T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 23-06-2011, n. 3338 Trasferimenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 14 ottobre 2008 e depositato il successivo 30 ottobre, L.Z., Sottufficiale dell’Aeronautica Militare, in servizio presso le Commissioni Mediche Ospedaliere di Napoli Capodichino fino alla data del 30.6.2007, deducendo di essere stato trasferito d’autorità, con nota del 26.6.2007, presso l’Infermeria Polifunzionale di Pozzuoli, distante circa 15 Km dalla precedente sede, e che non gli era stata corrisposta, pur avendone diritto, l’indennità di trasferimento di cui alla legge n. 86 del 2001 (già prevista dall’art. 1 della legge n. 100 del 1987) – richiesta con istanza depositata il 19.2.2008 – ha adito questo Tribunale per il riconoscimento di tale indennità, con gli accessori di legge, chiedendo la condanna dell’Amministrazione della Difesa al pagamento.

Deduce infatti il ricorrente che, in materia di trasferimento d’ufficio di militari, le leggi de quibus prevedono la corresponsione di un’indennità, detta appunto di trasferimento, in considerazione dei disagi che il cambiamento di sede comporta. Il comportamento inerte tenuto dall’Amministrazione resistente sarebbe pertanto, nella prospettazione attorea, illegittimo in quanto contrario a norma di legge vigente in materia, la quale riconosce al militare interessato dal trasferimento un diritto soggettivo alla corresponsione della predetta indennità, come anche evidenziato da questo Tribunale con la sentenza n. 92179 del 2008 che ha dichiarato inammissibile l’azione già proposta da parte ricorrente avverso il silenzio serbato dall’Amministrazione, sulla base del rilievo che la posizione giuridica azionata ha la consistenza di diritto soggettivo e non è pertanto tutelabile con l’azione ex art. 21bis della legge Tar, potendo l’interessato proporre in via immediata l’azione di accertamento del diritto.

Il 30 aprile 2011 parte ricorrente ha depositato una nota difensiva con allegata documentazione, con cui ha rappresentato che, nelle more del giudizio, e precisamente nella busta paga di dicembre 2009, l’Accademia Aeronautica aveva spontaneamente riconosciuto al dipendente la somma di euro 10.967,82 con la motivazione "trasferimento legge 86/2001", somma questa corrispondente alla sola sorte capitale.

Ha pertanto rinunciato alla domanda di pagamento della sorte, per intervenuta soddisfazione in parte qua del credito vantato, insistendo nella condanna dell’Amministrazione al pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria, oltre che al pagamento delle spese legali.

Il 5 maggio 2011 l’Amministrazione resistente ha depositato un’articolata memoria difensiva, instando per il rigetto del ricorso.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’odierna udienza pubblica nella quale il procuratore costituito per il ricorrente, con dichiarazione resa a verbale di udienza, ha del pari dichiarato di rinunciare alla domanda relativa alla corresponsione della somma capitale.

Motivi della decisione

In via preliminare, occorre affermare che non può essere presa in considerazione la memoria difensiva dell’Amministrazione resistente in quanto depositata oltre i termini di cui all’art. 73, comma 1, c.p.a., termini da intendersi superati sia a voler qualificare la memoria de qua come prima memoria (dovendo in tal caso il termine essere di trenta giorni liberi prima dell’udienza di discussione) che come memoria di replica rispetto a quella di controparte (rispetto alla quale il termine è di venti giorni liberi prima della medesima udienza).

Peraltro, vi è da osservare che la memoria depositata da parte ricorrente in data 30 aprile 2011 non ha alcuna valenza difensiva, contenendo semplicemente la rinuncia alla domanda relativa alla corresponsione del capitale per cessata materia del contendere in parte qua, rinuncia tra l’altro reiterata al verbale di udienza, per cui la memoria depositata dall’Amministrazione resistente non può intendersi come replica, non contenendo peraltro alcun riferimento alla nota di parte ricorrente del 30 aprile 2011.

