Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-03-2011) 21-06-2011, n. 24891 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 24 ottobre 2007 il Tribunale di Taranto confermava la sentenza del 3 ottobre 2006, con la quale il Giudice di pace di quella stessa città aveva dichiarato P.L. colpevole del reato di ingiuria nei confronti di N.L. e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, nonchè al risarcimento del danno in favore della persona offesa, costituitasi parte civile, oltre consequenziali statuizioni.

Avverso la sentenza anzidetta, il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motivo.

Motivi della decisione

1. – Con unico motivo d’impugnazione, parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’art. 599 c.p., sul rilievo che la ricostruzione della vicenda era contraddittoria, specie nella parte in cui, pur dando atto che la N. era intervenuta in modo ostile, tanto da suscitare la reazione difensiva dell’imputato, aveva poi ritenuto che non fosse emerso in atti che la stessa avesse partecipato all’aggressione del B., genero dello stesso P., le cui dichiarazioni, ritenute inutilizzabili, non erano state valutate. Nondimeno, nel procedimento riunito, il B. era stato prosciolto dal reato di ingiuria nei confronti della detta N., alla stregua dell’esimente dell’art. 599, che, contraddittoriamente, non era stata invece riconosciuta all’imputato, sebbene intervenuto nella discussione solo per difendere il genero.

In particolare, il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere che la condotta delle parti N. – Pa. integrasse fatto ingiusto, come tale già riconosciuto nei confronti del B., ai fini del riconoscimento dell’esimente, sicchè, trattandosi dello stesso fatto, anche la condotta del P. avrebbe dovuto ritenersi scriminata.

2. – La doglianza è, senz’altro, fondata e merita, pertanto, accoglimento.

Ed invero, la ricostruzione della vicenda in esame, relativa ad episodio di animato alterco tra i partecipanti ad un’ordinaria assemblea condominiale, è palesemente affetta da intrinseca contraddittorietà, che ne inficia, radicalmente, la tenuta logica.

L’animata discussione aveva visto, infatti, coinvolte quattro persone, sostenitrici di due tesi antagoniste, schierate due da una parte e due dall’altra anche per ragioni di parentela od affinità:

da una parte, la N.L. a sostegno delle ragioni della figlia Pa.Ri.An. e, dall’altra, B.M. sostenuto dal suocero P.L., odierno ricorrente.

La vicenda, pur nella sua ordinaria pochezza, aveva dato occasione a ben tre procedimenti penali a parti contrapposte, per via di reciproche querele.

L’epilogo decisionale cui sono pervenuti i giudici di appello, in esito alla disposta riunione, possono come di seguito schematizzarsi:

La Pa. è stata ritenuta colpevole del reato di ingiuria in danno del B.;

il B. è stato prosciolto da identico reato nei confronti della Pa. e della N. per via del riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 599, avendo reagito ad un offesa rivoltagli dalla stessa Pa.;

la N. è stata condannata per il reato di ingiuria in danno del B.;

il P. è stato condannato per le ingiurie rivolte alla N..

L’esimente della provocazione, pur riconosciuta al B., è stata negata all’odierno ricorrente sul riflesso che l’offesa da lui pronunciata fosse diretta nei confronti di persona che, fino a quel momento, era rimasta sostanzialmente estranea al dibattito e, comunque, in mancanza di prova certa che avesse insultato il B..

Proprio in tale ultimo assunto si annida, però, il vizio logico rilevato. Ed infatti, l’anzidetta ricostruzione ha ingiustamente segmentato una vicenda che era nata e si era dipanata in un contesto fattuale unitario, in termini spazio-temporali, senza soluzione di continuità. L’occasione del litigio era legata alla ripartizione delle spese necessarie per il rifacimento di un balcone di proprietà B., da cui si erano staccati pezzi di intonaco poi caduti nella sottostante proprietà della Pa., che, allarmata, aveva richiesto l’intervento del Vigili del Fuoco. Orbene, alla discussione tra il B. e la Pa. avevano partecipato la N. ed il P., sostenendo energicamente, anche con aggressioni verbali ed ingiurie, le ragioni dei loro congiunti.

Se così è, risulta evidente l’illogicità del riconoscimento dell’esimente al solo B. e non anche al P., interventore ad adiuvandum in favore del genero. Ed è parimenti illogico argomentare l’esclusione con il rilievo che le offese dell’odierno ricorrente si fossero rivolte all’indirizzo di persona diversa da quella, direttamente, coinvolta nella discussione e che, sino a quel momento, non ne avesse preso parte. Si è omesso, infatti, di considerare che, come risulta dallo stesso svolgimento del fatto, riportato nella sentenza impugnata, il B. era accusato di ingiurie nei confronti non solo della Pa., ma anche della madre di costei, per l’appunto la N.. Di talchè l’efficacia esimente della provocazione, spiegandosi anche riguardo alle ingiurie nei confronti di quest’ultima, presupponeva che, in chiara evidenza, che pure la stessa avesse preso parte al fatto ritenuto provocatorio, tale da legittimare la risposta verbale del B.. Donde, l’ovvia incongruenza di negare all’imputato identica efficacia dirimente.

Si rende, pertanto, necessaria una rivisitazione della vicenda nel suo complesso, al fine di verificare se, alla stregua di una più coerente ricostruzione fattuale, che sia immune dai vizi logici rilevati, sussistano le condizioni per il riconoscimento anche al P. dell’esimente in questione.

All’uopo, occorre procedere all’annullamento della sentenza impugnata, nei termini indicati in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Taranto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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