Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-11-2011, n. 22801 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.R. con ricorso alla Corte d’appello di Roma proponeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata del giudizio in materia di risarcimento danni da sinistro stradale, instaurato dinanzi al Giudice di pace di Marano di Napoli nel luglio 1999, conclusosi nel marzo 2005 con sentenza di condanna dei convenuti al pagamento di Euro 4.760,98 oltre interessi. La Corte d’appello, ritenuta ragionevole nella specie una durata di tre anni, liquidava in favore del ricorrente, a titolo di danno non patrimoniale per la ulteriore durata irragionevole di due anni e sette mesi del giudizio presupposto, la somma di Euro 2.672,00 oltre interessi legali, compensando tra le parti le spese del procedimento.

Avverso tale decreto, depositato il 28 marzo 2008, R.R. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato il 3 aprile 2009. Resiste il Ministero dell’economia e finanze con controricorso.

Motivi della decisione

Con unico motivo il ricorrente censura la statuizione avente ad oggetto la compensazione delle spese del procedimento di equa riparazione denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonchè vizio di motivazione: la Corte di merito non ha applicato il criterio della soccombenza ed ha esposto una motivazione solo apparente della ritenuta compensazione.

Tali doglianze sono prive di fondamento. Va osservato, in primo luogo, che le spese del procedimento non sono state poste a carico della parte totalmente vittoriosa, bensì compensate, e ciò non viola il disposto delle norme richiamate, che riconoscono al giudice la facoltà discrezionale di compensazione. In secondo luogo, tenendo anche presente che il provvedimento impugnato è anteriore alla modifica dell’art. 92 c.p.c., comma 2 di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 47 deve rilevarsi come la Corte di merito abbia legittimamente esercitato tale facoltà discrezionale, rimessa al suo prudente apprezzamento, esponendo – contrariamente a quanto dedotto nel ricorso – specifica motivazione (facente riferimento al notevole ridimensionamento della pretesa di Euro 10.000,00 azionata dal ricorrente) che non appare palesemente erronea, illogica o contraddittoria (cfr. Cass. n. 24531/2010).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, in Euro 800,00 per onorari, oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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