Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-03-2011) 21-06-2011, n. 24800

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Palermo con sentenza in data 20.2.2009 confermava la sentenza emessa dal Giudice monocratico di Palermo in data 28.1.2008 di condanna del ricorrente alla pena di anni uno e Euro 300,00 di multa per ricettazione di un assegno. La Corte territoriale rilevava che il fratello dell’imputato T.R. aveva negato di avere consegnato l’assegno al L.A. e che il perito grafico aveva attribuito al T.T. la girata " T.R.".

Ricorre l’imputato che con il primo motivi deduce la nullità assoluta ex art. 178 c.p.p., comma 1 perchè non si era indicata la data di ricezione della res rubata ma solo quella dell’accertamento del reato violando il diritto di difesa dell’imputato.

Con il secondo motivo si allega che il termine prescrizionale decorreva comunque dalla data di sottrazione del titolo per il principio del favor rei.

Con il terzo motivo si deduce il travisamento del fatto in quanto la firma di grata non era propria ma del fratello T.R..

Non vi era alcun elemento per ritenere il dolo dell’imputato per cui al massimo poteva essere applicabile l’art. 712 c.p..

Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Circa la prima doglianza è pacifico che in mancanza di un accertamento sulla data precisa della commissione di un delitto si possa contestare la data di accertamento in quanto il fatto è stato chiaramente identificato, fermo rimanendo che per il computo del periodo di prescrizione si dovrà considerare la data più favorevole all’imputato.

Per quanto riguarda il secondo motivo anche tenuto conto della data delle denuncia e non di quella dell’accertamento, considerata la recidiva, il termine prescrizionale decorre dopo la sentenza di appello. Nel giudizio di appello peraltro non risulta richiesta neppure in sede di conclusioni dalla difesa.

In ordine al terzo motivo si tratta di una censura di merito in quanto sulla base dell’accertamento del perito grafico si è escluso che la firma sul titolo sia ascrivibile al fratello dell’imputato.

Non sussiste alcun elemento per ritenere un incauto acquisto posto che il ricorrente ebbe anche a falsificare il titolo, che quindi non poteva aver ricevuto in buona fede.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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