T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 22-06-2011, n. 177

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La ricorrente società La T. espone in fatto di essere proprietaria della p.m. 1 della p.ed. 1452 nel Comune di Arco che individua il piano terra e il cortile di pertinenza di un’edificio, le cui p.m. 2 e 5 sono di proprietà del ricorrente P.G., mentre le p.m. 3 e 4 sono di proprietà dell’altro ricorrente A.G.. Il cortile confina con la strada statale della Gardesana che, nel tratto che attraversa il Comune di Arco, è denominata via Santa Caterina e che risulta tavolarmente identificata con la p.f. 4160/4.

La società La T. assume di operare nella detta sede dalla metà degli anni ottanta del secolo scorso ed allega che il confine tra la pubblica via e la sua proprietà era contrassegnato da un’aiuola e da una recinzione realizzata con alcune strutture metalliche.

2. Negli anni 2004 – 2005 l’Amministrazione comunale ha realizzato lungo via Santa Caterina due rotatorie e una pista ciclopedonale. A tali fini ha espropriato alcune superfici appartenenti a privati e confinanti con la strada comunale: segnatamente, i ricorrenti hanno subito l’esproprio di 12 mq. della p.f. 4608, una piccolo lotto di forma triangolare confinante con la strada statale. Al termine della procedura espropriativa la nuova recinzione posta sul confine fra le due proprietà, costituita da un muretto, è stata realizzata dalla stessa Amministrazione comunale su disegno di un tecnico di fiducia della Società ricorrente.

3. Da successive verifiche tecniche il Comune ha constatato che il muretto posto a confine tra la proprietà della società La T. (p.ed. 1452, p.m. 1) ed il bene demaniale strada (p.f. 4160/4) è stato collocato su quest’ultimo, così appurando che circa 21 mq. di proprietà pubblica erano stati inglobati nel cortile della ricorrente. Analoga situazione interesserebbe altre due proprietari di realità viciniori.

L’Amministrazione afferma di aver dapprima tentato di definire la questione con gli interessati per le vie brevi e, a seguito degli infruttuosi risultati, di aver avviato il procedimento per l’emissione dell’ingiunzione di sgombero del bene demaniale. Esperito il contraddittorio con i proprietari interessati, il Dirigente dell’Area tecnica comunale ha quindi adottato il provvedimento del 22 giugno 2010, esattamente citato in epigrafe, con il quale, in sede di tutela dei beni che fanno parte del demanio ai sensi dell’art. 823 del c.c., ha ordinato ai ricorrenti lo sgombero di mq. 21 del bene demaniale via Santa Caterina. Detto provvedimento contiene inoltre l’avvertenza che, decorso il termine di 30 giorni decorrenti dalla sua notificazione, ad eseguire l’intimato sgombero provvederà d’ufficio l’Amministrazione, addebitando le spese ai responsabili.

4. Con ricorso notificato in data 13 agosto 2010 e depositato in Segreteria del Tribunale il successivo giorno 27, i ricorrenti hanno impugnato il provvedimento di sgombero, denunciando i seguenti profili di illegittimità:

I – "contraddittorietà di comportamento; difetto di istruttoria; motivazione carente, insufficiente e comunque errata e contraddittoria; travisamento della realtà e conseguente eccesso di potere". I ricorrenti evidenziano che il muretto di confine che il Comune di Arco ha ordinato di rimuovere è stato realizzato dalla stessa Amministrazione pubblica su di un progetto fornito dal loro tecnico il quale aveva però preso a riferimento la proposta progettuale di sistemazione di via Santa Caterina fornita dai tecnici comunali. Sottolineano, poi, che precedentemente all’eliminazione della recinzione la superficie ora reclamata dal Comune era parte del terreno di loro proprietà e che in sede di progettazione della nuova viabilità – oggetto di numerosi rilievi, verifiche e controlli – il Comune aveva riconosciuto corretto quel confine;

II – "carenza di istruttoria; in ogni caso erroneità nei presupposti, segnatamente nella individuazione del confine con riferimento all’art. 950 c.c.; violazione, erronea interpretazione ed applicazione del richiamato articolo del c.c.", atteso che da oltre vent’anni il confine risultava segnato dalla recinzione metallica e che tale dato fattuale prevarrebbe sul dato mappale.

5. Con l’atto introduttivo i ricorrenti hanno, altresì, chiesto, in via cautelare, la sospensione del provvedimento impugnato, anche ai sensi dell’articolo 21, nono comma, della legge 6.12.1971, n. 1034, vigente ratione temporis.

6. Con decreto del Presidente ff del Tribunale n. 116, di data 30 agosto 2010, l’istanza di misura cautelare provvisoria è stata accolta.

7. Si è tempestivamente costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, chiedendo argomentatamente la reiezione del ricorso perché infondato. La difesa del Comune, con la memoria depositata il giorno 6.9.2010, aveva anche dichiarato che l’Amministrazione non avrebbe dato esecuzione d’ufficio all’ordine di cui al provvedimento impugnato sino alla definizione nel merito del contenzioso.

8. Su detto presupposto, nell’udienza in camera di consiglio del 9 settembre 2010 il difensore dei ricorrenti ha dichiarato di rinunciare all’istanza cautelare. Con ordinanza n. 119, depositata il 10 settembre 2010, il Collegio ha dunque dichiarato il non luogo a provvedere sulla prodotta istanza cautelare.

9. In prossimità dell’udienza di discussione del merito le parti hanno presentato ulteriore documentazione e memorie illustrative delle rispettive posizioni.

10. Alla pubblica udienza del giorno 9 giugno 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato parzialmente e nei termini che seguono.

2a. Con il primo mezzo si denuncia che il muretto del quale, con il provvedimento impugnato, si chiede lo spostamento è stato costruito dalla stessa Amministrazione comunale dopo la realizzazione di due rotatorie e della pista ciclabile lungo via Santa Caterina. Il Comune, più specificatamente, lo avrebbe realizzato nel rispetto della proposta progettuale dell’arch. T., tecnico dei ricorrenti, il quale però, a sua volta, avrebbe redatto quella proposta sulla scorta dei dati e dei rilievi che erano stati eseguiti dall’Amministrazione comunale di Arco in occasione della progettazione dell’allargamento stradale. In diversi termini, sarebbero stati i tecnici del Comune a consegnare all’arch. T. i progetti sulla cui scorta impostare il progetto di recinzione, poi materialmente realizzata dall’Amministrazione.

2b. L’argomentare non è pertinente posto che l’Amministrazione comunale ha pacatamente ammesso l’errore, così come non ha disconosciuto che l’attuate muretto è stato realizzato con i fondi erariali nell’ambito dei lavori di sistemazione di via Santa Caterina.

La progettazione della nuova sistemazione stradale e della pista ciclopedonale, i rilievi e i frazionamenti funzionali agli espropri, nonché la direzione dei relativi lavori, erano stati affidati dal Comune alla società Atagroup Engineering la quale, interpellata dall’Amministrazione a seguito di approfondimenti istruttori, sollecitati a suo dire da alcune segnalazioni di privati, ha ammesso e documentato di aver errato nell’individuare la linea del confine, che risulta invece "all’interno dell’attuale muro di recinzione per circa 20 mq., con un arretramento di 1,83 in corrispondenza dello spigolo verso la stradina consortile (p.f. 1718); tale arretramento si azzera a 22,55 metri da tale spigolo lungo via S. Caterina… l’entità di tali differenze risulta ben superiore alle tolleranze che tali operazioni possono comportate e che risultano stimate in circa 30÷40 cm." (cfr., nota di data 30.5.2008 dell’ing. Erino Bombardelli, doc. n. 5 in atti dell’Amministrazione resistente).

Un’aggiuntiva verifica circa l’esatta collocazione del muro di confine rispetto alla proprietà demaniale e a quella dei ricorrenti è stata quindi commissionata dall’Ente civico al geom. Ivan Delvai il quale, con due distinte relazioni, del 29 ottobre 2008 e del 24 giugno 2009, ha confermato che il confine "è collocato per 1,79 m. sulla proprietà comunale sul vertice nordest della p.ed. 1452 e spostandosi verso sud interseca il confine dopo 24,41 m. per un superficie totale di circa 21 mq.; le misure lineari riportate possono avere un tolleranza di +/- 15 cm." (docc. n. 6 e n. 7 in atti dell’Amministrazione resistente).

