Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-03-2011) 21-06-2011, n. 24889 Falsità ideologica in atti pubblici commessa da privato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza In data 22 giugno 2010 la Corte d’Appello di Reggio Calabria, comunale, ha riconosciuto I.S. responsabile del delitto di cui all’art. 483 c.p., in relazione al D.P.R. n. 445 del 2000, art. 76 per avere falsamente affermato l’inesistenza di condanne penali a suo carico in una dichiarazione sostitutiva di notorietà presentata per il rilascio del passaporto.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo. Con esso rinnova la contestazione già mossa nel giudizio di merito, in ondine alla contabilità dell’elemento soggettivo del reato; osserva che la motivazione espressa dalla Corte reggina, la prova del dolo viene tratta da una considerazione di mera opportunità, secondo cui non sarebbe un fatto dimenticabile l’essere stato sottoposto a un procedimento penale; insiste sulla necessità che risulti la volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero:

consapevolezza inesistente, a suo dire, nel caso d,i specie.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

La corte d’Appello è pervenuta a ritenere accertata la volontarietà del fatto in base alla prova logica costituita dalla considerazione per cui un evento come la celebrazione di un processo a proprio carico, sfociato in una condanna penale, postula un vissuto personale significativo che non può essere dimenticato, donde l’impossibilità che la contraria attestazione di inesistenza di condanne penali, riportata nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, fosse dipesa da mera dimenticanza o negligenza. Tale linea argomentativa, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, è ineccepibile dal punto di vista della logica consequenzialità, onde appresta un efficace sostegno motivazionale alla determinazione assunta.

A ciò devesi aggiungere, a confutazione di un ulteriore argomento recato dal ricorrente, che l’eventuale sua convinzione di non dover menzionare una condanna già espiata integrerebbe, al più un errore di diritto sulla portata della norma incriminatrice, come tale inidoneo ad esimere da sanzione.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *