T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 23-06-2011, n. 5623 T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 23-06-2011, n. 5623

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe il ricorrente, già Presidente dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, impugna il decreto ministeriale con cui è stata disposta la cessazione dall’incarico presidenziale ed è stato nominato un Commissario straordinario, dalla data di cessazione e per il periodo strettamente necessario al completamento del procedimento di rinnovo della Presidenza dell’Autorità Portuale, comunque, non superiore a sei mesi.

Ritenendone l’illegittimità sotto diversi profili, ha dedotto i seguenti motivi:

1) Illegittimità per violazione dell’art. 7, comma 3, legge n. 85/1994; degli artt. 3, 7 e 10, legge n. 241/1990; eccesso e sviamento di potere per travisamento dei fatti; ingiustizia manifesta; difetto di motivazione.

Il provvedimento impugnato, in assenza dei presupposti delineati dalla legge per la rimozione dalla carica di Presidente dell’Autorità Portuale, costituisce l’espressione di una improvvisa accelerazione, per motivi puramente politici, al naturale corso degli eventi, tenuto conto che il ricorrente sarebbe cessato dall’incarico per scadenza del mandato il successivo 1° luglio 2011. Sotto altro profilo, l’unica parte di motivazione a sostegno dell’impugnato provvedimento che potrebbe essere annoverata tra le cause indicate dall’art. 7, comma 3, legge 84/1994 – cancellazione di residui attivi provenienti dall’entrata per canoni demaniali in sede di compilazione del conto consuntivo per l’esercizio 2009 – non ha formato oggetto di rituale contestazione in sede di comunicazione dell’avvio del procedimento, in violazione dei principi in proposito dettati con la legge sul procedimento amministrativo.

Peraltro, l’assunto circa "la scarsa attendibilità degli accertamenti in materia di canoni demaniali" sarebbe inidoneo a sorreggere la disposta revoca, costituendo, piuttosto, la rilevata attività espressione di aggiustamento contabile relativo ad unica e specifica vicenda, peraltro oggetto di specifica richiesta ministeriale. L’illegittimità del provvedimento si ricava, ancora, dalla assoluta mancanza di motivazione in ordine alle ragioni per cui si è ritenuto di disattendere le controdeduzioni presentate dal ricorrente.

2) Illegittimità ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità grave e manifesta, contraddittorietà. Violazione dell’art. 8, legge 84/1994; eccesso e sviamento di potere; incompetenza.

Sono inconsistenti ed inidonei a giustificare il provvedimento adottato nei riguardi del ricorrenti i rilievi presenti nella relazione in esito alla verifica amministrativo contabile S.I. 6208 ed in quella redatta dalla Commissione d’indagine ministeriale istituita con decreto 6/09 del 23 novembre 2009, in quanto:

– il comando di personale non presuppone che esistano i corrispondenti posti in pianta organica;

– gli atti, al contrario di quanto affermato in relazione alla gestione dei beni demaniali, comprovano che il ricorrente ha costantemente operato per eliminare gli effetti economico finanziari negativi ereditati dalla precedente gestione;

– i rilievi mossi con il provvedimento impugnato si pongono in contraddittorietà con la nota della stessa D. G. per i porti in data 25 novembre 2009, in cui veniva dato atto degli interventi adottati dall’Autorità Portuale per sanare le irregolarità e illegittimità riscontrate dall’ispettore dell’IGF, ad eccezione della posizione dei due autisti in posizione di comando, salvo, con comportamento incoerente, disporre il commissariamento dell’ente a distanza di un anno.

In via subordinata, anche ammettendo la sussistenza di un potere di commissariamento da parte dell’Amministrazione vigilante, il provvedimento, ponendo a fondamento asserite condotte riferibili alla pregressa gestione, evidenzia il perpetrato sviamento di potere, tenuto conto della assenza di alcuna situazione di pericolo imminente tale da giustificare una misura irreversibile a fronte di contestazioni mosse a distanza di mesi.

