Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 21-06-2011, n. 24784 Durata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del di 8 ottobre 2010 il Tribunale di Perugia, in funzione di giudice del riesame, rigettava l’istanza proposta, a mente dell’art. 309 c.p.p., da C.V. avverso la misura cautelare in carcere in suo danno disposta dal GIP del medesimo Tribunale il precedente 1.9.2010, in relazione ai reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74, 73 e 80 meglio descritti ai capi a) della rubrica per quanto riguarda l’ipotesi associati va ed ai capi b) e c) per i singoli episodi fine, consumati dal (OMISSIS), il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e fino al dicembre 2009 i reati fine.

A sostegno della decisione il Tribunale, confermando analoga valutazione del giudice di prime cure, poneva intercettazioni telefoniche, servizi di o.c.p., gli arresti di alcuni corrieri, acquisizioni documentali da altri procedimenti penali. A carico del C., in particolare, la contestazione in atti imputa la partecipazione ad un sodalizio operante a livello internazionale, composto stabilmente da soggetti di nazionalità (OMISSIS), ognuno con ruoli e compiti precisi, agenti in (OMISSIS), organizzazione ben strutturata e dotata di ampi mezzi strumentali, dedita ad un numero indeterminato di operazioni di importazione di cocaina e marijuana.

Al C., inoltre, vengono contestati, quali reati fine, l’episodio di cui al capo b) della rubrica, relativa all’arresto di un corriere proveniente dal (OMISSIS) con un kg. di cocaina, l’episodio di cui al capo c) relativo al suo arresto con altre tre persone ed al sequestro in tale occasione di kg. 1,750 di cocaina, l’episodio di cui al capo e) della rubrica, relativo al suo arresto in flagranza, unitamente a C.F., ed al sequestro in tale occasione di kg. 2,300 di cocaina, episodio per il quale il ricorrente è stato giudicato e condannato con sentenza del 25.11.2009 e che nell’ordinanza viene considerato ai fini cautelari referiti a sei complici estranei al primo giudizio, l’episodio di cui al capo m), relativo ad una transazione per una partita di sostanza stupefacente che lo vede coinvolto insieme ad altri sette complici.

Quanto alle esigenze cautelari, inoltre, richiamava il Tribunale la capacità del ricorrente di muoversi con contatti internazionali, la permanenza del vincolo associativo, il pericolo di fuga e quello di inquinamento probatorio, per concludere poi, in ordine alla misura restrittiva da applicare, con il richiamo alla disciplina di rigore di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3. 2. Ricorre per l’annullamento dell’impugnata ordinanza il predetto C.V., con l’assistenza del suo difensore di fiducia, sviluppando due motivi di impugnazione.

2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente, a mente dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), violazione dell’art. 297 c.p.p., comma 3 e difetto di motivazione sul punto, in particolare osservando che:

– il ricorrente, a seguito di arresto in flagranza di reato operato il (OMISSIS), risulta attinto da ordinanza cautelare in carcere (in seguito attenuata con gli arresti domiciliari) emessa il 18.4.2009 per i fatti riportati nella stessa rubrica del presente procedimento sub capo e) e per questo processato e condannato all’esito di giudizio immediato (la permanenza della contestazione nel presente procedimento si giustifica con la necessità di perseguire i complici rimasti estranei al predetto giudizio);

– detta sentenza ha riguardato un’accusa a mente dell’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e la stessa non è passata in giudicato dappoichè gravata con appello;

– tra detto episodio e gli altri di cui alle sintetizzate imputazioni poste a fondamento della seconda ordinanza cautelare, oggetto della presente impugnazione, è palese la ricorrenza di una ipotesi di connessione qualificata, l’uno e gli altri rientrando nell’ambito di un unico ed identico disegno criminoso;

– il Tribunale ha liquidato la questione in termini apodittici ed insufficienti osservando, semplicemente, che il C. è stato giudicato il 25.11.2009 per l’episodio sub e), di guisa che il termine di fase è stato consumato soltanto in parte e che non sussistente allo stato alcuna questione di retrodatazione;

– trattasi di motivazione insufficiente e non esaustiva delle esposte doglianze giacchè ai fini della verifica del rispetto dei termini di fase della custodia cautelare in atto occorre individuare il dies a qua nel 18.4.2009;

– il C. dal (OMISSIS) non ha commesso alcun fatto illecito e le condotte contestategli attualmente ricadono in tempi anteriori a tale data ed integrano l’ipotesi di connessione qualificata ai sensi dell’art. 12 c.p.p., con le conseguenze di legge invocate dal ricorrente;

– gli atti processuali dimostrano comunque che al momento del primo arresto era possibile desumere dagli atti l’esistenza dei fatti oggetto dell’ordinanza successiva;

– anche su ciò nulla motiva l’ordinanza impugnata.

2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente, a mente dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), violazione di legge e difetto di motivazione nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha ritenuto sussistenti esigenze cautelari ed in quella in cui ha rigettato la richiesta di attenuazione della misura.

