Cons. Stato Sez. V, Sent., 23-06-2011, n. 3812 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in appello in epigrafe indicato la R. Costruzioni s.r.l. ha chiesto l’annullamento o la riforma della ordinanza collegiale del T.A.R. Toscana, con la quale è stato respinto il ricorso dalla stessa proposto in corso di giudizio, ex articolo 25 della legge 241/1990, per l’accesso (negato con nota del Responsabile Settore IV del Comune di Signa del 27.5.2010 prot. n. 11235, confermata con nota del 10.6.2010 prot. n.12170) al parere legale, acquisito dal Comune suddetto ai fini dell’assunzione dei provvedimenti n. 88 e n. 95 del 2010 del Responsabile IV Settore del Comune di Signa e R.U.P. del procedimento, Ing. Venturini (inerenti l’appalto dei lavori di ampliamento scuola materna San Mauro a Signa con adeguamento normativo e realizzazione nuovo asilo nido – lotto 1) e richiesto nell’assunto che l’acquisizione e la conoscenza del parere stesso poteva essere essenziale per contrastare anche giudiziariamente detti provvedimenti e consentire l’esercizio pieno ed efficace del diritto di difesa.

Il T.A.R. ha motivato la reiezione della richiesta di accesso con le considerazioni che, a norma dell’art. 25, comma 5, secondo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in pendenza di ricorso l’istanza di accesso a documenti amministrativi deve essere avanzata con domanda diretta al Presidente e inoltre che l’art. 13, comma 5, lett. c), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, costituente norma di specie rispetto alla legge n. 241/90, vieta l’acceso ai pareri legali acquisiti dalle stazioni appaltanti per risolvere liti, anche solo potenziali, relative ai contratti pubblici.

La parte appellante ha dedotto la erroneità della ordinanza impugnata deducendo i seguenti motivi:

1.- Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 della legge n. 241/1990 e s.m.i., anche in relazione all’art. 3 della medesima legge; violazione del diritto di difesa e del connesso principio di effettività della tutela. Eccesso di potere per illogicità e sviamento di interesse pubblico. Violazione e falsa applicazione dell’art. 25, comma 5, della L. n. 241/1990 e dell’art. 13, comma 5, lett. "c" del d. lgs. n. 163/2006.

La impugnativa del diniego di accesso non è meno rispetto all’istanza al Presidente di cui all’art. 25, comma 5, della legge n. 241/1990 e l’istanza formulata dalla appellante ha tutti i requisiti, prescindendo da formalistici dettagli, per essere considerata validamente proposto.

Anche l’art. 13 del d. lgs. n. 163/2006 è stato erroneamente ritenuto applicabile al caso di specie, atteso che il parere in questione è stato acquisito non al fine di individuare la strategia difensiva ma al fine di valutare questioni poste dalle parti, ed è stato quindi posto a base delle decisioni prese, sicché era ostensibile alla parte richiedente.

Sussiste quindi il diritto all’accesso a detto parere legale.

Con atto depositato il 27.8.2010 si è costituito in giudizio il Comune di Signa, che ha eccepito la irricevibilità e la inammissibilità dell’appello, nonché ne ha dedotto la infondatezza, concludendo per la declaratoria di irricevibilità o di inammissibilità, ovvero per la reiezione.

Con memoria depositata il 17.12.2010 l’Amministrazione resistente ha dedotto la infondatezza dell’appello, in primo luogo perché fino alla entrata in vigore del c.p.a. era inammissibile la proposizione "uno actu" del ricorso impugnatorio e di quello ex art. 25 della legge n. 241 del 1990, e in secondo luogo, con riguardo al secondo motivo di gravame, sia perché il parere legale era stato acquisito per la soluzione di una lite non potenziale, ma già in atto, sia perché tra i documenti non accessibili sono compresi quelli tutelati dal segreto professionale ex art. 622 c.p.c. e art. 200 c.p.p., come confermato dall’art. 2 del D.P.C.M. 26 gennaio 1996, n. 200 (che sottrae all’accesso i pareri resi in relazione a liti anche potenziali) e sia perché, secondo la giurisprudenza formatasi in materia, anche i pareri resi in fase precontenziosa sono sottratti all’accesso. Ha quindi concluso per la reiezione, con condanna alle spese anche ex art. 26 del c.p.a..