Sotto altro profilo, è mancato il coinvolgimento della Regione in tutte le fasi del procedimento, come previsto dall’art. 8, legge 84/1994, essendosi limitato il Ministero ad acquisire il mero assenso dell’organo locale in merito al nominativo del Commissario straordinario, e non avendo, pertanto, rispettato per l’adozione dell’atto di ritiro le stesse forme e procedure osservate per l’adozione dell’atto da revocare.

Conclude il ricorrente chiedendo, in accoglimento degli esposti mezzi di censura, l’annullamento degli atti impugnati.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato in difesa dell’evocato Dicastero, chiedendo il rigetto del ricorso.

Non si è, invece, costituito, il pure intimato controinteressato, CV Nitrella.

Con ordinanza n. 5410/2010 del 17 dicembre 2010 – confermata con ordinanza n. 76/2011 del 12 gennaio 2011, Sesta Sezione del Consiglio di Stato – l’adito Tribunale ha respinto l’istanza cautelare, sulla basse della seguente motivazione: "RITENUTO che la previsione di cui all’art. 7, comma 3, della legge n. 84/1994, con cui sono individuati i presupposti al cui ricorrere deve essere doverosamente disposta dal Ministero competente la revoca del mandato del presidente e lo scioglimento del comitato portuale, non esclude che lo stesso potere possa essere esercitato dall’Autorità vigilante, in via discrezionale, ricorrendone i presupposti; RILEVATO, con riferimento al caso che ne occupa, che il provvedimento impugnato rende puntualmente conto delle contestate oggettive disfunzioni relativamente alla gestione delle concessioni demaniali, come, peraltro, già evidenziate nella relazione della Ragioneria Generale dello Stato – Ispettorato Generale di Finanza, e, successivamente, confermate dalla Commissione ministeriale incaricata di verificare le irregolarità emerse nell’operato dell’Autorità Portuale di Civitavecchia nel corso della verifica amministrativo contabile disposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze; CONSIDERATO che la prefata Commissione ha posto in evidenza l’inefficienza, risalente nel tempo, dell’apparato amministrativo dell’Autorità Portuale con riferimento ai settori oggetto di verifica, e, in particolare, a quello relativo alle concessioni demaniali, in merito a cui, peraltro, nemmeno l’attuale vertice, ancorché insediato sin dal 2007, ha saputo porre rimedio, contribuendo a determinare, pertanto, gravi ripercussioni nell’ambito dell’economia locale e nazionale, attesa la strategicità delle potenzialità operative connesse alle attività portuali; RILEVATO che sulla specifica questione nessuna controdeduzione significativa è stata fornita dal ricorrente, come bene evidenziato nel provvedimento impugnato, essendosi limitato ad affermare che tale situazione è attribuibile alla pregressa gestione; RITENUTO che non esime da responsabilità nei confronti dell’ente vigilante la circostanza che le diffuse illegittimità nel settore demaniale affondino le radici in provvedimenti riferibili a precedenti gestioni, essendo preciso compito del Presidente dell’Autorità, tra gli altri al medesimo affidati a mente dell’art. 8, legge 84/1994, l’amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo compresi nell’ambito della circoscrizione territoriale di competenza, sulla base delle disposizioni di legge in materia, esercitando, sentito il comitato portuale, le attribuzioni stabilite negli articoli da 36 a 55 e 68 del codice della navigazione e nelle relative norme di attuazione; RILEVATO, altresì, che il provvedimento impugnato evidenzia una situazione di conflitto venutasi a creare tra il Presidente dell’Autorità ed il Ministero vigilante, per essere stato confermato il provvedimento dispositivo del comando di due dipendenti regionali, ancorché il ricorrente fosse stato invitato formalmente ad interrompere la rilevata illegittimità, con l’effetto di incrinare l’indispensabile sinallagma fiduciario con l’Amministrazione vigilante; RITENUTO, pertanto, che il provvedimento impugnato non appare censurabile, emergendo una ampia valutazione delle circostanze che hanno indotto il Ministero vigilante ad eliminare gli effetti pregiudizievoli di una ormai radicata non corretta gestione delle attività proprie dell’Autorità Portuale e ad assicurare, attraverso il commissariamento, il regolare funzionamento dell’Autorità, nelle more del rinnovo dell’organo di vertice;".

