Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-02-2011) 21-06-2011, n. 24863

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione G.L. avverso la sentenza del Tribunale di Massa in data 26 febbraio 2010 con la quale è stata confermata quella di primo grado, affermativa della sua responsabilità in ordine ai reati di ingiuria e minacce, consumati in danno di Gr.Gu. nel (OMISSIS).

Deduce:

la violazione dell’art. 192 c.p.p. e il vizio di motivazione.

La Corte non aveva tenuto conto di una serie di importanti circostanze evidenziate nei motivi di appello:

A) la persona offesa aveva sostenuto in dibattimento che l’imputato l’aveva insultata con voce dal tono normale mentre nella querela aveva riferito di minacce proferite opponendo petto a petto;

B) non avrebbe senso logico l’affermazione del Tribunale secondo cui il datore di lavoro della Gr. (tale B.) avrebbe consegnato alla detta Gr. lo stipendio da far avere poi all’altra dipendente S., fidanzata dell’imputato: e ciò in quanto vi sarebbero stati dei contrasti tra B. e S..

Ebbene, l’intero processo aveva fatto emergere contrasti tra la persona offesa e l’imputato e non tra la S. e il B.;

C) il teste della difesa V. era stato ritenuto non attendibile perchè aveva riferito circostanze con la pretesa di collocarle esattamente il giorno dei fatti, ((OMISSIS)) mentre erano trascorsi due anni che rendevano tale collocazione alquanto dubbia. Inoltre la stessa considerazione non era stata fatta con riferimento alle dichiarazioni della teste della accusa C. e M..

Il ricorso è inammissibile perchè basato su ragioni diverse da quelle che possono essere dedotte dinanzi al giudice della legittimità.

Invero la parte, sia pure deducendo formalmente un vizio di motivazione, sostanzialmente sollecita il giudice della legittimità ad effettuare una rinnovata ed autonoma valutazione delle risultanze di prova.

Invero occorre prendere le mosse dal rilievo che il ragionamento della Corte, la quale ha accreditato la versione della persona offesa e di altri due testimoni e svalutato quella, contraria, dei testi della difesa, non è nel segno della lamentata illogicità.

Infatti i giudici del merito hanno argomentato del tutto razionalmente in ordine alla circostanza che le accuse della persona offesa sono state riscontrate dalle parole, sostanzialmente conformi della C. e della M. le quali hanno riferito di avere ascoltato con le proprie orecchie gli insulti e le minacce proferiti dall’imputati ai danni della prima.

In conclusione i giudici hanno reso una motivazione del tutto logica a sostegno del convincimento raggiunto ed una simile situazione preclude l’ulteriore intervento censorio della Cassazione dal momento che in tema di vizi della motivazione, il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (rv 215745).

Non sono certo idonee ad evidenziare una illogicità della motivazione, che il legislatore pretende come "manifesta", le censure del ricorrente sulle presunte discrasie rilevate nel racconto della querelante a proposito del tono di voce utilizzato dall’imputato.

Le massime di esperienza non risultano utilizzate in maniera irrazionale dai giudici, ben potendosi ritenere che anche una minaccia può essere proferita con un tono di voce tenuto sotto controllo.

Non si ravvisa d’altro canto, nessuna delle ulteriori illogicità lamentate sulla qualificazione delle testimonianze indotte dalla difesa, come false.

Con particolare riferimento alla testimonianza del V. il giudice, invero, ha posto in luce razionali dubbi circa la collocazione dei suoi ricordi alla data del (OMISSIS), in ragione della consuetudine quotidiana che quel teste aveva col ricorrente. Lo stesso giudice non ha mancato, in altra parte della sentenza, di valutare il decorso del fattore tempo anche in relazione alla deposizione di una teste della accusa ( M.).

In più è da considerare che la parte formula le dette censure sulla omessa valorizzazione della deposizione del teste V. senza indicare – contrariamente a quanto preteso dall’art. 581 c.p.p. l’esatto contenuto della relativa testimonianza e la sua utilità ai fini del decidere, e ciò nella prospettiva di consentire alla Cassazione di apprezzare la rilevanza della censura medesima.

Invero, avendo la parte riferito nella premessa dei motivi di ricorso, che il teste V. aveva deposto sulla ubicazione dei protagonisti della vicenda il (OMISSIS), v’è da notare che, se tale soltanto fosse il contenuto della deposizione di cui si lamenta la omessa considerazione in sentenza, mancherebbe comunque, ad opera dal ricorrente, la indicazione delle ragioni della importanza di simili dichiarazioni ai fini del decidere: importanza che non è dato apprezzare in assenza di specificazioni ulteriori in fatto e in diritto.

Del tutto generica, nella presente sede, risulta infine la conclusiva doglianza sul comportamento del B., rimasto, nel ricorso, del tutto decontestualizzato e quindi inadatto a sostanziare un apprezzabile motivo di doglianza sulla tenuta della motivazione.

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 1000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 1000.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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