Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-03-2011) 21-06-2011, n. 24792

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Tortino con sentenza del 2.7.2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Tortona in data 9.6.2008, esclusa l’aggravante contestata rideterminava la pena inflitta a B.B. in anni uno e mesi tre di reclusione ed Euro 400,00 di multa per tentativo di truffa ai danni di R.L. persona anziana che veniva convinta a consegnare la somma di 24.000,00 da due persone una identificata dal R.L. con il ricorrente, somma che non veniva effettivamente corrisposta per l’intervento dei CC. La Corte riteneva sicura l’identificazione del ricorrente alla luce delle dichiarazioni rese dalla parte offesa che l’aveva identificato fotograficamente. L’altra persona era stata fermata ed era risultata A.T. convivente del B. e in possesso della carta di identità di costui.

Ricorre l’imputato che con il primo motivo rileva che la Corte aveva replicato alle censure mosse all’identificazione in istruttoria mentre l’appello aveva criticato quella effettuata in udienza in quanto operata con meno di dieci foto e di persona già apparsa sui giornali locali. L’altra identificazione era finita per errore negli atti del processo in quanto la difesa non aveva a ciò prestato alcun consenso.

Con il secondo motivo si allega che la pena irrogata era manifestamente sproporzionata all’entità dei fatti commessi.

Con il terzo motivo si deduce che i fatti di cui alla sentenza in relazione alla quale era stata revocata la sospensione della pena erano precedenti e non successivi a quelli giudicati nel presente procedimento.

Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Circa l’identificazione fotografica del ricorrente la stessa risulta essere stato, effettuata per due volte e senza riserve di sorta; a questo si aggiungono le dichiarazioni rese dall’agente di Polizia municipale che vide nei pressi dell’istituto bancario ove era avvenuto il tentativo di truffa due persone corrispondenti alla segnalazione della parte offesa, fermò la donna che si rivelò essere la convivente del ricorrente ed in possesso di un documento con la foto del ricorrente stesso. Alla luce di tali considerazioni l’identificazione del B. appare certissima. L’identificazione fotografica dibattimentale non può di certo essere ritenuta non affidabile per le considerazioni generiche svolte in ricorso.

Il secondo motivo appare generico e di merito; la Corte territoriale ha anche considerato i precedenti del ricorrente, uno, dei quali per estorsione.

Infine manifestamente infondato è l’ultimo motivo in quanto la revoca della sospensione condizionale della pena è stata correttamente disposta in quanto la pena per il presente procedimento e quella precedentemente inflitta nel complesso superavano i limiti stabiliti per il beneficio.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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