Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-03-2011) 21-06-2011, n. 24894

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 24 ottobre 2007 il Tribunale di Catania dichiarava B.F., P.C., P.P. R., P.A. e L.F. colpevoli dei reati loro ascritti: i primi quattro del reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p., la quinta del reato di cui all’art. 483 c.p. e, con la concessione delle attenuanti generiche, li aveva condannati alla pena di giustizia, oltre consequenziali statuizioni; per P. P. e P.A. la pena detentiva era convertita nella corrispondente pena pecuniaria. I primi quattro erano accusati di avere formato una falsa certificazione presentata al Provveditorato agli studi di (OMISSIS), attestante pregressa attività di servizio, ai fini di un’utile collocazione in graduatoria.

Pronunciando sul gravame proposto in favore degli imputati, la Corte di Appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, dichiarava non doversi procedere in ordine al reato ascritto nei confronti di L.F. perchè estinto per prescrizione;

sostituiva la pena detentiva con quella pecuniaria nei confronti di B. e P.C., revocando il beneficio della sospensione condizionale; confermava nel resto.

Avverso la sentenza anzidetta, il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motivo.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di impugnazione, parte ricorrente denuncia violazione ed erronea applicazione della legge; vizio di motivazione, ai sensi degli artt. 477 e 482 c.p.; artt. 192, 546, 521 e 522 c.p.p. in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b). con riferimento alla ritenuta insussistenza di prove a carico degli imputati.

Il secondo motivo deduce identico vizio di legittimità, sul rilievo della violazione del principio di correlazione, posto che, accusati inizialmente di falsificazione materiale delle certificazioni erano stati condannati per concorso nella falsificazione da altri effettuata, con evidente immutazione del fatto.

Il terzo motivo deduce identico vizio di legittimità, sul rilievo che la responsabilità era stata affermata nonostante mancassero in atti i certificati asseritamente falsificati, ma solo copie fotostatiche, il che non escludeva che le certificazioni anzidette fossero pur esse state, a suo tempo, allegate in fotocopia, che non integravano il reato di falsità materiale, secondo giurisprudenza di legittimità.

Il quarto motivo deduce violazione degli artt. 157 e 158 c.p., sul rilievo che la data del commesso reato era indicata erroneamente nel capo d’imputazione e, se corretta, avrebbe consentito la dichiarazione di estinzione per prescrizione:

Il quinto motivo deduce estinzione dei reati contestati.

Il sesto motivo attiene alla determinazione del regime sanzionatorio.

2. – La prima censura è destituita di fondamento, posto che l’affermazione di colpevolezza dei prevenuti è stata motivatamente ribadita dal giudice di appello in esito a compiuta rivisitazione delle risultanze probatorie, segnatamente dell’acquisita documentazione attestante falsamente una pregressa attività lavorativa, ai fini di un più favorevole inserimento in graduatoria.

La seconda doglianza è pur essa infondata posto che è ineccepibile il rilievo secondo cui, avuto riguardo alla formulazione dell’originaria imputazione, non vi è stata immutazione del fatto- reato, tale, comunque, da comportare pregiudizio per i diritti della difesa.

Il terzo motivo è anch’esso privo di fondamento, posto che dalle indagini della polizia giudiziaria era pacificamente emerso che i certificati di precedente servizio, esaminati evidentemente in originale ovvero anche in copia fotostatica, di cui mai era stata contestata la corrispondenza all’originale, erano indiscutibilmente falsi.

Infondati sono anche i motivi quarto e quinto, in quanto, avuto riguardo alla data di commissione dei reati, il termine prescrizionale non era certamente decorso alla data di deliberazione della sentenza di appello.

Il sesto motivo, afferente al regime sanzionatorio, si colloca invece in area di inammissibilità, riguardando questione prettamente di merito in ordine alla quale non manca una motivazione congrua e formalmente corretta.

Per quanto sopra, il ricorso – globalmente considerato – andrebbe dunque rigettato, con un epilogo decisionale che non è, notoriamente, ostativo al rilievo della prescrizione, maturata successivamente alla sentenza impugnata. Orbene, tenuto conto della data di commissione dei reati in questione, il termine naturale di prescrizione è scaduto il 4.4.2009, data alla quale va sommato il periodo di sospensione per complessivi mesi otto e giorni 16, con scadenza finale, pertanto, al 20.12.2009. 3. – Non resta, allora, che prenderne atto e far luogo all’annullamento della sentenza impugnata, previa declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non ravvisandosi in processo – specie alla luce di doppia statuizione conforme in punto di penale responsabilità – l’evidenza di cause di più favorevole proscioglimento nel merito, a mente dell’art. 129 c.p.p..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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