In vista della discussione della causa nel merito le parti hanno depositato memorie conclusionali e repliche.

In data 13 maggio 2011 il resistente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in esecuzione dell’ordinanza collegiale n. 3895/2011 del 5 maggio 2011, ha depositato agli atti del giudizio copia della richiesta del Ministro alla Regione Lazio dell’assenso alla nomina del Commissario straordinario dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, datata 10.11.2010, e del parere espresso in merito dal Presidente della Regione Lazio in data 11.11.2010.

Alla pubblica udienza del 9 giugno 2011, dopo ampia discussione dei difensori delle parti costituite, che hanno insistito nelle rispettive richieste e conclusioni, la causa è stata trattenuta a sentenza

Motivi della decisione

Oggetto di controversia è il provvedimento con cui il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha disposto l’anticipata cessazione del dr. C. dall’incarico di Presidente dell’Autorità Portuale di Civitavecchia ed ha nominato un Commissario straordinario per il periodo, non superiore a sei mesi, necessario al completamento del procedimento di rinnovo della Presidenza dell’Autorità Portuale.

Il ricorrente ha affidato la propria difesa a due articolate censure, come calendate in fatto, con cui sono dedotti diversi profili di illegittimità del procedimento seguito e del provvedimento adottato a conclusione dello stesso.

Sotto un primo profilo, ritiene il ricorrente che non sussistano i presupposti di legge che soli avrebbero consentito l’adozione di un provvedimento di rimozione caratterizzato da effetti irreversibili, quale la revoca del mandato presidenziale, lasciando sottintendere, piuttosto, l’esistenza di ragioni puramente politiche alla base del disposto commissariamento; e comunque, anche a volere ammettere l’esistenza di un tale potere, lo stesso è stato esercitato al di fuori dello schema normativo, che impone il coinvolgimento della Regione in tutte le fasi del procedimento.

Deve essere immediatamente chiarito che il giudice è chiamato a verificare l’esistenza di vizi di legittimità, nei noti limiti in cui il sindacato giurisdizionale è consentito nei confronti delle scelte marcatamente discrezionali, che eventualmente inficiano l’atto amministrativo, sfuggendo, invece, all’organo giudicante di ricercare tra le pieghe del procedimento l’esistenza di ragioni politiche, totalmente estranee, queste ultime, alla cognizione giurisdizionale.

Tanto precisato, ritiene il Collegio che i profili di censura dedotti non siano suscettibili di condivisione, alla stregua di un più ampio esame della normativa recata con la legge n. 84 del 1994.

E’ indubitabile, come rilevato dal ricorrente, che l’art. 7 della legge statale in materia portuale enuclea i casi alla cui ricorrenza deve essere disposta la revoca del mandato del presidente e lo scioglimento del comitato portuale, senza che sul punto possano ritenersi la sussistenza di ulteriori ambiti di valutazione discrezionale da parte degli organi ministeriali, ma ciò non è preclusivo, anche al di fuori delle due ipotesi ivi indicate, dell’esercizio di un generale potere di rimozione degli organi dell’ente portuale che l’art. 12, stessa legge, sottopone, come altrettanto certo, alla vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Sulla questione, la Sezione si è già espressa, con la sentenza n. 1260/2011, ove ha affermato che il provvedimento di nomina di un Commissario straordinario va ricondotto nell’ambito dei poteri implicitamente attribuiti al Ministro competente, cui l’art. 12, primo comma, della legge n. 84 del 1994 conferisce, in via generale, il potere di vigilanza sulle Autorità, disponendo, al comma successivo, circoscritte ipotesi di controllo sugli atti degli enti portuali (id est, approvazione dei bilanci e del consuntivo, determinazione dell’organico della segreteria).

Il Ministro, pertanto, può esercitare il proprio potere di vigilanza, anche attraverso la rimozione d’imperio degli organi direttivi dell’Autorità portuale, e la successiva nomina di organi straordinari, ancorché al di fuori delle due ipotesi espressamente indicate all’art. 7, legge sui porti, costituendo tale potere esplicazione dei cosiddetti "poteri impliciti" che l’ordinamento attribuisce alla Pubblica Amministrazione, pur in difetto di una esplicita previsione di legge.