Ciò posto, in considerazione della circostanza che l’udienza di discussione del ricorso è stata fissata il 28 gennaio 2011, successivamente alla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo e che pertanto si applica ratione temporis la nuova disciplina dei termini di cui all’art. 73, comma 1, la memoria depositata dall’Amministrazione deve considerarsi tardiva (cfr. al riguardo Tar Toscana Firenze, Sez. III, 2 febbraio 2011, n. 183, secondo cui "l’art. 2 dell’allegato 3 del d.lgs. n. 104/2010 statuisce che, per i termini in corso alla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo, continuano a trovare applicazione le norme previgenti. Pertanto, ad avviso del Collegio, per definire il regime transitorio rilevante ai fini del giudizio su tale eccezione, occorre distinguere il caso in cui, alla data del 16 settembre 2010, risulti essere già stata fissata l’udienza, dal caso in cui ciò non sia avvenuto. Nella prima ipotesi, preesistendo all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo la concreta identificazione del dies a quo (ancorché a ritroso) coincidente con la data di udienza, la presentazione di memorie e documenti avviene in pendenza del termine fissato per il deposito, con conseguente applicazione della normativa previgente al d.lgs. n. 104/2010; nella seconda ipotesi, in mancanza della concreta individuazione, alla data del 16 settembre 2010, del dies a quo stesso, il deposito di memorie e documenti, benché sia comunque consentito, non può avvenire durante la pendenza del periodo previsto dal citato art. 2, non essendo nella suddetta data predefinito il giorno dell’udienza che funge da termine di riferimento").

Anche nel sistema introdotto dal codice deve invero ritenersi – come già nel precedente (cfr. Consiglio Stato, Sez. IV, 9 luglio 2010, n. 4462, secondo cui "nel processo amministrativo non si può tener conto delle memorie o della documentazione depositate dalla parte dopo la scadenza del termine previsto per tali adempimenti dall’art. 23 l. 6 dicembre 1971, n. 1034, applicabile anche al giudizio d’appello, essendo espressione del generale principio di rispetto del contraddittorio, a sua volta riconducibile al principio dell’equo processo di cui all’art. 6, conv. europea dei diritti dell’uomo, resa esecutiva con l. 4 agosto 1955 n. 848"; nonché Consiglio Stato, Sez. V, 17 novembre 2009, n. 7166, secondo cui "nel giudizio amministrativo, il termine assegnato alle parti per il deposito delle memorie è perentorio e non può subire deroghe nemmeno con il consenso delle parti, essendo esso previsto non solo a tutela del contraddittorio ma anche a garanzia del corretto svolgimento del processo e dell’adeguata e tempestiva conoscenza degli atti di causa da parte del collegio giudicante") – che i termini fissati per il deposito di memorie e documenti siano perentori".

Tali conclusioni risultano confermate anche dal disposto di cui all’art. 54, comma 1, del c.p.a. che prevede la possibilità del collegio di autorizzare, su richiesta di parte, la presentazione tardiva di memorie e documenti, assicurando comunque il rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, quando la produzione nel termine di legge risulta estremamente difficile, disposto questo di carattere eccezionale e derogatorio da non applicarsi al di fuori dei casi in esso contemplati e quindi non applicabile alla fattispecie di cui è causa, in mancanza di istanza di parte e dell’allegazione dell’impossibilità di produrre l’atto difensivo nel termine di legge.

Per contro, non può ritenersi che la "memoria" depositata da parte ricorrente sia tardiva in quanto, come detto, non contenente alcuna deduzione di carattere difensivo, ma la sola delimitazione della domanda per la parte relativa agli accessori (interessi e rivalutazione monetaria), per intervenuta corresponsione della somma capitale, delimitazione questa sempre possibile fino all’udienza di discussione.

Sempre in via preliminare va poi rilevato che la dichiarazione di "rinuncia" alla domanda per la somma capitale formulata dal legale di parte ricorrente non può essere qualificata come rinuncia al ricorso, sia pure in parte qua, ai sensi e per gli effetti dell’art. 84 c.p.a. e dell’art. 306 c.p.c., ma piuttosto come delimitazione della domanda, a seguito dell’intervenuta soddisfazione parziale del credito, qualificabile pertanto quale attestazione di cessazione della materia del contendere in relazione al capo relativo alla sorte capitale.

Ciò posto, va evidenziato che ai fini della predetta dichiarazione non era necessario il rilascio di alcun mandato speciale al dichiarante, rientrando la delimitazione della domanda in sede di precisazione delle conclusione nei poteri del difensore (ex multiis Cass., Sez. III, sentenza n. 1439 del 4 febbraio 2002, secondo cui "la rinuncia alla domanda o ai suoi singoli capi, qualora si atteggi come espressione della facoltà della parte di modificare ai sensi dell’art. 184 cod. proc. civ. (e 420 cod. proc. civ. per le controversie soggette al cosiddetto rito del lavoro), le domande e le conclusioni precedentemente formulate, rientra fra i poteri del difensore (che in tal guisa esercita la discrezionalità tecnica che gli compete nell’impostazione della lite e che lo abilita a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della causa, la condotta processuale da lui ritenuta più rispondente agli interessi del proprio rappresentato), distinguendosi così dalla rinunzia agli atti del giudizio, che può essere fatta solo dalla parte personalmente o da un suo procuratore speciale, nelle forme rigorose previste dall’art. 306 cod. proc. civ.").