3. Il ricorso è infondato.

3.1.1 Il tema di decisione posto dal ricorso in esame attiene direttamente alla tematica delle cd. "contestazioni a catena", regolata dalla disposizione di cui all’art. 297 c.p.p., comma 3, che, nel testo introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n. 332, art. 12, stabilisce: "Se ne i confronti di un imputato sono emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura per uno stesso fatto, benchè diversamente circostanziato o qualificato, ovvero per fatti diversi commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza in relazione ai quali sussiste connessione ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. b e c, limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri, i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all’imputazione più grave. La disposizione non si applica relativamente alle ordinanze per fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste connessione ai sensi del presente comma".

Tale regolamentazione è stata oggetto di scrutinio di legittimità costituzionale ed il giudice delle leggi ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 297 c.p.p., comma 3, nella parte in cui non si applicava anche a fatti diversi non connessi, quando risulti che gli elementi per emettere la nuova ordinanza erano già desumibili dagli atti al momento dell’emissione della precedente ordinanza (Corte Cost., 3 novembre 2005, n. 408). La pronuncia della Corte costituzionale ha fatto esplicito riferimento al diritto "vivente" risultante dall’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, nel caso di emissione nei confronti di un imputato di più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, tra i quali non sussiste la connessione prevista dall’art. 297 c.p.p., comma 3, i termini delle misure disposte con le ordinanze successive decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, se al momento dell’emissione di questa erano desumibili dagli atti gli elementi che hanno giustificato le ordinanze successive (Cass., Sez. Un., 22 marzo 2005, Rahulia).

I principi in tema di "contestazione a catena" sono stati elaborati e approfonditi da un ulteriore, recente intervento delle Sezioni Unite, con cui è stato chiarito, per quanto di interesse nel presente giudizio, che, ai fini della retrodatazione dei termini di decorrenza della custodia cautelare ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3, è necessaria la sussistenza del presupposto dell’anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza coercitiva, rispetto all’emissione della prima, e che tale condizione essenziale deve essere esclusa allorchè il provvedimento successivo riguardi un reato di associazione di tipo mafioso e la condotta di partecipazione alla stessa si sia protratta dopo l’emissione della prima ordinanza (Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2006, Librato).

3.1.2 A fronte di siffatto quadro di riferimento normativo il tribunale ha ritenuto, ancorchè con motivazione non immune da mende logiche e giuridiche, che nella fattispecie – oggetto di riesame – non può trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 297 c.p.p., comma 3. Trattasi di conclusione corretta ancorchè per ragioni diverse di quelle sinteticamente espresse nella motivazione impugnata. Ancora questa Corte (Sez. 3, 9.2.2010, n. 9946) ha affermato, interpretando la norma di riferimento, che la impossibilità di ulteriore protrazione dei termini, a causa della retrodatazione di quelli di fase, incide sulla configurabilità delle esigenze cautelari, ovvero rende obiettivamente ingiusta, sin dall’inizio, la nuova misura.

Orbene, seguendo tale impostazione, occorre però distinguere l’ipotesi in cui sia stato dedotto che già al momento della misura i termini erano scaduti per l’ipotizzata retrodatazione – ipotesi nella quale la questione della retrodatazione può essere posta in sede di riesame – dall’ipotesi in cui, invece, l’ipotizzata retrodatazione si riferisce all’eventualità di una inefficacia sopravvenuta o sopravveniente del titolo per la impossibilità dell’incipiente o prossimo maturare dei termini, ipotesi nella quale la questione andava posta in sede di istanza di revoca, non incidendo sul titolo.

Nel caso in esame, pertanto, per ammettere la fondatezza della questione posta in sede di riesame sarebbe occorso che fosse risultata fondata la prospettazione che i termini di fase erano ormai scaduti e che, pertanto, la misura non poteva per questo essere emessa.

Su tale punto specifico quanto decisivo ai fini del giudizio invocato, le argomentazioni difensive appaiono generiche ed anche in contraddizione tra loro e con i documenti prodotti, dai quali risulta che in relazione ai fatti giustificativi dell’arresto, era stato emesso decreto di giudizio abbreviato e che il successivo 25.11.2009 è stato celebrato il giudizio abbreviato, di guisa che i termini di fase delle, indagini preliminari non erano certamente scaduti, tenuto conto della regola giuridica secondo cui non si possono sommare, ai fini della disciplina di cui all’art. 297 c.p.p., comma 3, i termini diversi della fase delle indagini e di quella del giudizio, tanto più in considerazione del fatto che la norma in esame si riferisce solo alle indagini preliminari.

3.2 Manifestamente infondate appaiono poi le censure affidate dalla difesa ricorrente al secondo motivo di ricorso. L’ordinanza impugnata infatti esaustivamente e con rigore logico ha affermato la sussistenza di esigenze cautelari, correttamente collegandole alla vastità della condotta associativa, alle sue diramazioni territoriali, alle esigenze di cautela probatoria insite in fattispecie quali quelle in esame, al pericolo di fuga stante la nazionalità non italiana dell’indagato, per concludere poi, in piena coerenza con le regole codicistiche, che in presenza di esigenze cautelari non v’è spazio di scelta in ordine alla misura più idonea per la loro tutela.

Da parte sua la difesa ricorrente prospetta valutazioni di merito, in quanto tali inammissibili in questa sede di legittimità, contrarie a quelle fatte proprie, come detto motivatamente, dai giudicanti, i quali hanno fatto corretta applicazione della disciplina di rigore di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3. 4. Pertanto, alla stregua delle esposte considerazioni, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria provvederà all’adempimento previsto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. DISPONE trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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