Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-11-2011, n. 22994 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.P.M. e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto in data 26 maggio 2009, con il quale la Corte di appello di Bologna ha rigettato la domanda di equa riparazione da loro proposta, della L. n. 89 del 2001, ex art. 2, per violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio promosso davanti al Tar di Bologna con ricorso del 22 dicembre 1994 e conclusosi con decreto di perenzione del 19 dicembre 2008, per tardiva presentazione dell’istanza di fissazione dell’udienza di discussione della L. n. 205 del 2000, ex art. 9.

Il Ministero intimato non ha svolto difese.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Motivi della decisione

Con i tre motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto attinenti alla medesima questione, i ricorrenti si dolgono che la Corte di merito abbia rigettato la domanda, ritenendo che i ricorrenti si trovassero in una situazione soggettiva di evidente indifferenza rispetto all’esito del proprio ricorso, tanto da non provvedere ad attivarsi tempestivamente, causando con il proprio comportamento omissivo la perenzione del processo e manifestando un sostanziale disinteresse per le sorti del giudizio, così da potersi ritenere provata l’insussistenza, in capo ai ricorrenti medesimi, di un pregiudizio morale per il superamento del termine ragionevole di durata del processo.

Il ricorso è fondato. In tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa (Cass. 2006/24438;

2008/24901; 2010/14753), tenuto anche conto che la mancata presentazione dell’istanza dopo un lungo tempo trascorso dalla proposizione della domanda legittima semmai la liquidazione del risarcimento in misura inferiore rispetto a quella normalmente ritenuta congrua (Cass. 2010/14753; 2011/3271).

Il ricorso merita pertanto accoglimento e il decreto impugnato deve essere di conseguenza annullato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

Va in primo luogo rilevato che la durata complessiva del giudizio presupposto, protrattosi dal 22 dicembre 1994 al 19 dicembre 2008, deve essere stabilita in quattordici anni, con conseguente superamento nella misura di undici anni del termine ragionevole di durata, determinato per il giudizio di primo grado in tre anni alla stregua dei parametri fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di cassazione.

Per quanto concerne il criterio per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto va considerato che la CEDU, in due decisioni (Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010; Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010) ha ritenuto che potessero essere liquidate, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi e alle loro peculiarità, somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di mille Euro annue normalmente liquidata, con valutazioni del danno non patrimoniale che consentono al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarità della fattispecie, a valutazioni più riduttive rispetto a quelle in precedenza ritenute congrue (v. Cass. 2010/14753; 2010/15130).

Nel caso di specie, considerati i margini di valutazione equitativa adottabili in conformità dei criteri ricavabili dalla sopra menzionata giurisprudenza della CEDU e valutate le specificità del caso in relazione al protrarsi della procedura dinanzi alla Corte dei conti oltre i limiti ragionevoli di durata, e in particolare del lunghissimo periodo in cui non vi è stato impulso sollecitatorio di parte, al ricorrente va liquidata in via equitativa, per danno non patrimoniale, la somma di Euro 7.000,00 con gli interessi legali dalla domanda, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti indicati in epigrafe della somma di Euro 7.000,00, oltre agli interessi legali dalla domanda.

Condanna il Ministero soccombente al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 5,000,00 di cui Euro 2.500,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi oltre a spese generali e accessori di legge.

Condanna inoltre il Ministero soccombente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.500,00, di cui Euro 1.400,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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