Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-11-2011, n. 22741 Licenziamento per riduzione del personale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 281 del 2006 il Giudice del Lavoro del Tribunale di Vicenza respingeva il ricorso proposto da I.A.V. J., ritenendo legittimo il licenziamento, intimato al lavoratore dalla FIMA S.r.l. per soppressione del posto di lavoro, attesa l’esternalizzazione delle mansioni di pulizia. Tale decisione, a seguito di appello dell’originario ricorrente, è stata confermata dalla Corte di Appello di Venezia con sentenza n. 734 del 2007, con compensazione per metà delle spese del grado e condanna dell’appellante al pagamento della restante metà.

Il giudice di appello ha osservato che il ricorrente nell’originario ricorso non aveva fatto riferimento al demansionamento (da serigrafo ad addetto alle pulizie), ma alla ridotta capacità lavorativa per malattia e comunque a carenza di giusta causa e/o giustificato motivo oggettivo. Lo stesso giudice ha aggiunto che soltanto nelle note del 16.04.2006 il ricorrente aveva parlato del demansionamento, da lui ben conosciuto, sicchè sotto tale profilo la domanda era totalmente nuova rispetto al thema decidendum, precisato nel ricorso introduttivo.

Il lavoratore ricorre per cassazione con due motivi.

La FIMA S.r.l. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta omessa motivazione circa un fatto decisivo del giudizio, sostenendo che l’impugnata sentenza non ha tenuto conto che nella premessa del ricorso ex art. 414 c.p.c. il demansionamento era stato esplicitamente e ritualmente dedotto.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, degli artt. 2103 e 2697 cod. civ, degli artt. 414 e 416 c.p.c., ribadendo che il fatto del demansionamento era acquisito al giudizio in virtù delle avverse difese e quindi non costituiva fatto nuovo. Le esposte censure, da esaminarsi congiuntamente perchè intimamente connesse, sono prive di pregio e vanno disattese.

La Corte territoriale ha osservato che il ricorrente, contrariamente a quanto enunciato nell’atto di appello, con il ricorso di primo grado aveva chiesto l’accertamento della nullità/illegittimità dell’intimato licenziamento, perchè determinato dalla ridotta capacità lavorativa dovuta alla malattia e comunque per carenza di causa e/o giustificato motivo oggettivo, non sollevando la questione dell’illegittimità del demansionamento subito e conseguente illegittimità del licenziamento, assunto enunciato soltanto nelle note del 19 aprile 2006.

Orbene l’individuazione da parte del giudice di appello della causa petendi e del petitum risulta sorretta da adeguata e coerente motivazione, cui il ricorrente oppone un diverso apprezzamento, non ammissibile in sede di legittimità. Del resto lo stesso ricorrente afferma (cfr pagine 22/23 del ricorso per cassazione) che la questione del demansionamento non aveva costituito oggetto di autonoma domanda nel ricorso introduttivo e soltanto nelle note finali di primo grado tale questione era stata sviluppata ed argomentata, sicchè correttamente il giudice di appello ha riscontrato la proposizione di una domanda nuova.

Sulla base delle precedenti considerazioni nessuna rilevanza assume l’ulteriore profilo della carenza di giusta causa e/o giustificato motivo oggettivo, avendo il ricorrente collegato tale carenza all’asserito illegittimo demansionamento. Tale profilo, come già detto, è stato disatteso dal giudice di appello, il quale ha rilevato che in ogni caso era da escludere una diversa adibizione dello stesso ricorrente a mansioni diverse da quelle soppresse di pulizia e ad una sua ricollocazione in ambito aziendale (cd. repechage), riguardando le censure, contenute nell’atto di appello, asserita inosservanza di oneri di prova da parte della società datrice di lavoro circa i numeri degli addetti al reparto di serigrafia all’epoca del licenziamento ed esigenza aziendale imprevista e sopravvenuta circa l’assunzione a termine della lavoratrice P.R.. Tale inosservanza, ha puntualizzato conclusivamente il giudice di appello, era da escludersi proprio perchè l’omessa prova derivava dalla tardività delle deduzioni del ricorrente, svolte soltanto nelle note finali del 19.04.2006. 2. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 40,00, oltre Euro 2.500,00 per onorari, ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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