Sul punto si è pure espresso il giudice delle leggi, che ha affermato: "Il potere di nomina del Commissario straordinario costituisce attuazione del principio generale, applicabile a tutti gli enti pubblici, del superiore interesse pubblico al sopperimento, con tale rimedio, degli organi di ordinaria amministrazione, i cui titolari siano scaduti o mancanti. Tale potere non è esercitabile liberamente." (Corte cost., sent. 20 gennaio 2004, n. 27).

Con specifico riferimento alla vigilanza sulle Autorità portuali la giurisprudenza costituzionale ha, ancora, affermato che al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti (cui compete la nomina del Presidente dell’Autorità portuale, all’esito del procedimento di intesa forte disciplinato dall’art. 8 della legge n. 84 del 1994) spetta il potere di nomina del relativo Commissario straordinario, per assicurare "il soddisfacimento delle esigenze di continuità della azione amministrativa ed impedire stasi connesse alla decadenza degli organismi ordinari"; fermo rimanendo che anche l’adozione dell’atto di commissariamento presuppone l’avvio e lo sviluppo di trattative volte a raggiungere l’intesa, in termini di "leale cooperazione" tra i soggetti pubblici coinvolti (Corte Cost., sent. 27 luglio 2005, n. 339).

Il giudice delle leggi, con la sentenza 7 ottobre 2005, n. 378, si è pronunciato nuovamente in materia di nomina e revoca del Presidente dell’Autorità portuale, precisando che l’art. 8 della legge n. 84 del 1994, richiedendo l’intesa con la Regione interessata, esige che la nomina del Presidente sia frutto in ogni caso di una codeterminazione del Ministro e della Regione. Secondo la Corte la volontà originaria della legge non può essere misconosciuta, qualificando come "debole" l’intesa in questione, dopo che la riforma del Titolo V della Costituzione ha inserito la materia dei "porti e aeroporti civili" tra quelle di legislazione concorrente previste dall’art. 117, terzo comma: "… anzi, deve dirsi che la norma statale de qua, in quanto attributiva al Ministro di funzioni amministrative in materia contemplata dall’art. 117, terzo comma, Cost., è costituzionalmente legittima proprio perché prevede una procedura che, attraverso strumenti di leale collaborazione, assicura adeguatamente la partecipazione della Regione all’esercizio in concreto della funzione amministrativa da essa allocata a livello centrale (sentenza n. 6 del 2004). Ne discende che ab origine l’art. 8 della legge n. 84 del 1994 esigeva, ed a fortiori esige oggi – alla luce della sopravvenuta legge costituzionale n. 3 del 2001 – una paritaria codeterminazione del contenuto dell’atto di nomina, quale forma di attuazione del principio di leale cooperazione tra lo Stato e la Regione, ed esclude ogni possibilità di declassamento dell’attività di codeterminazione connessa all’intesa in una mera attività consultiva non vincolante (sentenza n. 27 del 2004); con la conseguenza che il mancato raggiungimento dell’intesa, quale prevista dalla norma, costituiva e costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento… A tale proposito, va detto che l’esigenza di leale cooperazione, insita nell’intesa, non esclude a priori la possibilità di meccanismi idonei a superare l’ostacolo che, alla conclusione del procedimento, oppone il mancato raggiungimento di un accordo sul contenuto del provvedimento da adottare; anzi, la vastità delle materie oggi di competenza legislativa concorrente comporta comunque, specie quando la rilevanza degli interessi pubblici è tale da rendere imperiosa l’esigenza di provvedere, l’opportunità di prevedere siffatti meccanismi, fermo il loro carattere sussidiario rispetto all’impegno leale delle parti nella ricerca di una soluzione condivisa. Tali meccanismi, quale che ne sia la concreta configurazione, debbono in ogni caso essere rispettosi delle esigenze insite nella scelta, operata dal legislatore costituzionale, con il disciplinare la competenza legislativa in quella data materia: e pertanto deve trattarsi di meccanismi che non stravolgano il criterio per cui alla legge statale compete fissare i principi fondamentali della materia; che non declassino l’attività di codeterminazione connessa all’intesa in una mera attività consultiva; che prevedano l’allocazione delle funzioni amministrative nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui all’art. 118 Cost." (cfr, Corte Cost., sent. 7 ottobre 2005 n. 378).

