T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 23-06-2011, n. 5574Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’ordinanza emessa dal Dirigente del Dipartimento Tecnico del Comune di Formello il 6.3.2006 è stata ordinata alla ricorrente S.I. l’immediata sospensione dei lavori in corso e di provvedere a proprie spese, entro il termine di 90 gg. dalla notifica, alla demolizione delle opere abusivamente realizzate ed al ripristino del precedente stato dei luoghi.

Con il ricorso in epigrafe le interessate hanno prospettato i seguenti motivi di diritto:

1). Violazione e falsa applicazione artt. 7 e ss. L. 241/1990 e dei principi e norme che impongono la comunicazione del procedimento amministrativo e del provvedimento conclusivo e che garantiscono la partecipazione allo stesso dei soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, anche in ipotesi di atto vincolato; eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto e per omessa valutazione dei documenti acquisiti agli atti del procedimento;

2). Violazione e falsa applicazione art. 3 L. 241/1990, eccesso di potere per insufficiente e contraddittoria motivazione;

3). Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, per omessa valutazione dei documenti acquisiti agli atti del procedimento e per violazione del giusto procedimento;

4). Eccesso di potere per insufficienza e o illogicità e o contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato;

5). Eccesso di potere per inosservanza di circolari amministrative, e in particolare delle circolari del Ministero Infrastrutture e trasporti n. 2699 del 7.12.2005 e 4174 del 7.8.2003 e per inosservanza del regolamento edilizio del comune di Formello;

6). Violazione e falsa applicazione L. 241/90 con riferimento all’art. 10 bis; eccesso di potere per insufficiente e contraddittoria motivazione del provvedimento finale impugnato e per violazione del giusto procedimento.

Tanto premesso, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

In particolare:

a). è incontestato che la ricorrente I.S. ha realizzato opere abusive su terreno sito in Via Luigi De Santis, n. 6; in proposito, si tratta di demolizione del tramezzo che divideva il tinello e il ripostiglio come comunicato nella DIA n. 71/05, ma veniva innalzato il soffitto dei detti locali di circa cm 20;

b). pertanto, non rileva quanto sostenuto alla pagina 7 del ricorso (circa il fatto che il provvedimento impugnato non è stato notificato anche alla Sig.ra R.A.R.) risultando sufficiente la sola notifica ad uno dei soggetti proprietari dell’immobile;

c). sul profilo relativo all’altezza media della zona tinello il Collegio non condivide quanto sostenuto dalle ricorrenti nel ricorso e anche tramite deposito di consulenza tecnica di parte (secondo le quali l’altezza media sarebbe rimasta immutata rispetto a quella di cui alla c.e. in sanatoria n. 1076/99S). Sul punto, il Comune ha precisato che "l’aumento dell’altezza dell’immobile in esame è stato rilevato confrontando i tipi progettuali allegati alla dia n. 71/05 del 27.7.2005 a firma del geom. Troiano, prot. n. 4119 del 16.3.2006, e la perizia giurata prodotta con il progetto approvato con concessione edilizia in sanatoria n. 1077/99. Tale aumento, pari a circa 20 cm (solaio di copertura del vano tinello), ha comportato un incremento della cubatura dato che le altezze lorde (imposta e colmo) rilevato nel calcolo della cubatura di condono corrispondono ad altezze nette nella DIA depositata.

Inoltre tale incremento di altezza a seguito del rifacimento della copertura è, altresì, inequivocabilmente confermato dalla documentazione fotografica in atti presso questo comune che mostrano, in una versione, una primitiva posizione del colmo inferiore al marcapiano del fabbricato e in una fotografia recente tale colmo posizionato a ridosso del marcapiano stesso a denunciare l’evidente innalzamento della copertura";

d). con riferimento alla motivazione, come è noto, per consolidato indirizzo giurisprudenziale l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (C.d.S., sez. IV, 1° ottobre 2007, n. 5049; 10 dicembre 2007, n. 6344; 31 agosto 2010, n. 3955; sez. V, 7 settembre 2009, n. 5229);

e). pure non meritano positivo apprezzamento le argomentazioni relative al fatto che i lavori realizzati sarebbero configurabili come attività edilizia libera, ai sensi dell’art. 6, 1 comma, lett. a), DPR 380/2001. Al riguardo, avuto riguardo a tutte le circostanze fattuali, i predetti interventi non possono ricadere nelle categorie di cui all’art. 6 del DPR 380/2001; come noto, in ogni caso, sulla scorta dei criteri di interpretazione letterale e sistematico, l’esecuzione delle opere elencate dal citato art. 6 è possibile senza il rilascio di alcun titolo abilitativo purché la realizzazione delle stesse sia compatibile con le destinazioni impresse alle varie aree dallo strumento urbanistico vigente;

f). dall’esame degli atti istruttori e della documentazione depositata in giudizio appaiono pure non condivisibili le argomentazioni delle interessate di cui alla pagina 21 del ricorso (secondo le quali si tratterebbe di interventi di ristrutturazione edilizia e/o di restauro e risanamento conservativo);

g). in ultimo, la violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento e delle altre norme dettate in tema di partecipazione non costituisce un motivo idoneo a determinare l’annullabilità dei provvedimenti sanzionatori in materia di abusi edilizi, in quanto è palese, attesa l’assenza di qualsivoglia titolo abilitativo all’edificazione, che il contenuto dispositivo del provvedimento "non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato", sicché sussiste la condizione prevista dall’art. 21 octies, comma 2, della L.n. 241 del 1990 per determinare la non annullabilità del provvedimento impugnato (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 maggio 2009, n. 3029).

In conclusione, stante la legittimità dell’operato della PA, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso, come in epigrafe proposto.

Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio in favore della resistente per complessivi Euro 1000,00 (mille).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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