2c. In questo quadro, è dunque del tutto irrilevante l’argomentazione dei ricorrenti fondata sul fatto che il loro progettista ha disegnato l’attuale muretto sulla base della documentazione che era stata fornita dal progettista del Comune: in quell’occasione l’errore non era emerso ma è affiorato in seguito ed è stato riconosciuto dal responsabile della progettazione della nuova opera pubblica, nonché verificato da un tecnico terzo.

Di conseguenza, a fronte dei risultati della predetta istruttoria documentale e atteso che non è possibile usucapire diritti su beni demaniali, ostandovi il disposto dell’art. 823 c.c., l’Amministrazione comunale di Arco era tenuta ad emettere il provvedimento in esame, sostanzialmente vincolato, dato che per legittimare l’esercizio del potere di autotutela in questione è sufficiente il richiamo alla perdurante occupazione sine titulo del bene pubblico (cfr., C.d.S., sez. IV, 16.10.2001, n. 5461 e 28.4.2006, n. 2398).

Dalla lettura del provvedimento impugnato si evince che lo stesso è stato adeguatamente istruito e motivato sia con riferimento all’abusiva occupazione del tratto di strada, sia relativamente all’impossibilità di sanare tale occupazione abusiva, dandosi conto dei tentativi di definizione bonaria della questione, del contraddittorio formalmente instaurato a seguito dell’avvio del procedimento, delle osservazioni formulate dai proprietari interessati e delle argomentazioni conclusive dell’Amministrazione comunale. Detto provvedimento è dunque immune dalle censure di cui al primo mezzo di impugnazione, che deve essere conseguentemente disatteso.

3a. Con il secondo motivo i ricorrenti asseriscono – producendo una relazione di un loro tecnico di fiducia, geom. F.C. – che il precedente confine, costituito da un’aiuola e da una recinzione metallica, era lì stato posizionato da almeno venticinque anni e che ciò prevarrebbe su ogni diverso "responso mappale".

3b. Il Collegio osserva, al riguardo, che i ricorrenti non contestano il risultato emerso dalla sovrapposizione dei confini reali con i rilievi catastali, da cui appare la demanialità dei 21 mq. situati nel cortile della società La T.. Essi asseriscono, invece, che la situazione dei luoghi permetterebbe l’individuazione del confine reale fra le due proprietà e che detti elementi dovrebbero prevalere sui dati tratti dalle mappe catastali, il riferimento alle quali non dovrebbe essere necessario.

L’argomentare è condivisibile sul piano teorico: cfr., sentenza di questo Tribunale 24.2.2010, n. 62.

Non è peraltro corretto sostenere che i confini segnati sulle mappe catastali non sono attendibili ma è invece esatto affermare che le mappe catastali costituiscono un elemento probatorio di carattere sussidiario al quale si deve ricorrere "in caso di obiettiva e assoluta mancanza di prove idonee a determinare il confine in modo certo" (cfr., ex multis, Cass. Civ., sez. II, 2.11.2010, n. 22298), ed anche quando i diversi elementi prodotti (per la loro consistenza, o per ragioni attinenti alla loro attendibilità) risultino comunque inidonei alla determinazione certa del confine. A ciò consegue che la parte che si dolga del ricorso al mezzo sussidiario di prova dei confini catastali "ha l’onere di indicare gli specifici elementi alla cui stregua andrebbe, invece, difformemente accertata la linea di confine controversa" (cfr., Cass. Civ., sez. II, 30.12.2009, n. 28103).

3c. Nel caso specifico, tuttavia, gli elementi in fatto presentati dai ricorrenti, anche con l’ausilio della menzionata consulenza di parte, non riescono a provare che la linea di confine coincide con l’attuale collocazione del muretto.

