Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-03-2011) 21-06-2011, n. 24789

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che, in parziale riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Pozzo di Gotto, del 19.06.2007, ha ridotto la pena inflitta a S.M., per il reato di invasione di terreni in relazione a una porzione di terreno costituente un relitto fluviale, a giorni quindici di reclusione, ha proposto ricorso per cassazione la difesa di S.M., chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo a motivo:

a) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) perchè con motivazione illogica la Corte avrebbe affermato che non vi è prova che la parte del greto del torrente non debba più adempiere alla sua funzione originaria, senza considerare che il non uso protrattosi per ventotto anni fa ragionevolmente intendere che il torrente ha cessato di avere l’originaria funzione. Tale area formatasi dal ritiro del torrente non sarebbe più del demanio e a quel terreno non si applica la disciplina dei beni demaniali: il regime di demanialità cessa nel momento in cui il bene non è più funzionale allo scopo pubblico. Su tale specifico punto la Corte di merito non ha motivato. Nel caso in esame l’altruità del bene,elemento essenziale del reato non c’è non essendo il bene del demanio per cessata funzione ed il terreno è dell’imputata in virtù di diritto successorio. L’imputata non si trovava nella condizione di essere consapevole di invadere un bene altrui e, pertanto, manca l’elemento soggettivo.

Motivi della decisione

2. Il ricorso non è fondato.

2.1 Nessuna censura deve essere mossa alla motivazione della sentenza impugnata, che sul punto dedotto in ricorso, si è allineata alla giurisprudenza di legittimità delle Sezioni unite civili di questa Corte.

2.2 E’ stato, infatti, già deciso da questa Corte che la sdemanializzazione tacita non può desumersi dalla sola circostanza che un bene non sia più adibito, anche da lungo tempo, ad uso pubblico; essa è ravvisabile solo in presenza di atti e fatti che evidenzino in maniera inequivocabile la volontà della P.A. di sottrarre il bene medesimo all’uso pubblico e di rinunciare definitivamente al suo ripristino. SS.UU, Sentenza n. 11101 del 2002 (Rv. 556306).

2.3 Pertanto la circostanza che il bene pubblico, da lungo tempo, non sia adibito a tale uso, è del tutto insufficiente a configurare la sdemanializzazione, non potendo desumersi da una situazione negativa di mera inerzia o tolleranza una volontà di rinunzia univoca e concludente.Occorrono,in altri termini atti univoci, concludenti e positivi della P.A., tali da presentarsi incompatibili con la volontà conservare al bene la sua destinazione pubblica, (rv 596776).

2.4 In sentenza, richiamando la richiesta di concessione dell’area avanzata dalla stessa ricorrente, congruamente, poi, si afferma che ciò depone,inequivocabilmente, per la consapevolezza dell’altruità del bene, ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

4. Infine va rilevato che la copia della sentenza pervenuta a questo giudice non reca il dispositivo. Il dispositivo, in originale, è affollato alla pagina 19 del fascicolo. L’omessa o incompleta trascrizione, nell’originale della sentenza, del dispositivo letto in pubblica udienza non integra la nullità di cui all’art. 546 c.p.p., comma 3, trattandosi di una mera assenza grafica sanabile con la procedura di correzione degli errori materiali di cui all’art. 130 cod. proc. pen.. Rv. 239329.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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