Alla pubblica udienza del 21.12.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza dell’avvocato della parte ricorrente, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello in esame la R. Costruzioni s.r.l. ha chiesto l’annullamento della ordinanza collegiale in epigrafe indicata, emanata, a seguito di motivi aggiunti, in corso di giudizio ex articolo 25 della legge 241/1990, per l’accertamento e la declaratoria del diritto della società stessa all’accesso al parere legale acquisito dal Comune di Signa ai fini dell’assunzione dei provvedimenti n. 88 del 2010 (di annullamento in autotutela della aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi alla appellante) e n. 95 del 2010 (di sostituzione del punto 1 di detto provvedimento), negato con nota del Responsabile Settore IV del Comune suddetto del 27.5.2010 prot. n. 11235, confermata con nota del 10.6.2010 prot. n. 12170.

2.- Con il primo motivo di appello è stata censurata la prima delle motivazioni apposte dal T.A.R. a fondamento della ordinanza di reiezione della richiesta di accesso, cioè che, a norma dell’art. 25, comma 5, secondo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in pendenza di ricorso l’istanza di accesso a documenti amministrativi deve essere avanzata con domanda diretta al Presidente.

Al riguardo è stato dedotto che la impugnativa del diniego di accesso non è meno rispetto all’istanza al Presidente di cui all’art. 25, comma 5, della legge n. 241/1990 e che l’istanza formulata dalla appellante ha tutti i requisiti, prescindendo da formalistici dettagli, per essere considerata validamente proposto; ciò in quanto il ricorso è stato ritualmente notificato alle controparti e depositato presso la Segreteria del T.A.R. e la sola carenza della intestazione "al Presidente" non poteva comportare la reiezione della domanda, in osservanza alle sostanziali disposizioni normative al riguardo, e avrebbe potuto essere superata facendo uso del potere di qualificazione dell’azione.

2.1.- Innanzi tutto va valutata da parte della Sezione la fondatezza della tesi, formulata dalla difesa del Comune resistente, che l’appello sarebbe da respingere atteso che fino alla entrata in vigore del c.p.a. era inammissibile la proposizione "uno actu" del ricorso impugnatorio e di quello ex art. 25 della legge n. 241 del 1990

Va osservato in proposito che l’art. 25 della legge n. 241/1990, nel testo modificato dall’art. 17 della legge n. 15/2005, vigente all’epoca della trattazione del ricorso di primo grado, anteriormente alla entrata in vigore del c.p.a., stabiliva che: "In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all’amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio".

L’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi è stato quindi elevato dalla normativa a bene della vita autonomo, meritevole di tutela separatamente dalle posizioni sulle quali abbia poi ad incidere l’attività amministrativa, eventualmente in modo lesivo. Ne consegue che il rimedio speciale previsto a tutela del diritto di accesso è consentito anche in pendenza di un giudizio amministrativo ordinario, all’interno del quale i documenti oggetto della domanda di accesso possono anche essere acquisiti, in via istruttoria, dal Giudice.

La pendenza di un’azione giudiziaria non esclude, quindi, la sussistenza del diritto di accesso previsto dalla legge n. 241/1990 né preclude l’ammissibilità dell’azione prevista dall’art. 25, della stessa legge, come sopra modificato, restando al libero apprezzamento dell’interessato la scelta di avvalersi della tutela giurisdizionale citata o di tentare di conseguire la conoscenza dei documenti amministrativi nel giudizio pendente, mediante esibizione istruttoria.

La tesi difensiva del Comune resistente non è quindi suscettibile di favorevole apprezzamento

2.2.- Osserva quindi il Collegio, con riguardo al merito della censura in esame, che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., deve ritenersi ammissibile il ricorso proposto direttamente al Tribunale, anziché al suo Presidente, essendo da escludere che possa essere condivisa la tesi meramente formalistica seguita da esso Giudice di primo grado.

Risponde infatti l’ indicazione del Presidente come destinatario della richiesta de qua solo a finalità acceleratorie, ai fini di un più sollecito avvio del giudizio, di talché la domanda indirizzata all’organo giurisdizionale e non al suo Presidente è comunque da ritenere idonea a produrre gli effetti suoi propri senza che ne derivino apprezzabili pregiudizi d’ordine formale o sostanziale; ciò anche a tutela del principio di economicità del giudizio, che deve essere perseguito ogniqualvolta, come nel caso di specie, sia possibile farne applicazione senza sacrificio delle posizioni processuali dei soggetti in causa.