Va a proposito rilevato che:

– la rappresentazione del canale irriguo Fitta nella cartografia allegata al PGUAP è meramente indicativa della sua esistenza e non presenta alcun dato utile ai fini dell’esatto percorso dell’alveo rispetto ai confini di proprietà;

– i progetti approvati negli anni 1970 e 1971 aventi ad oggetto "richiesta apertura di un nuovo accesso e di nuova costruzione (p.ed. 1411) – sig. F.G. in Arco" dimostrano solo che prima della realizzazione della nuova sistemazione stradale degli anni 2004 – 2005 il cortile dei ricorrenti occupava la p.f. 4160/4 (strada) e il terreno che ricopriva il canale Fitta, posto che l’aiuola e la recinzione metallica erano state collocate sopra il canale e lungo il lato verso la strada pubblica (cfr., documento n. 6 della c.t. di parte);

– i tombini per l’ispezione del canale Fitta si trovano lungo la pista ciclabile perché l’Amministrazione comunale ha asserito – non smentita dai deducenti – che in occasione degli ultimi lavori ha recuperato parte della proprietà pubblica, per tutta la lunghezza della p.f. 1452, a fronte di un esproprio con indennizzo di soli 12 mq.; detto recupero non è stato però integrale perché il nuovo muretto di confine, nella parte situata sullo spigolo nord, verso la stradina consortile, è stato realizzato ancora sulla proprietà demaniale;

– i punti, da nord a sud, P2132, P2131, P3089, P3090 e P3063, nella tavola di cui al documento n. 14 del fascicolo dei ricorrenti, non rappresentano i confini preesistenti fra le due proprietà ma, come riporta la legenda della stessa cartografia, i nuovi cippi, individuati a seguito del frazionamento per determinare la linea di confine dopo gli espropri e la sistemazione della nuova viabilità stradale.

Detti elementi in fatto, in definitiva, non si presentano adeguati per provare la presenza di una delimitazione di fatto tra le due sfere dominicali diversa da quella catastale nonché inequivoca per l’obiettiva evidenza di segni di demarcazione. A ciò consegue che anche il secondo mezzo di ricorso deve essere disatteso.

4a. Da ultimo, i ricorrenti lamentano:

– che i 21 mq. oggetto di rivendicazione non sarebbero mai stati utilizzati né come strada né come pertinenza della viabilità; in tal senso dovrebbe prevalere l’interesse del privato a mantenerne il possesso rispetto all’interesse dell’Amministrazione che ne chiede la reintegrazione;

– che il provvedimento impugnato ordina la restituzione in disponibilità dell’Amministrazione comunale di una porzione di terreno sì di limitate dimensioni ma che ciò comporta comunque l’abbattimento della recinzione e del sottostante muro in cemento creato dalla stessa Amministrazione, il tutto a carico dei privati.

La prima argomentazione non può essere condivisa atteso che i terreni appartenenti al demanio comunale non sono, per loro natura, suscettibili di usucapione e che sono, altresì, indifferenti ad atti di mera tolleranza da parte dell’Ente civico ( art. 1144 c.c.).

4b. Merita apprezzamento, invece, l’ultima censura.

È infatti pacifico fra le parti che l’errore nell’esatta individuazione dei confini, in occasione della risistemazione di via Santa Caterina, è stato commesso dall’Amministrazione comunale (e, per essa, dalla società che aveva ricevuto l’incarico di progettazione), a nulla rilevando, a tali fini, che l’errore sia stato meramente ripetuto dal tecnico dei ricorrenti che ha progettato l’esistente muretto di confine in cemento basandosi sui dati forniti dai tecnici che operavano per il Comune. La messa a disposizione della documentazione ufficiale redatta per l’esecuzione dei lavori in nome dell’Amministrazione ha infatti ingenerato nel tecnico dei ricorrenti una sufficiente dose di affidabilità, tale da superare la doverosità di ulteriori verifiche e controlli sui reali confini della proprietà.

A ciò consegue che le spese e gli interventi necessari per l’esatta individuazione del confine fra le due realità e per la sistemazione su di esso del nuovo muretto in cemento, in sostituzione di quello già eretto a cura dell’Amministrazione comunale, debbano essere sostenuti dal Comune di Arco, in base al principio di autoresponsabilità.

5. In definitiva, per tutte le suesposte motivazioni, il ricorso deve essere in parte respinto e, per quanto sopra motivato al punto 4b., in parte accolto.

Le spese del giudizio possono essere compensate in ragione della reciproca, parziale soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 192 del 2010, lo accoglie in parte, nei termini di cui in motivazione.

Compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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