Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-04-2011) 21-06-2011, n. 24898 Cause di non punibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 25 ottobre 2005 il Giudice di pace di Vercelli dichiarava C.G. colpevole del reato di ingiuria nei confronti di B.F., al quale aveva rivolto le parole:

barbone, disonesto e, per l’effetto, lo condannava alla pena ritenuta di giustizia nonchè al risarcimento dei danni in favore della stessa persona offesa, costituitasi parte civile.

Avverso la sentenza anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione e questa Corte Suprema, con sentenza del 7 dicembre 2005, ha convertito l’impugnativa in appello, rimettendo gli atti al Tribunale di Vercelli per il giudizio di gravame.

Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale confermava la sentenza impugnata, con ulteriori statuizioni di legge.

Avverso la decisione anzidetta il difensore ha proposto nuovo ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione parte ricorrente deduce contraddittorietà e/o manifesta illogicità di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione alla mancata motivazione sulla richiesta di applicazione dell’esimente della provocazione, ritualmente richiesta nell’atto di gravame nonchè violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d) in relazione all’omessa acquisizione e ritenuta inammissibilità dei documenti prodotti dalla difesa dell’imputato all’udienza del 23.4.2010.

Il secondo motivo contesta la ritenuta sussistenza del reato di ingiuria.

Il terzo motivo deduce il difetto di motivazione in ordine alla richiesta di concessione delle attenuanti generiche.

2. – Nella griglia delle censure proposte, quella oggetto del secondo motivo deve essere esaminata per prima, per ovvie ragioni di ordine logico-giuridico.

La doglianza è destituita di fondamento, posto che, con apprezzamento di fatto insindacabile, tale in quanto adeguatamente motivato, il giudice a quo ha ritenuto che le espressioni in esame – opportunamente calate la prima nel contesto in cui è stata proferita e la seconda, in assoluto – avessero intrinseca valenza lesiva dell’onore ed integrassero, pertanto, il sostrato sostanziale del reato in questione.

Il ricorrente non ha neppure ragione di dolersi del mancato accoglimento della richiesta di acquisizione della documentazione offerta, in quanto il giudice di appello ha dato per ammesso il clima di conflittualità esistente tra le parti, che la documentazione era intesa a comprovare.

Lo stesso giudice ha, invece, del tutto omesso di motivare sull’esimente della provocazione, ritualmente richiesta nel primo ricorso, poi convertito in appello, e sull’istanza subordinata di attenuanti generiche, pur essa proposta nella stesso gravame.

3. – Il difetto di motivazione è ragione di annullamento della sentenza in parte qua, che va dunque dichiarato nei termini di cui in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame in ordine all’applicazione delle circostanze di cui all’art. 599 c.p., comma 2, e art. 62 bis c.p. al Tribunale di Vercelli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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