Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-04-2011) 21-06-2011, n. 24808

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Vicenza dichiarò B.G. e B.M. colpevoli, quali amministratori della srl Marmi e Graniti, del reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma 1, lett. a), per avere senza la necessaria autorizzazione effettuato attività di gestione e smaltimento di rifiuti liquidi, immettendo, tramite la rete meteorica aziendale, in acqua superficiale il rifiuto liquido speciale non pericoloso prodotto dalla lavorazione della pietra, e li condannò alla pena di Euro 1.800,00 di ammenda ciascuno.

Il tribunale accertò che si era trattato di limi causati dalla immissione di acqua piovana entrata nel cassone dove erano conservati i rifiuti derivanti dalla lavorazione della pietra e che erano stati casualmente sversati sul piazzale dalla ditta incaricata della eliminazione dei rifiuti al momento dello sversamento del contenuto del cassone negli automezzi. Il tribunale ritenne che vi era comunque un profilo di colpa degli imputati perchè era inadeguata l’organizzazione degli spazi e perchè non erano stati adottati accorgimenti tali da impedire la fuoriuscita del materiale e la sua immissione nella rete meteorica.

Gli imputati propongono ricorso per cassazione deducendo violazione del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e mancata assunzione di una prova decisiva. In particolare lamentano:

Essi non erano responsabili ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 188, comma 3, perchè avevano conferito i rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero e di smaltimento dei rifiuti (snc F.lli Negro).

Non è vero che l’organizzazione degli spazi fosse inadeguata, perchè non si erano mai verificati sversamenti di acqua piovana prima dell’intervento poco professionale della ditta F.lli Negro.

La ditta incaricata era nel pieno possesso del cassone, per cui aveva preso in consegna il rifiuto.

La ditta incaricata era responsabile della raccolta, del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti ed era quindi tenuta anche a raccogliere l’acqua piovana che si era accumulata nel cassone.

T pozzetti sul piazzale cementato erano costruiti a norma di legge proprio per evitare la fuoriuscita di acqua sporca.

Non vi era la prova che l’acqua biancastra trovata nel fiume fosse proprio quella proveniente dal pozzetto del piazzale della ditta, perchè non erano stai sottoposti ad analisi i limi rinvenuti nel torrente e nella condotta.

Motivi della decisione

Il Collegio ritiene che il ricorso non propone veri e propri motivi di diritto, ma si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità. Il ricorso è comunque infondato perchè il giudice ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione, estesa a tutti gli elementi forniti dal processo, sulle ragioni per le quali ha ritenuto la responsabilità degli imputati per lo sversamento in questione.

Ed invero, quanto alla mancanza delle analisi ed alla prova che l’acqua biancastra trovata nel fiume fosse proprio quella proveniente dal pozzetto del piazzale della ditta, il giudice ha rilevato che la teste aveva accertato che i limi rinvenuti nel torrente e nella condotta erano chiaramente provenienti dalla lavorazione della pietra e che comunque era stata accertata la presenza dei limi in questione anche nel pozzetto interno all’azienda degli imputati.

Il giudice ha poi motivatamente ritenuto che la responsabilità degli imputati non era stata trasferita alla ditta F.lli Negro, incaricata del recupero e dello smaltimento, perchè lo sversamento si era verificato all’interno dell’azienda Boschetto, quando il rifiuto non era stato ancora preso in consegna dalla ditta incaricata per il trasporto. Si tratta di un plausibile accertamento di fatto che non può essere sindacato in questa sede.

Il giudice, quindi, anche qui con un plausibile apprezzamento di fatto, ha ritenuto che la colpa degli imputati risiedeva anche nel fatto che l’organizzazione degli spazi adottata dalla ditta era inadeguata, perchè non erano stati adottati gli accorgimenti necessari per evitare la fuoriuscita del materiale e dell’acqua piovana dal cassone e la loro immissione immediata nella rete meteorica, mentre la delicatezza della operazione esigeva particolari cautele che non furono adottate.

In conclusione, doveva ritenersi che lo sversamento fosse dovuto ad una situazione causata dalla colpevole negligenza degli imputati. La declaratoria di condanna è pertanto sorretta da congrua ed adeguata motivazione.

Il ricorso deve dunque essere rigettato con conseguente condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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