Cass. civ. Sez. II, Sent., 04-11-2011, n. 22959 Consulenza tecnica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Dott. F.B. ha proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., avverso il provvedimento di liquidazione di competenze a lui spettanti quale CTU nella procedura fallimentare della Basket Viola spa, provvedimento emesso in data 29.11.2005, a seguito di opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, dal Tribunale di Reggio C. in composizione monocratica. Il predetto giudice, in accoglimento dell’opposizione in questione, ed in riforma del decreto di liquidazione impugnato, dichiarava che la consulenza svolta dal Dott. F. era qualificabile come consulenza tecnica in materia contabile da liquidarsi, quindi, non con il criterio degli onorari a tempo (a vacazioni, come in precedenza ritenuto), ma secondo i parametri prescritti dal D.M. 30 maggio 2002, art. 2 (onorario a percentuale), con riferimento però alla somma dovuta a titolo degli interessi calcolati dal perito e non in base all’intera somma rappresentata dal mutuo bancario oggetto della vertenza; il tribunale inoltre non riteneva dovuta la richiesta maggiorazione di cui al D.M. 30 maggio 2002, art. 51, pertinente a prestazioni di eccezionale importanza e complessità, ritenendo che la prestazione resa dall’ausiliare non aveva le predette connotazioni ed inoltre che tale valutazione fosse correlata solo alla determinazione dell’onorario a tempo.

Il ricorso per cassazione si basa su 2 mezzi; resiste con controricorso la curatela del Fallimento, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso l’esponente denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 50, della L. 8 luglio 1980, n. 319, art. 2; sostiene che in caso di consulenza contabile, il compenso spettante al CTU dev’essere commisurato al valore della causa e che tale valore dev’essere stabilito con riferimento alla domanda avanzata dalla parte ex art. 10 c.p.c.. Di contro il tribunale di Reggio C. avrebbe erroneamente ritenuto che la domanda doveva essere frazionata e che il valore da prendere a base della liquidazione fosse quello desumibile da alcuni accertamenti svolti dallo stesso CTU, come, nella fattispecie, dal calcolo degli interessi sulla somma dovuta.

La doglianza non ha pregio, essendo corretta e conforme alla giurisprudenza di questa S.C. la soluzione prescelta dal tribunale.

Ed invero, secondo questa S.C. "ai fini della determinazione del compenso spettante al consulente tecnico d’ufficio (nella specie incaricato di espletare un accertamento contabile circa il tasso di interesse da applicarsi alle rate di un mutuo) deve aversi riferimento non all’intero ammontare del mutuo, ma, in applicazione del principio generale, valevole anche al di fuori delle questioni di competenza, secondo cui il valore della controversia si determina in base alla domanda, in relazione agli importi oggetto di contestazione e per i quali è stata disposta la consulenza tecnica (Cass. Sez. 2, n. 3061 del 04/03/2002)".

Con il secondo motivo l’esponente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52, e la motivazione illogica tanto da essere "inesistente", in relazione alla richiesta maggiorazione di cui al D.M. 30 maggio 2002, art. 51, pertinente a prestazioni di eccezionale importanza e complessità, negata dal giudice, secondo il quale la prestazione del perito non aveva le predette connotazioni e complessità e che inoltre essa era prevista solo per la liquidazione a tempo.

La doglianza non ha pregio. Trattandosi di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., possono formare oggetto di denuncia solo le violazioni di legge nel cui ambito non rileva il vizio di motivazione, ma solo la sua totale inesistenza; non è questa l’ipotesi in esame in quanto il tribunale ha congruamente motivato il suo provvedimento con riguardo ad un’attività riferita "a questioni ormai consuete e comunemente acquisite al patrimonio di conoscenza del consulente tecnico, nei giudizi in cui si debba valutare le esposizioni debitorie addebitate alla banca correntista, si che esse risultano prive d’implicazioni particolari difficoltà e non consentono di poter qualificare l’incarico come particolarmente ponderoso ed implicante soluzioni di questioni controverse". Ciò posto, ogni ulteriore questione rimane dunque assorbita.

In conclusione il riscorso in esame dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.100,00, di cui Euro 900,00 per onorario, oltre spese ed accessori come per legge.
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