Cass. civ. Sez. II, Sent., 04-11-2011, n. 22938

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Svolgimento del processo

Il Comune di Brennero proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in data 22-3-2002 dal giudice di pace di Bolzano, con il quale, ad istanza del notaio K.H., gli veniva intimato il pagamento della somma di Euro 78,44, oltre interessi, quale compenso per prestazioni professionali.

Con sentenza depositata il 27-10-2005 il giudice di pace di Bolzano, in accoglimento dell’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo. In motivazione veniva rilevato che il notaio non aveva eseguito in modo diligente l’incarico conferitogli, in quanto nella procura speciale redatta e presentata per la firma al mandante aveva riportato in modo errato la data di nascita ed il codice fiscale del mandatario H. T.; che il testo della delega inviata via e-mail dal Comune conteneva i dati personali corretti del mandatario; che, pertanto, il professionista era incorso in colpa grave ex art. 2236 c.c., con conseguente risoluzione del contratto per inadempimento, ai sensi dell’art. 1453 c.c..

Per la cassazione di tale sentenza ricorre K.H., sulla base di due motivi.

Il Comune di Brennero resiste con controricorso.

Il ricorrente ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo il ricorrente, lamentando la violazione degli artt. 2703 e 2236 c.c., nonchè dell’art. 72 dell’ordinamento notarile, sostiene che il notaio autenticante è tenuto esclusivamente ad identificare il sottoscrittore ed a ricevere la firma di quest’ultimo, restando invece estranea ai suoi doveri qualsiasi ulteriore indagine sul contenuto negoziale della scrittura.

Il motivo è inammissibile.

Deve premettersi che la sentenza impugnata è stata resa dal giudice di pace di Bolzano, anteriormente al 2 marzo 2006, in una controversia di valore non eccedente i millecento Euro, instaurata con citazione notificata anteriormente al 10 febbraio 2003.

La decisione gravata, pertanto, deve ritenersi emessa secondo equità, essendo questo l’unico metro di giudizio adottabile dal giudice di pace, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, per le cause non eccedenti il valore di millecento Euro. In tali controversie, infatti, le regole di equità devono ritenersi applicate indipendentemente dal fatto che il giudice di pace abbia invocato l’equità per la soluzione del caso singolo, oppure abbia risolto la controversia con richiamo a principi di diritto, atteso che anche in questo caso la lettura delle norme data dal giudice è compiuta in chiave equitativa (Cass. Sez. 3, 12-12-2006 n. 26528; Cass. Sez. 2, 15-2-2011 n. 3720).

Ciò posto, si osserva che le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, nel regime – applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame – anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, sono ricorribili in cassazione per violazione delle norme processuali, delle norme della Costituzione e di quelle comunitarie, nonchè per violazione dei principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorietà (Cass. Sez. Un. 14-1-2009 n. 564; Sez. 2, 13-5- 2010 n. 11638; Sez. 2, 22-2-2011 n. 4282).

Ne consegue l’inammissibilità del motivo in esame, con il quale viene dedotta la violazione di norme di diritto sostanziale che non sono poste a tutela di principi informatori della materia.

2) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. Deduce che il giudice di pace, nel dichiarare la risoluzione del contratto per inadempimento del notaio ai sensi dell’art. 1453 c.p.c., è incorso nel vizio di ultrapetizione, in quanto il Comune opponente si era limitato a chiedere la revoca del decreto ingiuntivo, rilevando che al notaio non spettava l’onorario per il suo inadempimento.

Anche tale motivo è inammissibile.

Si osserva, al riguardo, che nel dispositivo della sentenza impugnata il giudice di pace si è limitato a revocare il decreto ingiuntivo opposto, senza affatto pronunciare la risoluzione del rapporto contrattuale intercorso tra le parti.

E’ vero che nella parte motiva della decisione lo stesso giudice, nel dare atto del grave inadempimento del notaio, di per sè idoneo a paralizzare la richiesta di pagamento dell’onorario dovuto dal cliente per la prestazione resa dal professionista, ha aggiunto che il contratto doveva ritenersi risolto ai sensi dell’art. 1453 c.c..

E’ evidente, peraltro, che tale affermazione non da luogo ad un vizio di ultrapetizione, di natura processuale, ma si risolve in un vizio di motivazione, che per le ragioni in precedenza esposte non può costituire motivo di ricorso per cassazione.

Segue, per rigore di soccombenza, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, alla cui liquidazione si provvede in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna incorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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