Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-03-2011) 21-06-2011, n. 24937

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 17 novembre 2010 il Tribunale del riesame di Palermo ha rigettato l’appello proposto da M.F. avverso il provvedimento della locale Corte d’Appello, reiettivo dell’istanza di scarcerazione da lui proposta per decorrenza dei termini di fase.

Il M. è sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, quale imputato dei delitti di associazione di tipo mafioso ed organizzazione abusiva del gioco del lotto, già condannato in primo grado dal G.U.P. in esito al giudizio abbreviato; il termine di fase, che sarebbe dovuto scadere il 15 luglio 2010, era stato sospeso per novanta giorni corrispondenti al termine di deposito della sentenza di primo grado; successivamente, avendo il Presidente del Tribunale prorogato il termine di deposito di altri 90 giorni, ai sensi dell’art. 154 disp. att. c.p.p., comma 4 bis, il G.U.P. aveva disposto la sospensione del termine di efficacia della misura cautelare anche per tale ulteriore durata. Su tali presupposti il Tribunale del riesame ha giudicato che la misura cautelare dovesse rimanere in atto fino alla scadenza del termine complessivo di un anno e 180 giorni.

Ha proposto ricorso per cassazione il M., per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo articolato in due censure.

Con la prima di esse si fa portatore della tesi secondo cui la proroga del termine di deposito della sentenza, disposta dal Presidente del Tribunale, non comporta il prolungamento della sospensione del termine di durata della misura cautelare; con la seconda denuncia violazione del diritto al contraddittorio, per essere stato emesso de plano il provvedimento di sospensione per ulteriori 90 giorni a seguito della proroga del termine di deposito della sentenza. Sostiene che, alla stregua di una recente enunciazione giurisprudenziale, prima di provvedere si sarebbe dovuto offrire alla difesa la possibilità di controdedurre.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

In ordine all’idoneità del provvedimento di proroga del termine per il deposito della sentenza a comportare il prolungamento per uguale periodo della sospensione dei termini di custodia cautelare, già disposta contestualmente alla fissazione dell’originario termine per il deposito, basti richiamarsi al principio già ripetutamente enunciato da questa Corte Suprema nelle sentenze n. 20822 in data 31 marzo 2009 e n. 43813 in data 8 ottobre 2008, a tenore del quale "il provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare adottato nella fase del giudizio per il tempo necessario alla redazione della motivazione della sentenza può ricomprendere anche il periodo di proroga del termine per il deposito della motivazione concesso ai sensi dell’art. 154 disp. att. c.p.p., comma 4 bis". Nè può fondatamente sostenersi – come fa il ricorrente adducendo a sostegno una diversa pronuncia, peraltro riferita a diversa problematica (Cass. 21 ottobre 2005 n. 1514) – che il provvedimento di proroga abbia un’efficacia meramente interna: giacchè la ratio che sta alla base della sospensione del termine di custodia cautelare durante il tempo necessario alla redazione della sentenza non viene meno, ma semmai si accentua, nel caso in cui la laboriosità della motivazione renda necessario un tempo superiore al massimo ordinariamente previsto.

Quanto all’eccezione mossa nei confronti del provvedimento di proroga, del quale il ricorrente denuncia l’irritualità per violazione del principio del contraddittorio, corre l’obbligo di rilevarne la preclusione in quanto ogni contestazione in argomento avrebbe dovuto essere formulata nella sede appropriata, e cioè nel procedimento incidentale di impugnazione di quel provvedimento davanti al Tribunale distrettuale ex art. 310 c.p.p.: procedimento che, di contro, non risulta essere stato attivato.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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