In altri termini, il fatto genetico della sospensione opera de ture, per via di dettato normativo, e non può che riferirsi a tutti gli imputati nei confronti dei quali sia stata pronunciata la sentenza recante la previsione di un termine lungo di deposito, persino a quelli che, al momento della deliberazione, si fossero trovati in stato di latitanza (cfr. Cass. sez. 6, 1.3.2007, n. 35767, rv. 237982). Nel caso di specie, la pronuncia di primo grado, rispetto alla quale è stata disposta la sospensione, è stata pacificamente emessa anche nei confronti del T., al quale, quindi, sono certamente riferibili gli effetti del periodo di sospensione per l’anzidetta causale.

E’, dunque, irrilevante che, successivamente, in esito allo stralcio in appello della relativa posizione, con formazione di autonomo procedimento, l’ordinanza della Corte distrettuale sia intervenuta in un momento nel quale il T. non faceva più parte del procedimento nell’ambito del quale quella stessa ordinanza era stata adottata.

5. – Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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