Ciò tanto più laddove, come nella specie, detta delimitazione sia ricollegabile ad una cessazione della materia del contendere rispetto ad un capo di domanda, essendo tale situazione rilevabile anche d’ufficio.

Va allora dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine al capo di domanda relativo alla sorte capitale, tenuto conto che l’Amministrazione convenuta, nel procedere alla corresponsione al ricorrente (direttamente in busta paga e con specifica indicazione causale) della somma da questi richiesta a titolo di indennità di trasferimento ex lege n. 86 del 2001, non ha fatto alcuna riserva di successiva ripetizione, per cui ha dimostrato fattualmente di concordare sull’esistenza del debito.

L’oggetto del contendere è quindi limitato alla sola spettanza degli interessi e della rivalutazione monetaria.

Senza dubbio dovuti sono gli interessi, trattandosi di un accessorio di legge rispetto ad una somma capitale dovuta, come dimostrato dal comportamento dell’Amministrazione che, spontaneamente e senza che fosse intervenuta alcuna pronuncia giudiziale, ha riconosciuto la spettanza della somma capitale.

In ogni caso, a prescindere dal comportamento dell’Amministrazione, l’indennità in questione risulta dovuta, venendo nell’ipotesi di specie in rilievo un trasferimento d’autorità, in considerazione del costante orientamento giurisprudenziale formatosi sull’applicazione dell’art. 1 della legge 20 marzo 2001 (ex multiis, Consiglio Stato, Sez. VI, 24 novembre 2010, n. 8211 secondo cui "l’interpretazione letterale dell’art. 1, l. n. 86 del 2001 induce a ritenere che oggi l’indennità di trasferimento abbia una disciplina autonoma e basata su presupposti compiutamente regolati dalla norma in esame che sono: il trasferimento del militare d’autorità; la predeterminazione del criterio di quantificazione, che, in sostanza, non è più affidato al meccanismo di rinvio ad altra normativa; l’ubicazione della nuova sede di servizio in un Comune diverso da quello di provenienza. Non si rinviene, invece, nella lettera della disposizione, alcuna menzione, neanche indiretta, alla necessità di dovere valutare anche l’ulteriore requisito della sussistenza o meno di una distanza minima chilometrica tra le sedi di servizio interessate al trasferimento del militare"; Tar Lazio Roma, Sez. II, 2 marzo 2010, n. 3267 secondo cui "rientrano nel concetto di trasferimento d’autorità non solo i trasferimenti d’ufficio per esigenze di servizio, relativamente ai quali lo spostamento di sede implica una valutazione discrezionale dell’Amministrazione disponente, ma tutte le ipotesi in cui il trasferimento del militare prescinda dalla sua volontà ed appaia il risultato di una determinazione autoritativa dell’Amministrazione militare").

Ciò posto, vanno corrisposti gli interessi legali sulla somma capitale già liquidata, a far data dalla data del trasferimento e fino all’effettivo soddisfo.

Non spetta, invece, la rivalutazione monetaria, avuto riguardo alla natura non retributiva del richiesto beneficio (v. T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. I, 24 febbraio 2011, n. 320).

In conclusione:

a) va dichiarata la cessazione della materia del contendere sul capo di domanda relativo alla corresponsione della somma capitale;

b) va accolto il capo di domanda relativo alla corresponsione degli interessi legali e per l’effetto l’Amministrazione resistente va condannata al relativo pagamento, sulla somma capitale già corrisposta pari ad euro 10.967,82, dalla data del trasferimento fino all’effettivo soddisfo;

c) va rigettato il capo di domanda relativo alla corresponsione della rivalutazione monetaria.

Quanto alle spese, sussistono giusti motivi, in considerazione del non completo accoglimento del ricorso, per effettuarne la compensazione nella misura del 50%, regolando il residuo secondo soccombenza con liquidazione operata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

– dichiara cessata la materia del contendere quanto alla domanda di condanna al pagamento della somma capitale;

– condanna l’Amministrazione resistente al pagamento, in favore del ricorrente, degli interessi legali sulla somma capitale già corrisposta, pari ad euro 10.967,82, dalla data del trasferimento fino all’effettivo soddisfo;

– rigetta la domanda di condanna al pagamento della rivalutazione monetaria.

– compensate le spese di lite nella misura del 50%, condanna l’Amministrazione resistente alla refusione del restante 50%, che liquida in complessivi euro 500,00 (cinquecento/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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