Nella materia dei porti, l’equilibrio tra poteri statali e regionali è sintetizzato, tra l’altro, proprio nella figura del Presidente dell’Autorità portuale. È in tale contesto, secondo il giudice costituzionale, che va inquadrata la previsione normativa circa la spettanza al Ministro del potere di nomina del Presidente dell’Autorità portuale, previsione che armonicamente si inserisce nel complesso quadro, descritto dalla legge statale, nel quale si iscrivono, in particolare, i compiti attribuiti al Presidente (coordinamento delle attività svolte nel porto dalle Pubbliche Amministrazioni, nonché coordinamento e controllo delle attività soggette ad autorizzazione e concessione, e dei servizi portuali; amministrazione delle aree e beni del demanio marittimo; autorizzazione delle operazioni portuali e concessione di aree e banchine; potere di indire, presiedendola, una conferenza di servizi con le Amministrazioni interessate a lavori di escavazione e manutenzione dei fondali, etc.).

Il Presidente dell’Autorità portuale, in definitiva, è posto al vertice di una complessa organizzazione che vede coinvolti, e soggetti al suo coordinamento, anche organi schiettamente statali (egli presiede, tra l’altro, il Comitato portuale del quale fanno parte il Comandante del porto e, in rappresentanza dei Ministeri delle Finanze e dei Lavori pubblici, un dirigente dei servizi doganali ed uno dell’ufficio speciale del genio civile), e gli è assegnato un ruolo fondamentale, anche di carattere propulsivo, perché il porto assolva alla sua funzione di rilevanza internazionale o nazionale, comunque interessante l’economia nazionale.

Secondo la Corte costituzionale, da ciò discende che "… se la scelta, operata dal legislatore statale nel 1994, di coinvolgere la Regione nel procedimento di nomina del Presidente costituisce riconoscimento del ruolo del porto nell’economia regionale e, prima ancora, locale (donde il potere di proposta riconosciuto alla Provincia, al Comune ed alla Camera di commercio), la scelta del legislatore costituente del 2001 – di inserire la materia "porti e aeroporti civilì nel terzo comma dell’art. 117 Cost. – non può essere intesa quale declassamento degli interessi dell’intera comunità nazionale connessi all’attività dei più importanti porti: interessi, anche questi, la cui cura è, con la vastità dei compiti assegnatigli ed il ruolo riconosciutogli, affidata in primo luogo al Presidente, e pertanto la sua nomina, come era attribuita al Ministro dalla legge generale del 1994, così resta a lui attribuita dalla medesima leggequadro che ancora oggi governa la materia. In breve, l’originaria previsione in tema di potere di nomina si coordina con l’insieme della legge contribuendo, quale sua organica articolazione, all’equilibrio che essa realizza tra istanze centrali, regionali e locali; sicché tale previsione continua a costituire principio fondamentale della materia, alla pari delle altre sulla composizione degli organi e sui loro compiti e poteri." (Corte Cost., sent. 7 ottobre 2005 n. 378).

Dal complesso di principi espressi dalla giurisprudenza costituzionale formatasi sulla specifica normativa dei porti, possono trarsi alcune coordinate interpretative idonee a consentire una lettura costituzionalmente orientata della legge n. 84 del 1994, e, per l’effetto, la portata di tali norme nell’ambito dei procedimenti ivi contemplati.

Può affermarsi, con convinzione, che sono senz’altro riconducibili nel novero dei poteri dell’Autorità ministeriale vigilante anche quelli c. d. "impliciti", ovvero, intimamente connessi alla stessa funzione di vigilanza, e strumentali ad assicurare la continuità di gestione ed il regolare funzionamento dell’ente vigilato, ivi compreso, dunque, il potere di revoca dell’organo di vertice ed il suo commissariamento, ogni qual volta tale estrema conclusione del mandato presidenziale si renda inevitabile al fine di assicurare il buon andamento dell’organismo portuale, crocevia di strategici interessi economici, non solo, e non tanto limitati all’ambito regionale in cui ha competenza, ma anche a livello nazionale.

Naturalmente, l’esercizio di tali poteri deve avvenire nell’ambito delle garanzie procedimentali proprie dei provvedimenti in cui culmina tale attività, e, pur sempre, nel rispetto dei principi costituzionali di sussidiarietà e leale collaborazione tra Stato e Regione.

Sgombrato, dunque, il campo dalla questione posta in primis con il ricorso della sussistenza di un generale potere di revisione degli organi dell’ente vigilato, ove ne ricorra la necessità, siccome rivelatosi infondato, deve essere allora valutato se tale potere sia stato esercitato nell’ambito delle prerogative che la legge ha posto a carico degli organi ministeriali, e nel rispetto degli equilibri tra organi esponenziali degli interessi che l’ente portuale è destinato a curare.

Dall’esame della documentazione versata in atti in esecuzione di specifico incombente istruttorio a carico del Ministero resistente emerge che nessun appunto può essere mosso avuto riguardo all’effettivo coinvolgimento della Regione Lazio nel procedimento di cui si controverte.

E’ bene precisare che la Regione certamente non poteva essere coinvolta nell’attività di vigilanza, che è invece è riservata ex lege al solo Ministero, posto che il legislatore non ha sottratto la materia dei porti, in relazione alla funzione strategica che questi assumono per l’economia non solo locale, ma anche nazionale, alla competenza statale.

Peraltro, deve essere dato atto che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con nota in data 20 settembre 2009, ha comunicato alla Presidente della Regione Lazio l’avvio del procedimento di commissariamento dell’Ente a causa di gravi irregolarità amministrativocontabili riscontrate nella gestione dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, e, con nota del 10 novembre 2010, ha, infine, rappresentato allo stesso Ente la necessità di procedere alla cessazione dall’incarico dell’allora Presidente ed alla contestuale individuazione di un Commissario per la regolare prosecuzione dell’attività gestionale per il tempo strettamente necessario al completamento delle fasi di rinnovo dell’organo di vertice della stessa Autorità.

Quindi, la Presidente della Regione Lazio ha fatto pervenire il formale assenso alla nomina del Comandante del Porto di Civitavecchia, senza che, peraltro, abbia rilevato il mancato coinvolgimento dell’organo regionale, che del resto c’è stato, ovvero abbia rivendicato l’esercizio di un potere al medesimo organo spettante.

Dunque, l’autorità regionale, che certamente non poteva essere coinvolta nel segmento procedimentale di esclusiva competenza del Ministero nella sua qualità di organo vigilante, cui la legge attribuisce la verifica del corretto andamento amministrativo e contabile dell’Ente vigilato, ha avuto, invece, pieno titolo nella fase in cui il procedimento, sfociato nel commissariamento dell’ente, si è concluso con la nomina, peraltro meramente temporanea, di un Commissario straordinario, e prodromica all’attivazione del procedimento di nomina di un nuovo Presidente.

In conclusione, con riferimento al caso che ne occupa può ritenersi che il principio di leale collaborazione tra Stato e Regione si sia pienamente realizzato, in modo adeguato, a livello di acquisizione di assenso formale sulla nomina del Commissario straordinario, mentre sono inconferenti, sul punto, le lamentate violazioni procedimentali, che sono invece proprie del procedimento di nomina del Presidente dell’Autorità.

