Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-03-2011) 21-06-2011, n. 24882 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 19 ottobre 2009 la Corte d’Appello di Milano, confermando la decisione assunta dal Tribunale di Pavia, ha riconosciuto S.E. responsabile del delitto di concorso in tentata bancarotta fraudolenta patrimoniale postfallimentare.

Secondo l’ipotesi accusatoria, recepita dal giudice di merito, presentandosi falsamente come legale rappresentante della società G.R.G. il S. aveva opposto al curatore fallimentare della società Consam s.a.s. e di L.M.L. un contratto di cessione d’azienda allo scopo di distrarre l’azienda stessa dalla liquidazione concorsuale, d’intesa con l’accomandataria della società fallita.

Ha ritenuto il giudice di merito che l’essersi falsamente affermato legale rappresentante di un società nella quale non rivestiva alcuna carica, e nell’avere in tale qualità fatto valere un contratto di cessione d’azienda comportante il trasferimento delle sole attività e non dei debiti aziendali, dietro rilascio di effetti cambiari mai avvenuto, fossero chiare dimostrazioni della volontà di acquisire l’azienda non per farne proseguire l’attività, ma soltanto per sottrarla alla procedura fallimentare.

Ha proposto ricorso per cassazione il S., per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo. Con esso, denunciando violazione di legge e vizi di motivazione, sostiene l’inidoneità del preteso tentativo in considerazione della totale inefficacia giuridica – affermata dalla stessa Corte d’Appello – del contratto di cessione d’azienda stipulato da un falsus procuratore Ad avviso della difesa vi sarebbe, altresì, una illogicità del capo d’imputazione in quanto, o il contratto era valido e in tal caso vi sarebbe stata una bancarotta prefallimentare, ovvero esso era nullo e la condotta ascritta all’imputato non ha rilevanza penale.

Il ricorso non ha fondamento.

La dicotomia fra nullità e validità del contratto, sulla quale il ricorrente costruisce in massima parte la propria tesi difensiva, non ha ragion d’essere. In realtà il contratto stipulato dal falsus procurator non è nullo, ma inefficace; e il relativo vizio è rilevabile solo ad eccezione di parte, a sollevare la quale è legittimato soltanto il soggetto indebitamente rappresentato, nel caso specifico individuabile nella società G.R.G. (v. Cass. Civ. sez. 2, 7 febbraio 2008 n. 2860; Cass. Civ. sez. 3, 26 febbraio 2004 n. 3872). La condotta posta in essere dal S., pertanto, lungi dall’essere inidonea al perseguimento del fine, avrebbe condotto alla distrazione dell’azienda dal novero delle attività fallimentari se il curatore, operando con minore attenzione e professionalità, non avesse colto nel contratto fatto valere dal S. un’ulteriore serie di anomalie (mancato versamento di acconto, omesso rilascio degli effetti cambiari a pagamento, trasferimento delle sole componenti attive dell’azienda e non delle obbligazioni) tali da dimostrare il suo carattere simulato.

Proprio la rilevata simulazione induce a collocare cronologicamente la tentata realizzazione dell’illecito nell’epoca in cui il S. si è rivolto agli organi fallimentari onde pretendere l’esecuzione del trasferimento aziendale dedotto dal contratto: il che vale ad accreditare la qualificazione del reato come tentata bancarotta fraudolenta postfallimentare, in conformità all’imputazione contestata.

Al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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