Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-03-2011) 21-06-2011, n. 24802

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Roma con sentenza del 23.4.2010 confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Roma del 24.2.2009 di condanna del ricorrente alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa per due truffe ed una appropriazione indebita. Il ricorrente contattava dei clienti che volevano cambiare la vettura come venditore della ditta "T auto"; per le contestazioni di truffa era emerso che era si appropriato delle dette vetture usate cedendole poi a terzi o appropriandosene e nel caso della contestazione di appropriazione indebita aveva invece trattenuto la somma ricevuta, incassata a titolo di caparra.

La Corte territoriale riteneva provata la responsabilità del ricorrente alla luce delle dichiarazioni rese dalle parti offese che consentivano di accertare che il ricorrente aveva sempre negoziato all’insaputa della ditta T auto dalla quale poi era stato anche licenziato per cui non appariva credibile la tesi difensiva per cui le trattative erano state condotte sempre per conto della citata ditta.

Ricorre l’imputato che con il primo motivo la nullità della sentenza di primo grado per omessa notifica del decreto di citazione a giudizio.

Con il secondo motivo si deduce che le trattative erano state tutte condotte per conto della ditta T auto. Le dichiarazioni delle parti offese non dimostravano che il ricorrente avesse agito per conto proprio posto che era un dipendente della detta società.

Con il successivo motivo si allega che era stata del tutto immotivatamente negata la riapertura del dibattimento.

Non era stata congruamente motivato il rigetto della richiesta di concessione delle attenuanti generiche.

Con istanza pervenuta per l’udienza del 25.11.2011 si chiedeva il differimento di udienza in quanto l’avviso per l’udienza era stato notificato tardivamente, a mezzo fax e senza la trasmissione integrale del provvedimento di abbreviazione dei termini.

Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Circa l’istanza di differimento di udienza, la stessa va respinta in quanto ex actis emerge la prova che l’avviso per l’udienza è stato comunicato a mezzo fax al difensore con l’avvertenza dell’avvenuta riduzione dei termini e quindi ritualmente e tempestivamente.

Il primo motivo è totalmente generico in quanto non si allegano neppure le modalità ritenute "irregolari" della notifica del decreto di citazione a giudizio.

Circa il secondo motivo si tratta di deduzioni meramente di fatto già esaminate dai giudici di merito che hanno analiticamente indicato gli elementi in base ai quali deve escludersi che le trattative condotte con le parti offese siano state effettuate per conto della ditta "T auto", come l’avere una di queste, il R., parlato con il solo imputato che si era fatto trovare solo davanti alla sede della ditta, così come nel caso del P. che aveva scoperto recandosi alla T auto che il ricorrente non lavorava più lì. Anche i rapporti con lo Z. risultano tenuti dal ricorrente personalmente. Un titolo emesso nel corso della trattativa al R. e poi andato protestato era stato emesso in proprio e non dalla ditta. La Corte di appello accertava che nei fatti per cui è processo emergeva che, sebbene l’imputato si fosse presentato come un dipendente della citata ditta, in realtà la stessa era rimasta estranea alle vicende di cui è processo. La motivazione sul punto appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure come detto sono di merito.

Analogamente di merito e generiche sono le deduzioni del terzo motivo non venendo in alcun modo spiegate le ragioni per cui fosse determinante la riapertura del dibattimento, pur in presenza di elementi di prova in ordine alla responsabilità del ricorrente univoci e del tutto sufficienti.

Le attenuanti generiche non sono state concesse per i numerosi precedenti anche specifici dell’imputato: la motivazione appare congrua e logicamente coerente; le censure sono di mero fatto e generiche in quanto non indicano neppure quali elementi già allegati alla Corte di appello dovessero essere tenuti in considerazione ai fini della concessione delle chieste attenuanti generiche.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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