3.- Con il secondo motivo di gravame è stata dedotta l’ erroneità della seconda delle argomentazioni con la quale il primo Giudice ha motivato la reiezione della domanda di accesso, cioè che l’art. 13, comma 5, lett. c), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, costituente norma di specie rispetto alla legge n. 241/90, vieta l’accesso ai pareri legali acquisiti dalle stazioni appaltanti per risolvere liti, anche solo potenziali, relative ai contratti pubblici.

Secondo la parte appellante la norma suddetta è stata erroneamente ritenuta applicabile al caso di specie, atteso che il parere in questione è stato acquisito al fine di valutare questioni poste dalle parti, e non a seguito di autonoma iniziativa della stazione appaltante, ed è stato poi posto a base delle decisioni prese, sicché era ostensibile alla parte richiedente, che lo ha chiesto per esercitare il diritto di difesa.

Sarebbe pretestuosa la motivazione apposta al diniego di accesso, che il parere sarebbe stato acquisito in fase precontenziosa al solo fine di individuare la strategia difensiva, atteso che esso è stato espressamente richiamato nella determinazione n. 88 del 2010 ed è l’atto sulla cui base la determinazione stessa è stata assunta (il R.U.P. con nota del 19.4.2010 aveva asserito che lo stesso era stato acquisito per concludere il procedimento).

Sussisterebbe quindi il diritto all’accesso a detto parere legale, considerato che l’art. 22 della legge n. 241/1990 consente l’accesso agli atti anche interni detenuti dall’Amministrazione, a prescindere dalla natura privatistica o pubblicistica della loro disciplina, ad eccezione di quelli di cui all’art. 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6, della legge n. 241/1990, nessuno dei quali concerne la fattispecie.

Al riguardo il Comune resistente ha dedotto che il parere era stato acquisito per la soluzione di una lite non potenziale, ma già in atto, e che tra i documenti non accessibili sono compresi quelli tutelati dal segreto professionale ex art. 622 c.p.c. e art. 200 c.p.p., come confermato dall’art. 2 del D.P.C.M. 26 gennaio 1996, n. 200 (che sottrae all’accesso i pareri resi in relazione a liti anche in potenza). Ha quindi asserito che secondo la giurisprudenza formatasi in materia anche i pareri resi in fase precontenziosa sono sottratti all’accesso.

3.1.- Osserva la Sezione che l’art. 13, comma 5, lettera "c", del d.lgs. n. 163/2006 stabilisce che sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione "ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del presente codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici".

La non ostensibilità di detti pareri è stata prevista sicuramente perché essi, se riferiti ad un contenzioso potenziale o attuale con l’appaltatore, sono investiti dalle stesse esigenze di riservatezza che tutelano le ragioni di ordine patrimoniale della stazione appaltante.

Ritiene innanzi tutto la Sezione che della disposizione debba essere data un" interpretazione restrittiva perché relativa a norma eccezionale, in quanto derogatoria rispetto alle ordinarie regole in materia di accesso, e quindi è da intendere come riferibile alla sola fase di stipulazione dei contratti pubblici di cui all’art. 12 del d. lgs. n. 163/2006 e non a tutta quella anteriore.

Detto art. 13, comma 5, lettera "c", del d.lgs. n. 163/2006 non è quindi applicabile al caso di specie, in cui l’accesso è finalizzato alla predisposizione di difese nel giudizio relativo alla impugnazione dei provvedimenti n. 88 del 2010 (di annullamento in autotutela della aggiudicazione dell’appalto alla appellante) e n. 95 del 2010 (di sostituzione del punto 1 di detto provvedimento), relativi alla fase di scelta del contraente,

In secondo luogo il Collegio ritiene che la norma sopra indicata non sia applicabile comunque alla domanda di accesso per cui è causa, atteso che il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta anche nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all’esito del procedimento, ma precedente l’instaurazione di un giudizio o l’avvio dell’eventuale procedimento precontenzioso, purché il ricorso alla consulenza legale persegua lo scopo – che non coincide con quello sotteso alla richiesta del parere legale de quo – di consentire all’Amministrazione di articolare le proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, può considerarsi quanto meno potenziale.