Il ricorrente, peraltro, censura il provvedimento attaccandone la motivazione che non sarebbe idonea a sorreggere la adottata estrema misura sotto diversi profili, così sintetizzabili: non sono adeguati i rilievi presenti nella relazione in esito alla verifica amministrativo contabile S.I. 6208 ed in quella redatta dalla Commissione d’indagine ministeriale istituita con decreto 6/09 del 23 novembre 2009, in quanto è insussistente la evidenziata illegittimità del disposto comando di due unità di personale, non essendo necessario, al riguardo, l’esistenza dei corrispondenti posti in pianta organica; gli atti di gestione dei beni demaniali comprovano che il ricorrente ha costantemente operato per eliminare gli effetti economico finanziari negativi ereditati dalla precedente gestione; i rilievi mossi con il provvedimento impugnato si pongono in contraddittorietà con la nota della stessa D. G. per i porti in data 25 novembre 2009, in cui veniva dato atto degli interventi adottati dall’Autorità Portuale per sanare le irregolarità e illegittimità riscontrate dall’ispettore dell’IGF, ad eccezione della posizione dei due autisti in posizione di comando, salvo, con comportamento incoerente, disporre poi il commissariamento dell’ente a distanza di un anno.

Anche tali profili, complessivamente considerati, non possono trovare accoglimento.

Come già affermato in sede cautelare dalla Sezione, le premesse del provvedimento in impugnativa si diffondono in modo puntuale in merito alle contestate oggettive disfunzioni relativamente alla gestione delle concessioni demaniali, peraltro, già evidenziate nella relazione della Ragioneria Generale dello Stato – Ispettorato Generale di Finanza, e, successivamente, confermate dalla Commissione ministeriale incaricata di verificare le irregolarità emerse nell’operato dell’Autorità Portuale di Civitavecchia nel corso della verifica amministrativo contabile disposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La Commissione ministeriale, peraltro, nel confermare quanto precedentemente emerso, ha evidenziato la sussistenza di ulteriori illegittimità e non solo ha rilevato l’inefficienza, risalente nel tempo, dell’apparato amministrativo dell’Autorità Portuale con riferimento ai settori oggetto di verifica, e, in particolare, a quello relativo alle concessioni demaniali, ma ha anche evidenziato come gli organi presieduti dal ricorrente, pure insediatosi dal 2007, non abbiano saputo porre rimedio alle disfunzioni esistenti, a causa dell’inadeguata attenzione ed incisività delle azioni poste in essere, il che ha indubbiamente contribuito a determinare il pericolo di gravi ripercussioni nell’ambito dell’economia locale e nazionale, attesa la strategicità delle potenzialità operative connesse alle attività portuali, come pure bene evidenziato nel provvedimento.

Il Ministro ha infatti ritenuto che la scarsa attenzione alla gestione dei beni demaniali fosse in grado di generare notevoli pregiudizi all’economia regionale e nazionale, in quanto l’Autorità Portuale non ha potuto godere delle risorse finanziarie da destinare a nuove opere infrastrutturali finalizzate allo sviluppo o, quantomeno, al mantenimento delle capacità operative dell’ente.

Nel testo motivazionale del provvedimento emerge, altresì, la valutazione delle controdeduzioni fornite sul punto dal ricorrente, ma le stesse non sono state ritenute tali da sovvertire il giudizio negativo, non essendo emersa alcuna specifica iniziativa di propria competenza tesa ad eliminare o a ridurre gli effetti delle pregresse irregolarità, o, quantomeno, ad evitare il perpetuarsi di una situazione divenuta, invece, cronica.

Il ricorrente fa presente che tale situazione è, invece, attribuibile interamente alla pregressa gestione, avendo egli impartito talune direttive agli uffici operativi e, in recepimento di specifica indicazione ministeriale, provveduto alla cancellazione dei residui attivi dalla voce entrata per canoni demaniali dell’esercizio 2009.

Il Collegio ritiene, al contrario, che la motivazione del provvedimento sia immune dei dedotti vizi, considerato che non esime da responsabilità nei confronti dell’ente vigilante la circostanza che le diffuse illegittimità nel settore demaniale affondino le radici in provvedimenti riferibili a precedenti gestioni, essendo, invece, preciso compito del Presidente dell’Autorità, tra gli altri al medesimo affidati a mente dell’art. 8, legge 84/1994, l’amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo compresi nell’ambito della circoscrizione territoriale di competenza, sulla base delle disposizioni di legge in materia, esercitando, sentito il comitato portuale, le attribuzioni stabilite negli articoli da 36 a 55 e 68 del codice della navigazione e nelle relative norme di attuazione.

L’Amministrazione, del resto, ha dato atto che il ricorrente, pure a fronte di una molteplice serie di rilievi, si è adoperato perché cessassero molte delle irregolarità di gestione, ma ha ritenuto che il medesimo non è stato in grado di gestire adeguatamente il settore demaniale, come del resto ben due ispezioni hanno puntualmente messo in evidenza, senza che da questo possa trarsi alcuna contraddittorietà nel comportamento ministeriale.

Del resto, la semplice lettura della articolata relazione della Commissione ministeriale evidenzia i molteplici profili deficitari che sono stati rinvenuti in sede ispettiva, cui le controdeduzioni di parte ricorrente non fanno fronte.

Peraltro, deve pure essere tenuto in conto che con il provvedimento impugnato viene dato risalto anche al conflitto determinatosi tra il Presidente dell’Autorità ed il Ministero vigilante, per essere stato confermato il provvedimento dispositivo del comando di due dipendenti regionali, ancorché oggetto di rilievo da parte dell’IGF, ed il ricorrente fosse stato invitato formalmente ad interrompere la rilevata illegittimità, con l’effetto di incrinare l’indispensabile sinallagma fiduciario con l’Amministrazione vigilante.

Il ricorrente, che non contesta tale stato di cose, ritiene di avere operato nell’alveo della legge, e, pertanto, non ha voluto dare seguito a quanto più volte sollecitato, almeno fino a quando non gli è stato formalmente comunicato l’avvio del procedimento di commissariamento.

Ora, a prescindere se l’attività posta in essere fosse o meno ammissibile, è un dato incontrovertibile che sul punto si sia determinata una frizione tra organi, cosa di cui il Ministro non poteva non tenere in debito conto all’interno di un più ampio procedimento di verifica dell’attività posta in essere dall’ente portuale.

Peraltro, ritiene il Collegio pienamente condivisibile il rilievo mosso relativamente al comando disposto nei confronti di due unità di provenienza regionale, tenuto conto che la pianta organica dell’Autorità era integralmente ricoperta, ivi compresa la figura di autista cui era riferito il comando, conseguendo a tale provvedimento un ingiustificato esborso economico a carico dell’Autorità portuale.

Sul punto basti considerare che il collocamento nella posizione di comando dei pubblici dipendenti è un istituto di carattere eccezionale consentito nelle sole ipotesi previste e può essere disposto solo ove sussista un preciso interesse dell’Amministrazione, che, dunque, deve ricorrervi in via eccezionale e di fronte ad esigenze che ne giustifichino l’adozione, tenuto anche conto che l’onere relativo al trattamento economico del personale comandato ricade per intero sull’Amministrazione che ne utilizza le prestazioni.

Pertanto, anche sulla specifica questione, l’apparato motivazionale é idoneo a sorreggere il provvedimento di commissariamento.

Il provvedimento impugnato dà, in definitiva, adeguato conto, non solo di una comprovata inadeguata gestione del settore demaniale, ma evidenzia, altresì, il conflitto creatosi tra il Presidente dell’A.P. ed il Ministero vigilante, attribuibile esclusivamente al comportamento del primo, che, nonostante i ripetuti rilievi amministrativi (dell’IGF prima, e del Ministero poi) in ordine alla illegittimità del comando di personale in sovrannumero, ha ritenuto di insistere con tale condotta.

In conclusione, i presupposti posti a base del provvedimento legittimano il ricorso al potere straordinario di commissariamento da parte del Ministro vigilante, quale unico rimedio possibile per eliminare gli effetti pregiudizievoli di una ormai radicata non corretta gestione delle attività proprie dell’Autorità Portuale e ad assicurare, attraverso il commissariamento, il regolare funzionamento dell’Autorità, nelle more del rinnovo dell’organo di vertice.

La particolarità della sottoposta vicenda contenziosa induce il Collegio a disporre l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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