Poiché detta regola risponde al principio di salvaguardia della strategia processuale della parte che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie, deve invero ritenersi che i pareri legali sottratti all’accesso siano quelli che attengono alle tesi difensive, relative ad un procedimento giurisdizionale (cioè quando i pareri legali vengono redatti dopo che è già iniziata una controversia giurisdizionale) o ad una fase precontenziosa e/o ad una lite potenziale che definiscono e/o delineano la relativa strategia difensiva e/o la futura condotta processuale più conveniente per l’Amministrazione, da assumere nella controversia giurisdizionale già instaurata o nella futura, eventuale e probabile lite giudiziaria, che il soggetto leso attiverà.

Devono viceversa ritenersi accessibili i pareri legali che, anche per l’effetto di un richiamo esplicito nel provvedimento finale, rappresentano un passaggio procedimentale istruttorio di un procedimento amministrativo in corso e, una volta acquisiti dall’Amministrazione, vengono ad innestarsi nell’iter procedimentale, assumendo la configurazione di atti endoprocedimentali e perciò costituiscono uno degli elementi che condizionano la scelta dell’Amministrazione (Consiglio Stato, Sezione VI, 30 settembre 2010, n. 7237.

Nel caso che occupa il parere de quo non stato dimostrato che fosse stato acquisito in relazione ad una lite già in atto, o a una fase evidentemente precontenziosa o di lite potenziale al fine di definire la futura strategia difensiva, ma appare relativa ad una mera fase endoprocedimentale amministrativa, tanto che esso parere è stato espressamente richiamato nella determinazione n. 88 del 2010 ed è l’atto sulla cui base la determinazione stessa è stata assunta.

Contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di primo grado l’ art. 13, comma 5, lettera "c", del d.lgs. n. 163/2006 non è quindi applicabile alla fattispecie.

4.- In accoglimento dell’appello la sentenza impugnata va quindi riformata e va verificata la fondatezza del ricorso di primo grado volto ad ottenere la declaratoria del diritto di accesso al parere legale di cui trattasi.

5.- Ritiene il Collegio che l’istanza di accesso in esame presenti tutti i requisiti di legge per il suo accoglimento, considerato il Giudice deve verificare esclusivamente la sussistenza dei presupposti legittimanti la richiesta di accesso e non anche la ricevibilità, l’ammissibilità o la rilevanza dei documenti richiesti rispetto al giudizio principale.

Sussistono invero nel caso che occupa l’interesse di parte ricorrente per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (art. 21, comma I, della legge 7 agosto 1990, n. 241) e non è stata contestata la sussistenza dei presupposti relativi alle formalità relative alla presentazione della domanda di accesso alla Amministrazione.

6.- Tanto premesso va riconosciuta la illegittimità del diniego espresso sulla istanza formulata dall’appellante, sussistendo al riguardo tutti i requisiti di legge per ottenere l’accesso ai documenti ivi elencati,

7.- Le considerazioni che precedono comportano l’accoglimento della domanda di accesso formulata con il ricorso di primo grado, con conseguente riconoscimento, previa declaratoria di illegittimità del diniego di accesso impugnato, del diritto del ricorrente all’accesso al parere legale di cui trattasi ed ordine Comune di Signa di consentire alla parte appellante di prenderne visione e copia, previo pagamento dei costi e diritti indicati nell’art. 25 della L. 7 agosto 1990, n. 241. A tal fine è ritenuto congruo un termine di 30 giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

8.- L’appello deve essere conclusivamente accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, deve essere accolto il ricorso originario proposto dinanzi al T.A.R., nei termini in precedenza esplicitati.

9.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, accoglie l’appello in esame e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso originario proposto dinanzi al T.A.R., per l’effetto, previa declaratoria di illegittimità del diniego di accesso impugnato, ordina al Comune di Signa di consentire alla R. Costruzioni s.r.l., previo pagamento dei costi e diritti indicati nell’art. 25 della L. 7 agosto 1990, n. 241, di prendere visione e di acquisire copia della documentazione indicata nella domanda di accesso del 10.10.2007 entro 30 (trenta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

Compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *